[18/05/2009] Comunicati

Il distretto tessile pratese tra presente e futuro sostenibile (6)

FIRENZE. Il distretto tessile pratese si trova, dunque, ad una svolta. A suo vantaggio alcuni prerequisiti, ereditati dal passato, con cui tornare ad essere un esempio capace di attrarre investimenti e risorse umane, anche dall’estero, basandosi su un assetto sociale e produttivo d’avanguardia fatto industria tessile, meccanica e servizi ad alto contenuto di conoscenza. Valgono ancor più in questa crisi di passaggio da un’economia globalizzata, a finanza “ruggente”, ad un altro capitalismo e assetti geopolitici di cui ancora non sappiamo quasi nulla. Una cosa è certa: coesione sociale è prerequisito fondamentale per il futuro.

Questo significa, anche dal solo punto di vista strettamente economico, capacità di stare su mercati aperti, soprattutto dopo l’onda protezionista effetto della crisi del credito e della domanda, ma su basi diverse dal passato (compresi processi di riduzione o inversione delle delocalizzazioni industriali e degli investimenti e aree di destinazione).

Ma tale punto di vista può essere un limite se non accompagnato da capacità creative (che vanno promosse e sostenute) e dalla versatilità del lavoro e del reticolo distrettuale; da qui la necessità di combinare volontà politica, relazioni e sinergie tra istituzioni, sindacati, imprese, anche attraverso meccanismi di reazione condivisi alle fluttuazioni della relazione domanda/offerta.
Snodo fondamentale di queste capacità sono la partecipazione e lo scambio ai fini della coesione e il benessere sociale mettendo al centro una nuova idea di lavoro a conoscenza crescente in equilibrio con stili di vita più sobri e godibili.

Punto di forza del distretto pratese è stata l’integrazione tra settore tessile e meccanica che, opportunamente indirizzati, possono di nuovo diventare il cuore di assetti produttivi fatti di conoscenza tecnico/scientifica ed energetico/ambientale applicate, non solo ai processi ma, soprattutto, ai prodotti in sinergia con qualità della domanda.

Vuol dire attenzione al rapporto ambiente/occupazione (quello che negli Usa, per intendersi, chiamano green new deal) attraverso azioni in settori di diretta competenza pubblica, da una parte, e altre più complesse e articolate, dall’altra, per il sistema delle imprese reattivo al solo rapporto tra domanda e offerta e che, solo in parte, può essere orientato da investimenti pubblici.

Ciò comporta consapevolezza che la crescita non è più l’indice adatto a misurare il benessere economico e sociale, perché lo stato dell’economia globale, i cambiamenti climatici e l’esaurimento p.v. delle risorse, impongono vie di benessere sociale e individuale assai diverse da quelle di un nuovo aumento di industrializzazione in zone già congestionate. Concorrere cioè, dalla dimensione locale, ad una economia globale basata sulla giustizia che permetta l’equa distribuzione delle ricchezze e del reddito a partire dal lavoro esistente.

(6. fine)

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