[22/05/2009] Comunicati

Marcegaglia: approccio insostenibile alle ´questioni ambientali´

LIVORNO. A buon intenditor, poche parole. Emma Marcegaglia, numero uno di Confindustria, è una cui piace parlar chiaro e ieri, nel suo discorso all’assemblea annuale dell’associazione, ha spiegato in poche righe quale sia il suo approccio alle questioni ambientali. Le chiamiamo ‘questioni ambientali’ perché la parola sostenibilità non è mai stata pronunciata dal presidente degli industriali nell’intervento di ieri che il Sole24Ore on line ha messo oggi a disposizione. Diciamo subito che le parole della Marcegaglia, per chi come greenreport ha come orizzonte l’economia ecologica, sono assai deludenti.

«Per tornare a crescere – ha detto il leader di Confindustria - bisogna già oggi rivolgere lo sguardo oltre la crisi. Prepararsi alla crescita che verrà, vuol dire individuare quali saranno i motori dello sviluppo. La spinta potrà venire dall’innovazione tecnologica, in particolare da quella dei prodotti per l’energia e per l’ambiente, e dalla maggiore integrazione nell’economia mondiale dei paesi emergenti». Come avevamo già visto nei giorni scorsi, per Confindustria l’ambiente è protezione ambientale e il suo futuro ruolo è quello di driver per far crescere l’economia.

C’è, va riconosciuto, un’apertura alla sostenibilità sociale: «Dobbiamo potenziare le relazioni con le economie emergenti. Dobbiamo facilitare ed accelerare il loro ingresso nel WTO e nella governance globale. Per realizzare tutto ciò sono necessarie politiche estere e di sicurezza capaci di spegnere i focolai di tensione e politiche di stabile cooperazione a medio termine».

Ma quando si incrocia con la sostenibilità ambientale tutto salta o quasi: «Il mondo avanzato deve anche mobilitare ingenti capitali, pubblici e privati, da investire su base multilaterale nei paesi in via di sviluppo per l’educazione, le infrastrutture sanitarie e di gestione dell’acqua, la comunicazione, il trasporto e la valorizzazione delle risorse naturali, fornendo tecnologia e impianti».

Bene per l’acqua e per gli impianti, ma cosa vuol dire ‘valorizzazione delle risorse naturali’? Se per crescere l’economia non considera i costi dei flussi di materia e neppure li contabilizza come si possono valorizzare? Senza un modello meno dissipatore di energia e di materia, fino a quando saranno ancora risorse? Il tema non è cosa per Marcegaglia che infatti spiega: «Nei prossimi due decenni il numero globale delle persone ad alto reddito salirà di 500 milioni, di cui i quattro quinti nei paesi emergenti.

L’Italia è ben posizionata per offrire loro le cose nuove che piacciono al mondo. Lo scenario di nuovo sviluppo può realizzarsi solo in un sistema internazionale aperto agli scambi di beni e di capitali. Il negoziato di Doha deve essere chiuso rapidamente. La sua conclusione fornirebbe il più potente stimolo alla crescita che i governi possano varare. E senza costi per i bilanci pubblici». Chiaro no? La teoria è sempre quelle del triccle down, un’economia in salute vuol dire benefici per tutti, ma questa teoria non è stata messa almeno in ombra dalla crisi?

Ma se qualcuno ancora non è convinto, è l’ultima parte del discorso di Marcegaglia a sciogliere ogni dubbio sul fatto che ´tutto è cambiato in economia per non cambiare nulla sul piano della sostenibilità´: «In campo ambientale, ci attendiamo che il vertice di Copenhagen indichi la strada per orientare investimenti e tecnologie. L’industria dei paesi avanzati è conscia dell’importanza delle sfide ambientali per il futuro dell’umanità ed è pronta a coglierle. È indispensabile un quadro di politiche chiaro, senza inutili vincoli e costi insostenibili, che favorisca lo sviluppo di nuove tecnologie, come è stato riaffermato al nostro recente G-8 Business summit. L’ambiente è un patrimonio collettivo. Va tutelato per migliorare le condizioni di vita di tutti. L’abbattimento delle emissioni non può però ricadere solo sull’industria né solo su alcuni paesi. Serve il pieno coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e della società intera».

«Impegni precisi – aggiunge e conclude - dovranno essere assunti dalle economie emergenti asiatiche, che già oggi contribuiscono alle emissioni globali per una quota superiore a quella degli Stati Uniti. Non si chiede loro certo di rinunciare a migliorare il tenore di vita delle popolazioni, ma di puntare subito sulle fonti energetiche meno inquinanti e sulle nuove tecnologie». Campo ambientale, ambiente come patrimonio collettivo, inutili vincoli: apprezziamo l’impegno, ma la sostenibilità ambientale è altro.

Intanto l’economia non sta sopra ma sta sotto l’ecosistema e se non si capisce questo l’ambiente non lo si protegge per niente. E poi come questi ‘impegni precisi’ li dovranno assumere le economie emergenti asiatiche senza che quelle occidentali, come la nostra, abbiano adempiuto ai propri vecchi impegni già in essere, ce lo dovrebbe spiegare direttamente la Marcegaglia. Tra l’altro ci pare contraddittorio dire che la politica non deve influenzare il mercato per poi dire che deve essere un trattato, come quello di Copenhagen che ci risulta essere fatto da governi, a dettare le regole…

Non solo a noi, comunque, ha lasciato perplessi la relazione del leader di Confindustria, dice Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente: «La relazione della presidente Marcegaglia è apprezzabile e condivisibile in molti punti, ma in tema di ambiente e innovazione ci aspettavamo una maggiore concretezza. E’ positivo infatti, che la presidente abbia citato i settori e gli appuntamenti che influiranno sulle scelte future – dai negoziati di Copenhagen all’innovazione tecnologica che verrà dai prodotti per l’energia e l’ambiente - ma sarebbe stata utile una maggiore incisività nell’indicare i settori nei quali intervenire da subito per dare un concreto segnale della volontà di Confindustria di voler realmente affrontare i problemi dell’impatto ambientale delle produzioni, delle emissioni che provocano i cambiamenti climatici, dei vincoli a tutela dell’ambiente e del paesaggio per definire le linee di una nuova economia a basse emissioni di Co2».

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