[24/04/2009] Consumo

L´Ineos di Porto Marghera chiude prima di iniziare il nuovo corso

LIVORNO. Le speranze riposte solo due mesi fa nella ripresa del polo chimico di Porto Marghera sembrano oggi spegnersi, senza possibilità di appello.
E potrebbe chiudersi così la storia del quadrilatero della chimica del nord, che parte dall’area ubicata nella laguna di Venezia, dalla parte opposta a piazza San Marco e, che comprende Mantova, Ferrara e Ravenna, con una appendice in Sardegna a Porto Torres e Assemini.

Fiorenzo Sartor l’imprenditore travisano su cui in molti avevano risposto quelle speranze, sembra infatti intenzionato a gettare la spugna e già oggi potrebbero essere consegnati in tribunale i libri dell’Ineos, l’azienda che produce Pvc e Cvm e che aveva rilevato attraverso la Vinyl Italia, per salvarla dal fallimento che però, a questo punto, non sarebbe più evitabile.

L’accordo - siglato a febbraio dopo una lunga trattativa condotta nella sede del ministero dello Sviluppo economico - riguardava sia gli impianti veneziani di Porto Marghera, sia gli impianti sardi di Porto Torres e Assemini, che impiegano 1.100 dipendenti diretti, cui vanno aggiunti circa 800 addetti delle imprese dell’indotto. Insieme all’accordo Ineos-Safi era stata raggiunta l’intesa con Eni per la ristrutturazione di una parte degli impianti di produzione del cloro.
Ma evidentemente qualcosa non è andato nella giusta direzione.

Le motivazioni, secondo Sartor, sembrano essere imputabili ai prezzi troppo alti delle materie prime necessarie nella filiera cloro-soda, che l’Ineos acquista da Eni, ovvero l’etilene e dicloeroetilene, che miscelati all’ acido cloridrico portano alla produzione del prodotto finito, cvm.

Mentre secondo Eni, il contenzioso riguarderebbe un debito per vecchie fornitore che Ineos aveva contratto per la fornitura di materie prime e che Sartor avrebbe ereditato acquisendo le quote della società e che non sembra avere alcuna intenzione di pagare.
Un braccio di ferro che dura da mesi e che non ha trovato soluzione neanche nell´ambito del Tavolo sulla chimica che si è svolto a Roma due giorni fa, con l´interessamento diretto del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.
Di
fficile dall’esterno valutare quali siano le vere motivazioni che avrebbero indotto il nuovo proprietario di Ineos a chiudere l’esperienza prima ancora di averla messa in atto, sta di fatto che la situazione è divenuta molto critica e da ieri pomeriggio i lavoratori del polo chimico veneziano sono in sciopero per chiedere l’intervento urgente del Governo per evitare che con la Vinyl Italia si chiuda definitivamente tutta la chimica italiana, dato che dalle linee di Marghera esce la produzione che fa funzionare tutti gli impianti chimici del paese.

Ma se l’auspicio che esprimevamo alla firma dell’accordo era quello che, scongiurata la possibilità di chiusura del polo di produzione delle plastiche di Porto Marghera, con l’ effetto domino anche sugli altri poli ad esso legato, quella fosse anche l’occasione per riorientare l’intero comparto verso una maggiore sostenibilità ambientale, le notizie di oggi sono foriere di cattivi presagi.

E non è peregrino pensare che proprio il non aver scelto in passato di aver intrapreso quella direzione, che ha contribuito alla crisi del settore chimico di questo paese, ne rappresenti oggi il suo definitivo declino. Con quel che ne consegue in termini di occupazione e di sostenibilità sociale.

C’è da rilevare che, nel frattempo, Ravenna sta pensando al futuro. Come già Ferrara che ha recentemente siglato un accordo di programma tra le istituzionali nazionali e quelle locali, associazioni sindacali e industriali per rivitalizzare il polo chimico in crisi e che prevede di creare nell’area industriale estense un insediamento per la produzione di silicio purissimo, materia prima per la costruzione di pannelli fotovoltaici ad alta efficienza.

L’obiettivo presentato nel programma Ravenna 2030, è quello di definire nei prossimi tre anni le linee di sviluppo per diventare la Città dell’energia, ovvero assumere un ruolo chiave per l’integrazione della ricerca universitaria, le attività imprenditoriali e le competenze acquisite in anni di storia industriale, per ottenere una riconversione in chiave energetica dell’economia ravennate.

Anche se forse questo non sarà sufficiente a garantire l’attuale occupazione degli addetti del polo chimico di Ravenna e non risolleverà certo le sorti di un settore, di cui appunto Porto Marghera è sempre stato il motore e che ha dato vita alla chimica italiana, con tutte le sue ombre, è comunque un segnale che la direzione da prendere è quella della riconversione in chiave ecologica dell’economia.

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