[04/05/2009] Comunicati

Il distretto tessile pratese tra presente e futuro sostenibile (4)

FIRENZE. Nei distretti e anche in quello pratese aleggia una domanda a cui è difficile rispondere: esistono ancora oggi le condizioni di riproduzione del distretto industriale(*)? Per farlo bisogna partire dalla constatazione che la crisi attuale è prima di tutto sociale, oltre che economica, nel senso che, per esempio, pesa in modo dirompente la sofferenza per la perdita di identità nel lavoro, a causa delle profonde trasformazioni dello stesso, e di identità sociale (oltrechè professionale, ma anche civile, di cittadinanza) che riguarda tutti i settori della società locale indistintamente, a causa dei processi di trasformazione indotti dai cambiamenti nella divisione globale del lavoro. E’ anche perdita di conoscenza sociale dei processi di produzione e di mercato e delle capacità che da essa derivano ad affrontare i processi di cambiamento.

La stessa analisi della crisi non è bagaglio collettivo ad alcun livello della società locale e può creare difficoltà alla stessa capacità di risposta. Lo testimonia la profonda diversità di atteggiamenti, pur nella comune preoccupazione sulle prospettive.

Il distretto pratese (quello che il Prof. Becattini chiama “il volo del calabrone”) si è sempre trasformato mantenendo i suoi tratti originali, interpretando a modo suo i processi di divisione e redistribuzione del lavoro, tipici dell’economia globale che, se, da una parte, ha favorito, nei ruggenti anni novanta, la concentrazione e la diffusione globale del capitale e della finanza, dall’altra, con la globalizzazione della divisione del lavoro, ha prodotto la dispersione della esecuzione del lavoro stesso, ne ha frammentato l’organizzazione, lo ha profondamente diversificato e diviso a livello sociale facendogli perdere identità e il punto di vista collettivo, cioè la conoscenza come fondamento delle capacità personali e collettive (per di più Prato sta in un paese che soffre da tempo di un grave sfascio sociale).

Il lavoro è diventato sempre più individualizzato, ha perso centralità sociale, sia nelle competenze che nelle condizioni, rendendo marginali gli interessi dei lavoratori, ma anche degli artigiani e dei piccoli e medi imprenditori e i loro progetti di vita. Proprio a causa di questa dispersione e frammentazione del lavoro a cui si contrappone la concentrazione del controllo dei flussi di investimenti, di merci e di capitale finanziario, il “legame locale del lavoro” si è confuso di fronte ai pericoli e la distribuzione globale del lavoro e diventata di sofferenza e crisi sociale, aggravate dalla crisi finanziaria, tutt’ora in atto nonostante le “balle” che girano sull’imminente uscita dalla stessa, dal crollo della domanda.

La divisione globale del lavoro, la finanziarizzazione delle economie e le crisi finanziarie ricorrenti hanno trasformato il mercato globale in mondo del rischio sociale, prima ancora che economico.
(4. continua)

*Si intendono qui fattori di riproduzione del “modello tradizionale pratese” su cui torneremo prossimamente.

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