[07/05/2009] Rifiuti

Caso Cobat: tra “libero mercato” e “sistema monopolistico”

LIVORNO. Il rapporto dell’Osservatorio nazionale rifiuti, analizza positivamente i risultati che si sono registrati nel nostro paese e che riguardano una tenuta nella produzione dei rifiuti (che dai dati Ispra risultano per il 2007 uguali a quelli dell’anno precedente), così come ritiene importante il raggiungimento - seppur solo nelle aree nel nord del paese - di una matura capacità di smaltimento industriale, ma evidenzia però anche le difficoltà strutturali che ancora caratterizzano il settore e in particolare si sofferma su due questioni, che vengono individuate nello sbilanciamento esistente tra Nord e Sud e il dualismo tra libero mercato e monopolio.

Proprio riguardo al secondo di questi temi, è di questi giorni la notizia che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato per due motivi differenti, ma con l’unico risultato di aver prodotto distorsioni della concorrenza nel settore del riciclaggio delle batterie al piombo, il Cobat (Consorzio obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, multato di 4,4 milioni di euro) da un lato, e le società Eco-Bat (4,5 milioni di euro di sanzione), Piombifera Bresciana (1,3 milioni), Piomboleghe (600 mila), Me.Ca. Lead Recycling (990 mila), Esi-Ecological Scrap Industry (900 mila) ed Ecolead (500 mila), nonché l´Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie (Airpb, sanzione di 1000 euro), dall’altro.

L´istruttoria era stata avviata alla luce di alcune segnalazioni di aziende produttrici di batterie al piombo e di aziende impegnate nell´attività di raccolta delle batterie esauste per esportarle all´estero e ha portato l´Autorità alla conclusione che sia il consorzio che le imprese che operavano il riciclaggio hanno condizionato fortemente le dinamiche concorrenziali nei mercati nazionali della raccolta e del riciclaggio di batterie al piombo esauste che, si sono tradotti in un aumento dei costi di produzione di batterie nuove al piombo.

Per l´Antitrust il complesso delle disposizioni contrattuali messe a punto dal Cobat ha ristretto la concorrenza in quanto ha disincentivato sia la formazione di sistemi di raccolta autonomi e paralleli al Cobat stesso, sia le attività di riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio, mantenendo lo ´status quo´ sul mercato nazionale del riciclaggio. Operando quindi in uno stretto regime di monopolio, che gli diviene dallo status con il quale il consorzio obbligatorio è stato costituito, si sarebbe creato un sistema troppo restrittivo in termini di concorrenza sul libero mercato.

Sistema monopolistico verso libero mercato, un aspetto che viene ampiamente sviscerato nel capitolo 5 del rapporto Onr, ritenendolo un elemento strutturale importante da analizzare per capire quali le criticità da superare per avviare un ciclo completo di gestione dei rifiuti.
Il dualismo tra “libero mercato” e “sistema monopolistico”, si basa su due legittimi principi, libero mercato e tutela ambientale, che a loro volta comportano una duplice conseguenza. Da una parte la giusta resistenza a creare dei sistemi (come quelli consortili unici) che possano alterare le condizioni di mercato libero, dall’altro la difficoltà di realizzare sistemi di raccolta differenziata associata al recupero di materia che mantengano elementi di libero mercato e che al contempo si dimostrino efficaci in termini di difesa ambientale quanto quelli che si basano su una semplificazione prettamente monopolistica.

In questo dualismo si collocano anche i consorzi obbligatori di gestione rifiuti che, si legge nel rapporto, costituiscono oramai una realtà ben nota e consolidata essendo operativi da circa venti anni ed avendo conosciuto, soprattutto nell’ultimo decennio, uno sviluppo che li ha portati ad importanti risultati ambientali; essi tuttavia costituiscono una realtà pressoché unica nel panorama europeo.

I consorzi obbligatori (quali il Cobat sino alla definizione del D.lgs. 188/2008 in attuazione della Direttiva 2006/66/CE che non lo rende più obbligatorio, ma uno dei sistemi collettivi di gestione previsti dalla disciplina), dice il rapporto, dovrebbero essere (in teoria) uno tra gli strumenti più moderni ed efficaci per l’attuazione dei principi del “chi inquina paga” e della “responsabilità condivisa”, poiché, da un lato, coinvolgono e responsabilizzano gli operatori privati, dall’altro, obbligando a partecipare all’ente collettivo imprese in concorrenza tra loro o comunque portatrici di interessi diversi, dovrebbero favorire soluzioni condivise che contemperino le diverse esigenze. Ma nella realtà dei fatti così non è.
Come ben evidenziato nel capitolo, la disciplina dei consorzi di gestione rifiuti, sia prima che dopo le modifiche apportate con il D.lgs. 152/06, risulta frammentaria e disomogenea: non si porta mai a compimento l’attuazione della filiera completa, che coinvolga cioè tutti gli operatori interessati, così da poter garantire la gestione del rifiuto “dalla culla alla tomba” : la composizione è assai differente (talvolta sbilanciata) tra produttori del bene (destinato a diventare rifiuto), utilizzatori del bene (produttori del rifiuto), imprese di raccolta del rifiuto ed imprese che svolgono tutte le operazioni di riciclo/rigenerazione/riutilizzo del rifiuto.

Analogamente, si contemplano differenti strumenti di finanziamento dei consorzi , senza per altro che se ne ravveda una ragione ben specifica. Nel Cobat ad esempio la gestione è affidata sia ai produttori del bene che ai gestori del rifiuto, una situazione che porta giocoforza ad una competizione interna.
Ma allora come dovrebbero essere organizzati i sistemi per evitare distorsioni di mercato ma che al tempo stesso siano garanzia di tutela ambientale?

Tra l’astratto modello del consorzio unico, obbligatorio e nazionale (d.lgs 22/97) e quello di consorzi in concorrenza tra loro ed in concorrenza con sistemi autonomi “non collettivi” (d.lgs, 152/06 nel testo originario) – si legge a conclusione dello specifico capitolo del rapporto - si possono collocare ipotesi “intermedie” e più complesse, che senza pregiudizi di sorta debbono essere verificati nel concreto quanto all´effettivo funzionamento e, l’occasione del recepimento della nuova direttiva sui rifiuti che riunisce le direttive sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sugli oli usati e che dovrà essere fatta entro il dicembre del 2010, potrà fornire – a detta dell’osservatorio-utili spunti per una prima conclusione del ragionamento. Il motivo sta nel fatto che questa nuova direttiva si colloca, nell´ambito della politica e della strategia Europea sui rifiuti, in maniera sovraordinata (o comunque quale punto di riferimento) per le altre disposizioni che disciplinano o disciplineranno le singole operazioni di trattamento (riciclaggio, incenerimento e smaltimento in discarica), così come per le singole disposizioni relative a particolari tipologie di rifiuti (pile e batterie, imballaggi Raee, veicoli fuori uso, etc.).

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