[13/05/2009] Energia

Nucleare italiano, un bluff che mina lo sviluppo delle rinnovabili di Massimo Scalia

ROMA. Con l’approvazione del ddl 1195 il nucleare passa alla Camera e si può già dare per scontato l’esito del provvedimento. Allora il nucleare ritornerà in Italia? Siamo stati in parecchi a denunciare fin dall’inizio il rilancio del nucleare come un’operazione ideologica, un sostanziale bluff che a costo zero riscuoteva gli applausi di Confindustria e di tutta quella cultura industrialista che, ignara che la pila atomica è più vecchia dei transistor, ritiene il nucleare una scelta di progresso.

E poi, dove sono i trenta miliardi di euro che dovrebbero uscire dalle casse dello Stato per rimpinguare l’industria nucleare francese, in anni in cui l’uscita dalla crisi economica non consentirà certo generose elargizioni e si dovrà far fronte, e per davvero, alla ricostruzione dell’Abruzzo?

I sondaggi in merito danno ancora, quasi tutti, una stretta maggioranza a favore delle centrali nucleari, che si capovolge però in una robusta maggioranza pronta a dire di no nel proprio territorio comunale. Alcune Regioni hanno formalmente dichiarato la loro indisponibilità a ospitarle, e francamente stupisce che non l’abbiano ancora fatto tutte quelle governate dal Centro Sinistra. Alla Camera l’opposizione, UDC a parte, dovrebbe dare vita a una battaglia vigorosa anche se perdente. E sarà interessante vedere il governo disegnare la mappa dei siti delle centrali, a sei mesi dall’approvazione della legge.

Nel complesso questo abbozzo tenderebbe a far ritenere improbabile, e non certo al 2020, il ritorno del nucleare, bandito dal nostro Paese proprio vent’anni fa.

Nessuna preoccupazione allora? Eh no, innanzi tutto questa operazione mina la già compromessa situazione delle fonti energetiche rinnovabili. E’ vero che rispetto a due anni fa, quando l’Italia era il fanalino di coda, siamo risaliti tra i ‘top ten’ con 4000 MW di potenza eolica e 470 MW di fotovoltaico installati. Ma le marche degli aerogeneratori o anche degli umili pannelli solari per scaldare l’acqua non parlano italiano, siamo diventati un appetibile mercato per i paesi nostri competitori che da anni si stanno impegnando in questo settore, come era evidente al Solar Expo di Verona che batte Friburgo e si conferma per il secondo anno come primo mercato d’Europa.

Il governo programma l’inadempienza rispetto all’obiettivo vincolante della UE col suo truffaldino 25% di energia elettrica coperta al 2020da fonti rinnovabili. Ma questo è solo il 5% dei consumi totali e la differenza col 17%, che è l’obbligo per l’Italia, la pagheranno i cittadini sulla bolletta energetica. L’unica speranza è che le Regioni nei loro piani energetici prevedano lo sviluppo degli interventi di risparmio energetico e di insediamento di industrie italiane in grado di produrre le macchine e i dispositivi per l’energia verde.

Altro elemento fondamentale di preoccupazione è che Areva si sta facendo accompagnare dall’Enel in giro per l’Italia per trovare i siti per i quattro reattori EPR da 1600 MW dell’accordo Sarkozy – Berlusconi. L’accordo era poco più che una carta di intenti se non per quel 12,5% dell’EdF che passerebbe all’Enel, non certo gratutitamente, e il pesante declino del nucleare, nel mercato sempre più povero, rende molto aggressiva Areva.

La società nucleare francese sta intentando causa all’ente elettrico finlandese per il sovra costo della centrale nucleare di Olkiluoto, già oltre un miliardo e mezzo di euro, insieme alla Siemens, da cui peraltro sta divorziando proprio per l’acuta concorrenza nel settore, e tenta di penetrare nel mercato americano. Insomma, davanti a un’azienda così determinata sarebbe errore grave ogni sottovalutazione, anche perché già si parla di meccanismi analoghi al Cip 6 per far finanziare ai cittadini italiani i reattori francesi.

All’alba del proclama di Scajola del rilancio del nucleare, proprio un anno fa, ci siamo rimessi in moto in tanti. A partire dai comitati dei siti che avevano condotto la battaglia antinucleare sul campo: Viadana, San Benedetto Po, Avetrana, Manduria, Montalto e tutta la Maremma, vecchi militanti e giovani leve.
A fine aprile scorso si è riunito uno dei comitati scientifici a disposizione del movimento, da Bettini e Nebbia a Basosi, Tiezzi, Falqui, Silvestrini, oltre, ovviamente, a Mattioli e Scalia. Come dice la canzone di Lucio Dalla “Io mi sto preparando”, questa non è una novità, ma serve.

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