[05/05/2009] Rifiuti

Rapporto Legambiente 2009: gli ecoreati non conoscono crisi

LIVORNO. L’assenza di una vera gestione integrata dei rifiuti dove ogni passaggio viene espletato nel migliore dei modi (non solo quindi una corretta raccolta differenziata, o solo l’incenerimento, o solo la discarica o peggio ancora nulla di tutto questo), sta da anni creando in Italia un terreno fertilissimo per la cosiddetta ecomafia che, già potentissima, ha vita assai facile in questa situazione di caos anche normativo. Mancano gli impianti di selezione, per dirne una, mancano quelli di compostaggio per dirne un’altra, le discariche sono piene, i termovalorizzatori sono in numero inferiore al fabbisogno, a livello nazionale non si portano avanti azioni cogenti di riduzione dei rifiuti per non parlare delle difficoltà, per usare un eufemismo, del mercato dei prodotti effettivamente riciclati a partire dalla carta, alla plastica e così via. E fin qui parliamo dei rifiuti urbani, perché di quelli speciali, che sono quattro volte tanti, neppure le amministrazioni se ne occupano come se non esistessero e allora sì che, non sparendo con la bacchetta magica, la criminalità ha colto tutte le potenzialità di questo business che non conosce, e non potrebbe essere altrimenti in questo contesto, crisi.

Non c’è da stupirsi dunque, in questo delirio, che nel 2008 gli ecoreati legati ai rifiuti a livello nazionale siano stati – dati di Legambiente forniti stamani durante la presentazione del rapporto Ecomafie 2009 – 3.911, quasi il 38% dei quali nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa; sono state denunciate 4.591 persone e sono stati effettuati 2.406 sequestri. Ma, soprattutto, 137 persone sono finite in manette. A testimonianza della crescita del business poi, crescono pure i paesi coinvolti nei traffici internazionali di rifiuti, che passano da 10 a 13 tra nazioni europee (5), asiatiche (5) e africane (3).

In totale invece gli ecoreati sono stati 25.776, quasi 71 al giorno, 3 ogni ora. La metà dei quali (più del 48%), si legge nel comunicato stampa dell’associazione, si è consumato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), il resto si spalma democraticamente su tutto il territorio nazionale. Il 2008 è l’anno dei record per le inchieste contro i trafficanti di rifiuti pericolosi, ben 25, con un fatturato che supera i 7 miliardi di euro.

Il dossier inoltre si occupa anche dell’abusivismo edilizio, pure questo in grande ascesa: 28 mila nuove case illegali e un’infinità di reati urbanistici, soprattutto nelle aree di maggior pregio. E poi il saccheggio del patrimonio culturale, boschivo, idrico, agricolo e faunistico. Tutto per un totale di 20,5 miliardi di euro: questo l’incasso totale dell’ecomafia, di quei 258 clan censiti da Legambiente nell’ultimo anno (19 in più rispetto all’ultimo dossier presentato), che hanno continuato a fare affari e guadagnare enormi cifre alla faccia della crisi economica in atto.
Dal dossier, in positivo emerge però la maggiore efficacia degli interventi repressivi da parte delle Forze dell’ordine. Aumentano gli arresti, passati dai 195 del 2007 ai 221 del 2008 (+13,3%) e i sequestri: dai 9.074 del 2007 ai 9.676 dello scorso anno (+6,6%), mentre diminuiscono il numero di reati ambientali (dai 30.124 del 2007 ai 25.766 del 2008), a causa soprattutto della tendenza da parte delle Forze dell’ordine a concentrare le attività investigative sui reati di maggiore gravità, tali da determinare provvedimenti e interventi repressivi più severi, come l’arresto e il sequestro appunto.

«Il fatturato totale dell’ecomafia non è mai stato così alto ed è cresciuto a livelli record proprio nell’anno più nero per l’economia mondiale – ha dichiarato il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, Sebastiano Venneri - Segno che il business degli ecomafiosi non conosce congiunture sfavorevoli e che quindi è necessario mettere in campo tutti gli strumenti possibili per combattere chi lucra avvelenando l’ambiente e mettendo a rischio la salute dei cittadini. Speriamo quindi, vista la disponibilità mostrata da numerosi rappresentanti di entrambi gli schieramenti politici, che questo sia finalmente il momento giusto per inserire i reati contro l’ambiente nel codice penale e per confermare la possibilità, per le forze dell’ordine, di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali nelle indagini contro gli ecomafiosi. Tutte le operazioni raccontate in questo rapporto infatti, difficilmente avrebbero potuto concludersi con successo senza l’uso di questo insostituibile strumento d’indagine».

«La criminalità organizzata ha esteso i propri tentacoli in tutto il paese e ha avviato redditizie attività in molte aree del Nord Italia – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - Lo ha reso evidente un arresto che ha fatto scalpore, quello di Mario Chiesa, già protagonista di Tangentopoli, ora impegnato nel redditizio business del traffico dei rifiuti, realizzato con la collaborazione di insospettabili “colletti bianchi”: imprenditori, faccendieri e dipendenti pubblici corrotti. Le mafie si infiltrano quindi in tutti i settori economicamente vantaggiosi ed è per questo che abbiamo voluto istituire l’osservatorio Ambiente e legalità in Abruzzo, per vigilare affinché la ricostruzione post terremoto non diventi l’ennesima occasione per fare vantaggiosi affari sporchi e pericolosi ai danni dei cittadini e dell’ambiente».

Sempre nel dossier si legge che, a proposito della cosiddetta Rifiuti Spa, «dal 2002, anno di entrata in vigore del delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, salgono a 123 le operazioni giudiziarie portate a termine contro i “signori dei veleni”, raggiunti da ben 798 ordinanze di custodia cautelare, con 2.328 persone denunciate e 564 aziende coinvolte. Un risultato straordinario che testimonia tutta l’efficacia di quello strumento normativo. Il lavoro per gli investigatori, del resto, non manca: la montagna di rifiuti speciali spariti nel nulla secondo l’ultimo censimento disponibile è la più alta di sempre: 3.100 metri con una base di tre ettari per un giro d’affari che raggiunge circa 7 miliardi di euro con un incremento significativo rispetto al 2007, quando i trafficanti si erano spartiti circa 4 miliardi e mezzo. 31 milioni di tonnellate è infatti, il quantitativo di rifiuti industriali di cui è certa la produzione ma assolutamente ignota la destinazione finale».

E questo dato dovrebbe far riflettere: se si sa quanto si produce (tra l’altro sono stime prudenziali…) e si sa quanti rifiuti genera quella produzione, almeno l’output dovrebbe essere noto, ma se non ci sono impianti per il trattamento e nessuno si interessa di dove vadano questi rifiuti è chiaro che prima o poi salteranno fuori. Non solo, se le leggi vigenti non consentono neppure a chi volesse di comportarsi in modo corretto come purtroppo accade ora, visto il caos normativo che regna a causa del famigerato e rivisitatissimo Testo Unico, è a dir poco presumibile che nel 2010 il dossier di Legambiente presenterà una situazione ancora peggiore…

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