[20/05/2009] Consumo

Biologico, appello al ministro Zaia per non penalizzare i produttori italiani

BOLOGNA. Lo scorso 14 maggio il CTA della Conferenza Stato Regioni ha discusso e approvato il testo in oggetto, frutto di un lungo e proficuo lavoro di confronto che nella fase finale non ha però tenuto conto delle posizioni espresse dalle organizzazioni firmatarie della presente, che rappresentano gran parte del Comitato consultivo agricoltura biologica e dell’intero settore biologico nazionale.

La necessità del provvedimento in questione è stata fortemente condivisa sia per semplificare e aggiornare il vigente quadro dispositivo nazionale di competenza del Mi.P.A.A.F. che per rendere il più possibile agevole agli operatori italiani l’applicazione del Reg. CE 834/07 e seguenti. Siamo del resto in una fase di significativa crescita del mercato dei prodotti biologici italiani in un contesto più generale di crisi nel quale, dunque, anche realtà dell’agricoltura e dell’alimentare convenzionale stanno guardando con interesse alle opportunità derivanti dallo sviluppo di programmi di produzione biologica.

Appare quindi del tutto incomprensibile il fatto che nell’ultima fase di messa a punto del testo del Decreto siano state inserite disposizioni niente affatto necessarie e, invece, certamente penalizzanti per i produttori biologici italiani e per tutte le filiere ad essi collegate. Si tratta, in particolare, del comma 1 dell’art. 3 del testo approvato dal CTA, nel quale si dettano disposizioni tecnicamente discutibili, non sempre applicabili e inutilmente penalizzanti in materia di rotazioni agrarie. Il fatto stesso di stabilire per Decreto e per tutte le aziende agricole biologiche italiane come debbano essere impostate le rotazioni ci appare una ingiustificata ingerenza nelle libere scelte delle imprese, considerato che la normativa europea stabilisce già, in modo chiaro, l’obbligo di adottare rotazioni secondo i principi fissati dallo stesso Regolamento.

È fin troppo evidente che le condizioni agronomiche e organizzative delle aziende sono estremamente variabili in relazione a molteplici elementi, dunque che non esiste alcuna possibilità di comprendere compiutamente tutte queste situazioni nel testo di un Decreto senza penalizzare qualcuno ingiustamente. E’ altrettanto evidente che esiste la necessità di garantire una migliore uniformità dei comportamenti degli organismi di certificazione nella verifica del rispetto della normativa comunitaria ma questo è già possibile ora, attraverso l’attività di coordinamento e sorveglianza del sistema di certificazione nazionale esercitata dal Ministero in sinergia con le Regioni.

La normativa europea ha lo scopo di garantire la libera circolazione delle merci e l’Italia non solo è il primo produttore di biologico in Europa ma è anche il principale Paese esportatore. Questa norma rischia dunque di penalizzare i nostri operatori nei confronti dei loro principali competitori, sia rispetto alle produzioni realizzate nel territorio europeo che rispetto a quelle importate. Se non sarà più possibile produrre in Italia, ad esempio, alcuni ortaggi biologici a prezzi competitivi è fin troppo evidente che la mancata produzione verrà sostituita dalle importazioni. E questa non può essere la volontà del nostro Ministero e delle nostre Regioni più vocate all’agricoltura biologica.

Da ultimo, ma non per importanza, segnaliamo che se le disposizioni sulle rotazioni non dovessero essere stralciate dal testo del Decreto il provvedimento nella sua interezza potrebbe entrare in contrasto con il disposto del comma 2 dell’art. 34 del Reg. CE 834/07 in quanto è palese che il comma 1 dell’art. 3 della bozza di D.M. introduce norme di produzione vegetale più restrittive di quelle stabilite dal Regolamento. Queste norme dovrebbero essere estese, pertanto, a tutta l’agricoltura italiana. Tale fatto ci appare di assoluto rilievo e certamente non sarebbe auspicabile un ulteriore ritardo nell’approvazione del Decreto dovuta all’avvio di un contenzioso anche a livello comunitario sul punto. Chiediamo quindi lo stralcio delle disposizioni in questione per poterle ulteriormente verificare anche sul piano del diritto comunitario. Inoltre ribadiamo anche le altre proposte di modifica che non sono state accolte in sede di CTA e che elenchiamo di seguito:

1 modificare il comma 4) dell’art. 3 affinchè le Regioni possano concedere deroghe anche in relazione a eccezionali andamenti climatici/eventi parassitari verificatisi nel loro territorio;
2 sostituire all’inizio del comma 4.2) dell’art. 7 “La dimostrazione di assenza di sostanze non autorizzate…“ con “ La conformità della…”;
3 inserire nell’ambito dell’art. 8 indicazioni chiare per l’etichettatura dei prodotti da agricoltura biologica e tipici certificati, in linea con le indicazioni della normativa di riferimento e allo scopo di evitare interpretazioni arbitrarie;
4 modificare l’art. 10; in considerazione del progetto di piattaforma informatica in fase di sviluppo da parte di ISMEA si propone di riportare indicazioni in tal senso in un provvedimento specifico;
5 prevedere al comma 2) dell’art. 11 che le certificazioni di analisi debbano essere emesse “quando possibile da un laboratorio accreditato alle relative norme vigenti e riconosciuto …”, considerata la situazione assai variegata e non sempre omogenea a livello internazionale;
6 non autorizzare per ora alcuna nuova modulistica anche informatizzata di livello regionale, essendo in sviluppo da parte di ISMEA il progetto di piattaforma informatica nazionale; si propone di riportare indicazioni in tal senso in un provvedimento specifico che riveda la modulistica attualmente prevista dagli allegati del D.L.vo 220/95 secondo le procedure dallo stesso definite.

Nella speranza che nella sede politica della Conferenza Stato Regioni prevalga la necessità di tutelare gli interessi del sistema produttivo nazionale e la corretta applicazione della normativa europea di settore, garantendo pari opportunità ai produttori italiani, rimaniamo in attesa di riscontro, cogliendo l’occasione per salutare cordialmente.

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