[08/05/2009] Rifiuti

La conta disorganizzata dei rifiuti in Italia non giova all´ambiente

LIVORNO. Il tema dei rifiuti è uno tra quelli che più caratterizzano i sistemi mediatici e i canali d’informazione e che più spesso offrono spunti per il dibattito politico e per la contestazione.
Ma è anche uno degli argomenti in cui molto spesso si crea una tale confusione informativa che non giova alla sua corretta gestione e che crea motivi di paralisi o comunque di un mancato sviluppo in termini virtuosi.

Uno dei problemi che contribuiscono a questa confusione del sistema è da ricercare anche nella farraginosità che contraddistingue il modo attraverso il quale si procede al rilevamento dei dati di conoscenza di base, relativi cioè alla produzione dei rifiuti e alla loro successiva gestione.

A questo tema è dedicato il primo capitolo del rapporto annuale dell’Osservatorio nazionale rifiuti, che ha effettuato una ricognizione sui sistemi di acquisizione dati sulla gestione dei rifiuti adottati in Italia dagli enti competenti alla pianificazione, programmazione e controllo, e da cui ne è emersa ( ma non è una novità) una situazione assolutamente eterogenea, che richiama all’esigenza di definire, una volta per tutte, un sistema coordinato e coerente.
La normativa nazionale attualmente prevede che l’acquisizione dei dati di produzione e gestione dei rifiuti (urbani e speciali) avvenga attraverso una comunicazione annuale, in cui si riportino le caratteristiche quali-quantitative dei rifiuti prodotti, recuperati e smaltiti, redatta sulla base di un modello unico di dichiarazione (il Mud) che contiene specifiche richieste informative stabilite a livello nazionale.

Questa comunicazione deve essere svolta dai soggetti obbligati (produttori, trasportatori e gestori di rifiuti) alle Camere di Commercio territorialmente competenti, che a loro volta le inoltrano alla rete del Catasto rifiuti che deve validare, elaborare e diffondere queste informazioni.

Il Catasto dei rifiuti, è articolato in una Sezione nazionale (Ispra) e in Sezioni regionali presso le corrispondenti Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.

La stessa norma che istituisce il Mud, prevede che le informazioni attraverso di esso acquisite, vengano “trasmesse entro 30 gg alle diverse amministrazioni, per le parti di rispettiva competenza, e all’Unioncamere che le mette a disposizione delle Agenzie Regionali per la protezione dell’ambiente” e dell’Ispra (ex Apat).

Ma per avere una visione complessiva in materia di gestione dei rifiuti , i soli dati del Mud non sono sufficienti, e la stessa legge d’istituzione del Catasto rifiuti prevede che questi possano essere integrati con quelli desumibili dalle autorizzazioni degli impianti di recupero e smaltimento; in particolare: i dati relativi alle tipologie di rifiuti autorizzati (codici dei rifiuti), le tipologie impiantistiche, le caratteristiche e le potenzialità impiantistiche.

Le informazioni ricavate attraverso il Mud sono infatti insufficienti a descrivere l’intero sistema e lo sono per una serie di motivi, primo fra tutti il fatto che è la norma vigente che esonera molti produttori di rifiuti
(in particolare quelli di rifiuti speciali e pericolosi) alla dichiarazione, oltre al fatto che molte delle informazioni necessarie alla conoscenza completa del settore non sono contenute nel modello di dichiarazione e infine i dati Mud sono disponibili con una tempistica totalmente slegata alla produzione, in genere due anni dopo.

Questo ha comportato l’esigenza- come segnala l’Onr- da parte di molti degli enti con funzioni di pianificazione e controllo di attivare, soprattutto in materia di rifiuti urbani, sistemi autonomi di acquisizione dati, così da ottenere informazioni sulla produzione in tempi più brevi rispetto a quelli del Catasto rifiuti; e sistemi di acquisizione dei dati autorizzativi degli impianti di recupero e smaltimento sia in procedura ordinaria che in procedura semplificata, che non sono rilevabili dai dati delle dichiarazioni Mud.

«Considerata l’attuale organizzazione del sistema di rilevamento dati - si legge nel rapporto - l’andamento sulla gestione dei rifiuti urbani non può che essere rappresentato con i dati che si hanno a disposizione, anche se acquisiti con metodi diversi e sulla base di standardizzazioni rielaborate a livello nazionale rispetto a quelle in uso in molte realtà regionali.”

E questo appunto per quanto riguarda i rifiuti urbani, che come spesso sottolineato sono una parte (addirittura un quarto) della produzione degli speciali, per i quali esistono al più stime.

Una situazione caotica che porta al risultato (anche questo già più volte sottolineato) che: «in particolare i dati di produzione e raccolta differenziata relativi ai rifiuti urbani, pubblicati annualmente dall’Apat (oggi Ispra) nel Rapporto rifiuti sono ottenuti mediante la predisposizione ed invio di appositi questionari ai soggetti pubblici e privati che a vario titolo, raccolgono informazioni in materia di gestione dei rifiuti: in particolare alle Regioni, alle Province, agli Osservatori Provinciali sui Rifiuti, alle Sezioni regionali del catasto rifiuto c/o le Agenzie Regionali per la protezione dell’Ambiente, ai Commissari per le emergenze rifiuti, al Conai ed ai relativi Consorzi di filiera ed ad alcune Aziende Municipalizzate che effettuano i servizi di igiene urbana».

Questi sono i dati che poi vengono integrati, (qualora necessario, dice l’Onr) con dati del catasto rifiuti che sono comunque provvisori al momento della redazione del rapporto, dal momento che non vi è contemporaneità tra la redazione del rapporto e la disponibilità dei dati provenienti dalle MUD.

A tutto questo si aggiunge (se già non fosse più che sufficiente) che non esiste ancora un metodo nazionale per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata, perché il decreto previsto non è mai stato varato e che molte Regioni, per avere dati confrontabili almeno sul proprio territorio, hanno adottato propri metodi di calcolo, “simili, ma non identici”. E il caos è assicurato.

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