[24/04/2009] Consumo

I prezzi dei cereali non calano nei Paesi in via di sviluppo

ROMA. Nonostante la crisi economica e l’aumento della produzione, i prezzi restano elevati nei Paesi in via di sviluppo, mentre in generale la situazione mondiale di disponibilità di cereali sembra migliorata provocando un forte calo del costo globale delle derrate alimentari. E’ quello che emerge dal rapporto “Prospettive dei raccolti e situazione alimentare” pubblicato dalla Fao che sottolinea: «Questo non fa che aggravare la situazione critica di milioni di poveri già vittime della fame e della sotto-alimentazione».

Le notizie non sono comunque confortanti: la produzione cerealicola mondiale nel 2009 dovrebbe essere inferiore del 3% rispetto a quella record del 2008, restando però tra i migliori 10 risultati mai registrati da quando la Fao raccoglie i dati. A calare sarà la produzione di grano, soprattutto a causa della riduzione della superficie seminata nei Paesi sviluppati che non hanno più interesse a investire con l’abbassamento dei prezzi internazionali, mentre nei Paesi in via di sviluppo la produzione dovrebbe mantenersi vicina ai livelli del 2008.

Nulla invece cambia per il solito gruppo dei Paesi più disgraziati e sfortunati del pianeta, 32 Stati che riconfermano il rischio alimentare a causa di cattivi raccolti, clima sfavorevole, situazione politica e conflitti che producono insicurezza alimentare. Secondo la Fao «I prezzi dei cereali nei Paesi in via di sviluppo restano generalmente molto elevati, in certi casi a dei livelli senza precedenti. I più colpiti sono i cittadini poveri ed i piccoli agricoltori che dipendono dal mercato per l’accesso al cibo. Inoltre, la recessione mondiale priva le famiglie vulnerabili dell’invio di rimesse dall’estero, spesso determinanti per mantenere i livelli di consumo alimentare».

Lo studio della Fao analizza i prezzi alimentari in 58 Paesi in via di sviluppo ed evidenzia che i prezzi in 12 mesi sono cresciuti in circa l’80% dei casi e nel 40% dei casi negli ultimi 3 mesi. Inoltre, nel 17% dei casi i prezzi degli alimentari hanno raggiunto il massimo livello di sempre. La situazione più drammatica è quella dell’Africa sub sahariana dove il prezzo del riso è schizzato alle stelle e quello di mais, miglio, sorgo sono superiori alla media nell’89% di questi Paesi. Ma per il riso non va bene nemmeno in Asia e il mais ed il grano costano troppo in America latina.

Nel 2008/2009, le importazioni di cereali nei Paesi a basso ed a deficit alimentare dovrebbero stabilizzarsi a 28 miliardi di dollari, il 27% in meno della campagna precedente, con una live attenuazione dei costi grazie all’abbassamento dei costi internazionali. «Però – avverte la Fao – il rallentamento delle importazioni commerciali di cereali e dell’aiuto alimentare è uno dei fattori che contribuiscono a mantenere i prezzi alimentari ad un livello elevato nei Paesi poveri».

A fine marzo, era stato soddisfatto solo il 45% dei bisogni delle importazioni cerealicole dei nei Paesi a basso deficit alimentare, cifre che tradotte in malessere umano hanno un impatto devastante e che ci raccontano che la crisi che preoccupa gli occidentali perché non possono riempire i frigo e comprare l’ultimo gadget elettronico in molti Paesi si traduce in ciotole sempre più vuote. La Fao traccia anche una mappa dei punti caldi di quella che potrebbe trasformarsi da crisi alimentare in una puntiforme crisi politica planetaria.

In Asia l’insicurezza alimentare riguarda l’Afghanistan martoriato da una guerra interminabile, lo Sri Lanka della sanguinosa resa dei conti con le Tigri Tamil, il Myanmar piegato dalla dittatura e dai disastri naturali, la Corea del nord che affama i suoi cittadini per coltivare il suo folle sogno nucleare, Paesi nei quali la mancanza di cibo sta diventando cronica e dove le razioni alimentari potrebbero calare della metà a causa della riduzione degli approvvigionamenti.

In Africa orientale sono vittime di una gravissima insicurezza alimentare almeno 17 milioni di persone, le cause sono i cattivi raccolti dovuti ai cambiamenti climatici e i conflitti armati in corso. Nella Somalia dei pirati 3,2 milioni di esseri umani hanno bisogno di cibo, in Sudan il conflitto del Darfur e quello che cova nuovamente sotto la cenere nel sud animista e cristiano sono aggravati dalle recenti espulsioni di organizzazioni umanitarie che potrebbero mettere a rischio l’assistenza per milioni di persone vulnerabili che si confrontano già con una situazione drammatica.

In Africa australe i prezzi alti e il calo delle importazioni non riescono a star dietro ad una domanda sostenuta che sta diventando fame in alcune zone. Una situazione critica che riguarda 8,7 milioni di poveri, 5 dei quali nel solo Zimbabwe, aggravata dalle epidemie di colera in diversi Paesi dell’area.

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