[28/04/2009] Energia

L´Aper punta tutto sul burden sharing

LIVORNO. Continua la pressione sul governo da parte degli imprenditori del settore delle rinnovabili, che aspetta con trepidazione la ripartizione a livello regionale delle competenze e degli obiettivi europei per le rinnovabili al 2020, ovvero il cosiddetto burden sharing. «Se attuato in maniera efficace ed in combinazione con l’atteso decreto contenente le nuove linee guida nazionali per la semplificazione del procedimento unico – dichiara Roberto Longo, presidente di Aper (l’associazione che riunisce a rappresenta i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili) - il meccanismo del burden sharing permetterà il superamento della barriera autorizzativa, che a oggi rappresenta l´ostacolo più ingombrante sulla strada dello sviluppo delle rinnovabili. Raggiungere gli obiettivi al 2020 significherà, quindi, non solo avere un´occasione storica unica per metterci al passo con gli altri Paesi europei, ma rappresenterà anche l´affermazione di un settore in crescita, che saprà generare occupazione e stabilità in un momento di profonda crisi economica».

A seguito infatti dell’approvazione della legge n.13/2009 di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 che prevede la ripartizione a livello regionale delle competenze e degli obiettivi per le rinnovabili al 2020, è attesa entro giugno l’emanazione dei decreti che definiranno il burden sharing tra le regioni. La griglia che ne scaturirà consentirà finalmente di capire quali sono le potenzialità di crescita delle energie pulite nei diversi territori, di armonizzare i piani energetici con i nuovi obiettivi e probabilmente servirà anche a cancellare qualche impropria giustificazione da parte di alcune regione che ritengono di “aver già dato” abbastanza sul fronte delle energie rinnovabili.

Anche se si tratta di obiettivi paralleli e diversi, ricordiamo che l’Italia dal 1° gennaio 2008 ogni giorno accumula un debito di 3,6 milioni € (42 € al secondo) per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Sulla base delle stime delle emissioni climalteranti nel primo anno di conteggio, rilanciate dal Kyoto club, nel 2008 si è accumulato un debito di 1,3 miliardi di euro. Questo costo deriva dal divario di oltre 64 milioni di tonnellate di CO2 tra i valori del 2008 e il target di Kyoto. Va ricordato che nel periodo di adempimento 2008-2012, la quantità di emissioni assegnate all´Italia è pari a 483 Mt CO2 equivalente (-6,5% rispetto al 1990).

Malgrado il modesto calo delle emissioni degli ultimi anni (per il quarto anno consecutivo le emissioni climalteranti italiane si sono ridotte, soprattutto a causa di inverni ed estati meno estreme), quella di Kyoto rimane un´emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità.

E visto che ogni giorno che passa comporta costi crescenti, sarà fondamentale che le istituzioni mettano al centro delle politiche del Paese la sostenibilità ambientale, con conseguenti scelte oculate su efficienza energetica, utilizzo delle fonti rinnovabili e trasporti, a partire dall’emanazione dei decreti che definiranno il burden sharing responsabilizzando direttamente anche le regioni.

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