[07/05/2009] Comunicati

La morte del (vero) Gran mogol: addio a Elisa Penna

FIRENZE. Giovani marmotte di tutto il mondo, unitevi nel pianto. Il 30 aprile, all’età di 79 anni, è morta Elisa Penna, per oltre vent’anni vicedirettore del settimanale “Topolino” e creatrice di vari personaggi di successo, primo tra tutti quel Paperinik che, col buio della notte, riscatta la cronica indolenza del suo alter-ego combattendo il crimine e l’inciviltà.

Come più volte ha osservato greenreport, l’editoria e la cinematografia disneyana hanno da sempre (fin dai tempi di “Biancaneve” – 1937) posto il rapporto tra uomo e “natura” come ambito centrale di molte produzioni. Un rapporto che, pure più volte abbiamo osservato, è stato spesso troppo sbilanciato verso il pietismo, verso cioè una concezione bucolica e decadente dei danni indotti alla “natura” dallo sviluppo delle attività umane, concezione ben simboleggiata dall’ambiguità della figura del cerbiatto Bambi.

Ma una visione, comunque, dove ben radicato era il concetto che uno sviluppo che non prevedeva le sue conseguenze, e che non pianificava i suoi limiti, era uno sviluppo cieco, destinato a sbattere prima o poi contro il muro di quella che anni dopo – molti anni dopo – ha preso il nome di “insostenibilità”.

Topolino, pur restando sempre apparentemente uguale nell’aspetto a parte qualche variazione nell’abbigliamento, è cresciuto negli anni, in parallelo alla società italiana che raccontava. E, al pari, col tempo è cresciuta (in particolare dopo la crisi energetica degli anni ’70) l’attenzione che l’edizione italiana ha dedicato ai temi ambientali ed energetici. E, soprattutto, col tempo si è evoluto, anche sulle pagine di “Topolino”, il modo in cui venivano affrontate, queste benedette “questioni ambientali”, col passaggio da quella visione bucolica (per molti versi definibile “anti-industrialista”) a una impostazione più consapevole, più legata alla realtà e più conscia della necessità di pianificare e limitare la crescita, ma senza illusioni e senza inutili, controproducenti, romanticherie.

Sia pure in una impostazione che per troppo tempo è stata (ed in parte è ancora oggi) di matrice arcadica, il ruolo che ha avuto l’edizione italiana di “Topolino” nella sensibilizzazione ambientale degli italiani è stato importante: questo aspetto è meglio comprensibile se si pensa a una serie di pubblicazioni molto conosciute, che fu scritta e curata in larga parte proprio da Elisa Penna, e che risponde al nome di “Manuale delle giovani marmotte” (prima edizione 1969). Quello che nel mondo fantastico di Paperopoli era un concentrato dell’intero scibile umano, nella realtà si tradusse in un vademecum per giovani esploratori. In esso si insegnavano varie tecniche (accensione di fuochi, giochi da svolgere all’aria aperta, vita di gruppo), si davano rudimenti di scienze naturali, geografia, fisica, ma soprattutto, nel “Manuale”, centrale e costante era la riflessione su che cosa fosse da intendersi per “natura” e come quindi l’uomo dovesse approcciarvisi.

«Sviluppo che soddisfa i bisogni dei cittadini del presente senza pregiudicare il loro soddisfacimento da parte di quelli futuri» (rapporto Bruntland, 1987). Cioè prelevare ciò che ci serve, e non di più, e garantire la perennità dei prelievi. Questo è in parole povere il significato di questa definizione, e piace pensare che fosse anche il messaggio che il Gran Mogol affidava alle Giovani marmotte all’inizio di ogni escursione. E, magari con una impostazione troppo arcadica, ma comunque i nipoti di Paperino hanno sempre dimostrato che questo messaggio l’avevano compreso a fondo, aiutando così a comprenderlo anche chi leggeva e amava le loro storie, i loro manuali, le loro rubriche. E questo messaggio gli era trasmesso in primo luogo dal Gran Mogol, sia nelle storie di fantasia sia nelle svariate edizioni del “Manuale”. Ma il Gran Mogol non è mai esistito nella realtà: era Elisa Penna, che parlava attraverso di lui. E - ora il Gran Mogol non sa più cosa dire perché la sua musa è scomparsa - è da sperare che il suo messaggio rimanga, contemporaneamente evoluto ed immutato, nel cervello di chiunque si occupa di “rispetto dell’ambiente”. Pardon, di “sostenibilità”.

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