[06/05/2009] Urbanistica

La Corte Ue: se richiesto c´è l´obbligo di comunicare le ragioni che hanno spinto all´esclusione della Via

LIVORNO. Quando uno Stato comunitario stabilisce di non sottoporre a valutazione d’impatto ambientale (Via) un determinato progetto non deve necessariamente esprimere le ragioni per cui la Via è stata esclusa. Certo, deve motivare la sua scelta nel senso che la decisione deve contenere o ricomprendere tutti gli elementi necessari per poter controllare che essa si fondi su una verifica adeguata e conforme ai requisiti posti dalla disciplina comunitaria (direttiva 85/337).

Però, se una singola persona lo richiede l’autorità competente ha l’obbligo di comunicare le ragioni per le quali la decisione è stata assunta. Ossia deve comunicare le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata, tali “da consentire al cittadino di valutare l’opportunità di presentare un ricorso avverso tale decisione”.

Lo sostiene la Corte di Giustizia europea chiamata in causa dalla Court of Appeal del Regno Unito sul progetto per la costruzione di un’unità ospedaliera su un terreno sito in ambiente rurale nell’area di particolare bellezza naturale di Nidderdale, terreno su cui sorgeva una ex base navale. Il Governo britannico ha adottato infatti una decisione in base alla quale si riteneva superflua una valutazione dell’impatto ambientale: sostenne che dal progetto, data la sua natura, la sua entità e ubicazione, non sarebbero derivate conseguenze significative per l’ambiente. Ma non addusse motivazioni più specifiche.

La normativa comunitaria introduce i principi generali di Via per progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente, allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti stessi. Ed è la stessa normativa comunitaria che prevede quando i progetti (elencati nell’allegato I della direttiva 85/337) sono obbligatoriamente sottoposti a una tale valutazione e quando non lo sono (elencati nell’allegato II). In quest’ultimo caso i progetti devono essere assoggettati alla valutazione solo quando possono avere un impatto ambientale importante. Per questo gli Stati membri hanno un margine discrezionale (anche se tale margine discrezionale trova il proprio limite nell’obbligo degli Stati di sottoporre ad una simile valutazione i progetti idonei ad avere un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione). Le autorità nazionali competenti, dunque, devono svolgere un esame specifico al fine di stabilire se si debba procedere ad una Via.

A tale proposito la Corte di giustizia europea si è già pronunciata e proprio contro l’Italia (sentenza del 10 giugno 2004). In tale occasione specificò che una decisione con la quale l’autorità nazionale competente consideri che le caratteristiche di un progetto non richiedano che esso sia sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale deve contenere o essere accompagnata da tutti gli elementi che consentano di controllare che essa è fondata su una previa verifica adeguata, effettuata secondo i requisiti posti dalla direttiva Via. La decisione, dunque, deve contenere o essere accompagnata da tutti gli elementi che consentano il controllo.

In detta sentenza però si trattava dell’obbligo di accertarsi che un progetto non necessiti di valutazione prima di assumere la decisione di esentarlo dalla stessa e non della questione sollevata dalla Court of Appeal. Ossia del fatto che la decisione di non sottoporre un progetto ad una Via debba contenere essa stessa le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso di non farla.
Però i singoli interessati, come del resto le altre autorità nazionali coinvolte, devono poter far garantire l’osservanza di tale obbligo eventualmente in sede giurisdizionale. E tale esigenza – secondo la Corte - può tradursi nella possibilità di presentare un ricorso direttamente contro la decisione di non effettuare una Via. Perché si tratta di assicurare la tutela effettiva di un diritto fondamentale. E dunque bisogna anche che le persone interessate possano difendere tale diritto nelle migliori condizioni possibili e che a esse sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile adire il giudice. E’ per questo che l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare loro conoscere i motivi sui quali è basato il suo rifiuto.

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