[21/05/2009] Aria

Climate change, quanti soldi pubblici servono per il gap dell’adattamento?

LIVORNO. A 6 mesi dal summit di Copenhagen, la Commissione sul cambiamento climatico e lo sviluppo (Cccd), creata nel 2008 dal governo svedese, ha reso noto un importante rapporto che chiede di mobilitare fondi supplementari per i Paesi poveri ache dveono adattarsi all’evoluzione del clima.

Il rapporto “Closing the gaps: disaster risk reduction and adaptation to climate change in developing countries” raccomanda di procedure con un approccio in due tappe: nella prima i paesi ricchi dovrebbero stanziare rapidamente uno o due miliardi di dollari per aiutare i Paesi più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici: i piccoli stati insulari a basso reddito e i Paesi africani.

«Questo approccio progressivo punta a diminuire la mancanza di fiducia che esiste tra i Paesi industriali e i Paesi in via di sviluppo – si legge nel rapporto - La seconda tappa consisterà nel creare, nell’ambito dei negoziati sul clima, un sistema efficace per finanziare l’adattamento».

Secondo il Cccd l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) dato dai Paesi ricchi e gli altri fondi pubblici disponibili «A lungo termine, non permetteranno probabilmente di fornire l’insieme delle risorse necessarie per finanziare gli sforzi di adattamento di tutti i Paesi in via di sviluppo ement, à long terme. Inoltre, la recessione mondiale rischia di ridurre i fondi disponibili».

Il ricollocamento nelle misure di adattamento di una parte dei finanziamenti pubblici messi a disposizione dai Paesi sviluppati rappresenterebbe un punto di discussione importante per l’elaborazione di un nuovo accordo per il post-Kyoto.

«Conformemente al principio “chi inquina paga”, i Paesi industrializzati sono tenuti ad aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi al cambiamento climatico – spiega la Cccd – ma quest’ultimi, così come le lobby verdi, si inquietano all’idea che i fondi accordati nel quadro dell’Aps non vengano riallocati al finanziamento dell’adattamento».

Per Antonio Hill, consigliere politico di Oxfam, «le conclusione del rapporto sono importanti perché la Svezia siederà alla presidenza dell’Unione europea nel luglio 2009 e possiamo supporre che questo rappresenterà un punto di riferimento importante, dal momento che la Svezia dirige l’elaborazione di un Piano di finanziamento europeo da presentare a Copenhagen».

Il direttore del Cccd, Johan Schaar, ha spiegato che la Svezia sta per adottare una posizione basata su questo rapporto e che «la Commissione europea e la presidenza dell’Unione europea stanno ugualmente redigendo di concerto un documento che sarà terminato all’inizio del mese di luglio».

«Per adattarsi, non è certo sufficiente integrare le questioni climatiche agli sforzi per lo lo sviluppo e all’Aps – si legge nel rapporto - Questo richiede di assicurare uno sviluppo sostenibile, vale a dire di soddisfare i bisogni attuali senza per altro ridurre la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni».

Il rapporto dice brutalmente che è tutta «una questione di soldi». L’aiuto pubblico allo sviluppo ha raggiunto nel 2007 i 104 miliardi di dollari e secondo l’Ocse il 60% di questi aiuti contribuirebbe in qualche modo a finanziare l’adattamento al cambiamento climatico.

«Evidentemente, aumentare l’Aps permetterebbe di finanziare l’integrazione della questione climatica con l’aiuto allo sviluppo ed a dedicare maggiori fondi all’adattamento. Il ruolo che deve giocare l’Aops nel finanziamento dell’adattamento al clima deve essere definito».

Per Hill però «I costi di adattamento dovrebbero essere stimati in funzione delle valutazioni scientifiche pioù recenti, le quali in effetti hanno dimostrato che quelle precedenti erano estremamente insufficienti».

Hill cita un recente articolo di Martin Parry, l’ex presidente dell’Ipcc, comparso su Nature: «Ha stimato, nella Framework Convention on Climate Change dell’Onu (Unfccc), che occorrerebbero da 50 a 170 miliardi di dollari all’anno, al valore attuale, fino al 2030».

Lo studio del Cccd fa notare infine che «Questo rappresenta un ventesimo delle spese attualmente dedicato allo sviluppo di nuove infrastrutture nel mondo ed un decimo del costo previsto per la riduzione delle emissioni».

Nella foto: "Passatempo" di Valente Taddei, courtesy Mercurio arte contemporanea

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