[18/05/2009] Consumo

Legambiente Valdera interviene su progetto outlet in provincia di Pisa

PONTEDERA (Pisa). In provincia di Pisa sono previsti due megacentri commerciali, uno a Migliarino proposto dall’Ikea ed uno a Lavoria proposto dalla Promos di Brescia. Ma mentre nel primo caso è sorto immediatamnte un comitato spontaneo di cittadini, che ha stoppato per il momento il progetto, l’outlet di Lavoria non ha suscitato nessuna reazione tra gli abitanti della Valdera. Nel primo caso ci si è preoccupati per la costruzione di questa struttura che si porterebbe via 30 ettari di campagna, con tutte le conseguenze in termini ambientali, di traffico, inquinamento ecc, nel secondo caso se ne è parlato solo in senso positivo, senza nessuna voce di dissenso, è stato presentato addirittura come “il primo eco-outlet d’Italia”, il tutto ratificato anche dai sindaci della Valdera.
Ci appare piuttosto preoccupante che una decisione così importante e irreversibile passi senza un minimo di riflessione critica è per questo che vorremmo esprimere pubblicamente una serie di dubbi e domande:

Il primo eco-outlet? L’outlet di Lavoria sarebbe ecosostenibile in quanto si avvarrebe di un impianto di pannelli solari. L’impressione è che il lancio dell’outlet avvenga all’insegna del greenwashing, l’uso in pubblicità di mettere in luce selettivamente il vantaggio di un aspetto al fine di dare un’immagine positiva dell’intero oggetto. In realtà i pannelli solari sono prima di tutto un ottimo affare per i costruttori in quanto sono fortemente incentivati dallo Stato. Certo, sono un’opzione sicuramente ecologica, ma chiamereste un’industria chimica un’eco-industria perché ha dei pannelli fotovoltaici? Probabilmente no, si tratta di vedere quanto è sostenibile dal punto di vista ambientale il complesso delle attività di una struttura.

Quanto è ecosostenibile un outlet? L’Italia da nord a sud è disseminata dalle immense colate di cemento di decine di outlet. Nel nostro caso si tratta di 30mila mq di superficie di vendita, con un totale, tra raccordi e parcheggi, di 160mila mq di campagna che sparirà nel generale disinteresse. Ci si sbarazza della pianura toscana, come fosse priva di valore così come i contadini si sbarazzavano negli anni ’60 dei casolari che oggi valgono centinaia di migliaia di euro. Siamo sicuri che la campagna continuerà ad avere così scarso valore? L’outlet rappresenta uno spreco di suolo ingiustificato, senza compensazione, senza recupero cioè di aree edificate dismesse, una perdita secca di suolo disponibile e di terra coltivabile per le prossime generazioni.
Il cemento e la perdita di suolo fertile sono, inoltre, tra le principali cause dell’effetto serra, ma nel calcolo dell’”impronta carbonica”, si deve aggiungere l’uso imprescindibile dell’automobile, l’inquinamento atmosferico e delle acque per il dilavamento dei parcheggi e così via. Ma il via vai di macchine da tutta la regione ci fa sorgere un’altra domanda:

Che c’entra l’outlet con la Toscana? Si costruirà all’uscita della superstrada un paese finto, un borgo finto con una piazza finta, in altre parole un regno del kitsch, che non ha niente a che vedere con il paesaggio, la vita della Toscana, un patrimonio e uno stile di vita che tutto il mondo ci invidia. Si costruisce un altro un non-luogo, come lo definisce l’antropologo Marc Augè, un crocevia privo di identità, uguale ad altri in tutto il mondo globalizzato, dove una folla anonima transita in funzione del consumo e del consumismo. Pur tuttavia si dirà, si creano 500 nuovi posti di lavoro e di questi tempi...

Quanti posti di lavoro si creeranno? Secondo lo studio elaborato si creeranno 500 nuovi posti di lavoro. Non tutti però sono d’accordo, non sono d’accordo le associazioni di categoria dei commercianti, ma anche molti esperti, secondo l’ingegnere urbanista Paolo Berdini, per ogni centro commerciale che si apre si chiudono 70 negozi. In termini di occupati si calcola che per le 500 nuove assunzioni previste per il nuovo outlet di Noventa di Piave, ci saranno 2500 posti in meno causati dalla chiusura dei punti vendita dei comprensori vicini.

Chi ci guadagna? Sicuramente la grande distribuzione e la rendita immobiliare. I comuni sperano di far cassa ma, passato il momento, si troveranno a far fronte ai costi permanenti che resteranno per sempre, strade, servizi, acqua, rifiuti e poi un castello vuoto...

Ma allora se non ci guadagnano i lavoratori, i commercianti, i cittadini né tantomeno l’ambiente perché si fa? Sono sicuri questi giovani e intraprendenti amministratori di Crespina di star facendo la cosa giusta?

*presidente Legambiente della Valdera

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