[18/05/2009] Monitor di Enrico Falqui

Bella e senz’anima: Firenze (3)

La città contemporanea può essere definita, attraverso il linguaggio dell’ecologia urbana, un sistema aperto nel quale esiste uno scambio continuo tra ambienti-“source”ed ambienti-“sink”, le cui funzioni cambiano repentinamente ruolo a causa della “natura mobile” che sta alla base della città contemporanea. Le piazze della città rinascimentale e barocca hanno, sempre svolto, quasi ovunque, una funzione di “generazione”(ambiente-source) della socialità urbana, mentre nella città metropolitana di prima o seconda generazione, hanno invertito tale ruolo divenendo prevalentemente aree di sosta permanente di autoveicoli e motocicli (ambiente-sink). La contaminazione più importante che l’uso prevalente dell’automobile ha introdotto nel sistema urbano non è soltanto lo smog, quanto quello di “mutare” la funzione dello spazio pubblico.

Questa contaminazione si sovrappone al vero e proprio mutamento di ruolo di quelle formazioni urbane che erano state concepite, nel progetto architettonico, come identità urbane riconoscibili per gli abitanti e necessarie per gli usi sociali previsti.
Ecco perché la maggior parte delle piazze della città di Firenze, comprese quelle che si trovano all’interno della ZTL, hanno modificato o invertito la loro funzione nel divenire dei cambiamenti socio-economici che hanno coinvolto la città o dei comportamenti urbani dei suoi abitanti.

L’urbanista Di Benedetto nel suo libro, cita proprio alcune piazze fiorentine per sostenere l’interessante tesi che “le città dotate di una morfologia complessa (come Firenze) debbono molto del loro fascino alle formazioni urbane che le costituiscono”. Di Benedetto spiega che mentre il tessuto urbano è il risultato di una regola organizzativa dell’insediamento, la formazione urbana rappresenta invece un’intenzionalità architettonica alla scala urbana (piccolo o grande progetto che sia).

Poiché l’attuale PRG di Firenze tutela i singoli manufatti che abbiano un valore storico architettonico, Di Benedetto aggiunge che uno dei compiti dell’azione di “rigenerazione urbana” affidata al Piano strutturale ( e ai successivi atti del regolamento urbanistico e del piano operativo comunale) sarebbe stato proprio quello di individuare e sottoporre ad azione di tutela e di manutenzione urbane le numerose e complesse “formazioni urbane” che compongono gran parte del fascino di Firenze.

La tesi dell’urbanista fiorentino si congiunge con quella che, chi scrive, può sostenere applicando i principi e le teorie dell’ecologia urbana alla stessa città. Infatti, gran parte delle formazioni planari multiple, complesse e reticolari individuate negli studi propedeutici alla redazione del Piano di rigenerazione urbana (Piano strutturale di Firenze) coincidono con le “aree critiche” e con i “sistemi dissipativi” generati dall’interscambio di ambienti-source e ambienti-sink avvenuti nel corso di un lungo processo storico che ha trasformato Firenze in una Città Terza, ovvero incompiuta nella sua dimensione moderna, ma non più Città del Rinascimento.

Il fatto strabiliante, tuttavia, è che la maggior parte degli abitanti di Firenze non percepisce né che gran parte del fascino di Firenze dipende non solo dagli stereotipi della città-cartolina e dall”immagine pittoresca con la quale ancora oggi continua ad essere “venduta” alle agenzie di viaggi e turismo all’estero; né che gran parte del suo fascino dipende dal contesto ambientale e paesaggistico in cui essa è inserita ad una scala ormai di città metropolitana.

E’ azzardato allora ipotizzare che una delle ragioni per le quali il Piano strutturale di Firenze è stato rinviato nel tempo è perché la maggioranza dei fiorentini ha raggiunto una “percezione” di sé stessa come di città “compiuta” (quella ereditata in gran parte dal passato) e recepisce come veri e propri “attentati” alla sua armonia e alle sue identità profonde, l’introduzione di trasformazioni a piccola, media e grande scala su tutto il territorio comunale, che aggiungendo innovazioni urbane della contemporaneità, ne stravolgono quell’immagine perfetta e compiuta che essi possiedono nel proprio immaginario collettivo?

Provate a chiedere ai fiorentini, attraverso un sondaggio generalizzato all’intera comunità, quanti sono consapevoli, oggi, che il fascino di Firenze, oltre ai mirabili capolavori contenuti nel centro storico, è influenzato dalle armonie e le unicità di eventi architettonici che hanno prodotto le formazioni urbane di piazza Leopoldo, di piazza Libertà, di piazza Poggi, di piazza dei Nerli, del quartiere della Madonna della Pace (Bobolino).

Provate a chiedere ai fiorentini di oggi quanti sono consapevoli del patrimonio storico e paesaggistico contenuto nei tanti giardini, nascosti alla vista degli stessi abitanti, di cui sono ricchi i quartieri di S.Spirito e S.Croce, oppure provate a chiedere che cosa vorrebbero che si realizzasse nei numerosi “contenitori urbani vuoti” esistenti, quali la Manifattura tabacchi, S.Orsola, l’ex ospedale militare di S.Gallo, il complesso della Scuola di applicazione aeronautica delle Cascine, l’ex dogana di via Valfonda, la scuola sottufficiali dei Carabinieri di piazza S.M.Novella.

In realtà, Firenze viene oggi vissuta dai suoi abitanti come città “compiuta”, sia negli aspetti che riguardano l’eredità trasmessa dal suo glorioso passato, sia negli aspetti di privilegio materialistico e consumistico che riguardano il presente.
Se Wim Wenders decidesse di applicare il suo geniale linguaggio cinematografico all’identità attuale di Firenze, così come ha fatto con Palermo nel film “Palermo shooting” (2008), scoprirebbe che in questa città manca oggi qualsiasi “ansia verso il futuro”, e che gli stilemi del passato congiunti alla retorica monumentale, trasformano l’unico imponente “evento architettonico” che si è realizzato negli ultimi 30anni a Firenze nel quartiere di Novoli (il nuovo palazzo di giustizia, progettato da Leonardo Ricci), in una “tassa impropria da pagare alla città contemporanea”.

(fine)

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