[23/04/2009] Comunicati

Lo “scioglimento” dell’economia e le lezioni per il futuro

GLAND (Ginevra). Gli americani hanno uno splendido detto: "la marea solleva tutte le barche". Sfortunatamente, questo non è vero per le barche che sono ancorate al fondo del mare economico, come i poveri, gli emarginati e gli economicamente handicappati che non sono in grado di acquisire le competenze o il capitale che possano liberarli e farli stare a galla con il resto.

“Lifeboat Earth” è forse una metafora migliore, dal momento che siamo tutti insieme. Naufraghi in una scialuppa di salvataggio dove tutti dobbiamo imparare che l’individualità può fiorire solo se tutti hanno un livello di benessere di base. La perdita e la fine di uno degli imbarcati rappresenta un pericolo per la stabilità di tutta la barca.

Equità ed interesse comune rappresentano un interesse individuale. Nei Paesi ed al loro interno, gli estremi di povertà e ricchezza e la distruzione della natura che comportano sono delle sistematiche minacce per il benessere, per non parlare della comune sopravvivenza, anche di coloro che ne sono al di fuori.

I messaggi dei nostri leader politici e dalla nostra comunità di conservazione dell’ambiente devono essere differenti, ma complementari. I nostri leader politici devono andare oltre l’ideologia ed affrontare le questioni fondamentali che riguardano il nostro futuro in un modo pragmatico ma con principi. Le considerazione economiche non possono prevalere sempre sulla natura perché si vuole essere considerati “pro-business”.

Le regolamentazione delle emissioni non è per “big government”. La tassazione della CO2 non è “anti-crescita””. Le perdite in borsa recenti ed ancora in corso sono enormi, ma sono una pallida cosa se paragonate alla dimensione dei costi associati alla perdita di biodiversità che stiamo vivendo ogni anno. Questo non può andare avanti, indipendentemente dall’orientamento politico. Possiamo solo sperare che i grandi temi come l’impatto della continua crescita della popolazione sul mondo naturale non verranno elusi a causa della paura di essere etichettati come “pro-choice” o “pro-life”.

E la comunità ambientalista, inoltre, deve andare al di là dei suoi riflessi condizionati e pregiudizi. La necessità di coinvolgere nuovamente le imprese multinazionali non deve essere visto come debolezza o tradimento. Oppure non si può credere che la tutela della biodiversità debba essere sempre a scapito delle popolazioni locali. La salvaguardia della natura non è "di sinistra" o “di destra", si tratta di lasciarsi alle spalle un luogo che sia adatto per la vita dei nostri figli. Serie discussioni che vadano oltre le usuali barriere ideologiche e politiche possono aver luogo se ci rendiamo conto che la sicurezza e la stabilità politica – key drivers nella politica mondiale – saranno sempre più in pericolo se non si affrontano con forza il cambiamento climatico, il sovra sfruttamento delle risorse ed il degrado ambientale insieme all’ignoranza, la povertà e la fame, in patria e all’estero.

L’attuale “scioglimento” finanziario, che ha portato alla perdita di miliardi di dollari in tutto il mondo, è il risultato del breakdown dei mutui americani e dell’investment banking system. Questo breakdown, che molti credono derivi dalla mancanza di regolamentazione delle istituzioni finanziarie, aggravato da “avidità” e “overleveraging”, ha portato ad altri massicci fallimenti del mercato in altri settori, particolarmente nel manifatturiero, nel commercio e nei servizi vari.

Allo stesso tempo, i prezzi dei prodotti alimentari hanno subito fluttuazioni selvagge, spesso attribuite a distorsioni del mercato causate da accumulo, speculazioni e al fallimento dei raccolti dovuti a fattori meteorologici, parassiti ed altre cause contingenti. E, certo, queste spiegazioni sono vere. Però questi sono i motivi più recenti, non la causa ultima.

La mano invisibile che si supponeva ottimizzasse il mercato a beneficio di tutti è diventata un pugno molto visibile che minaccia il futuro di tutti. Ciò non significa che il mercato debba essere eliminato, ma significa semplicemente che i presupposti per lavorare bene, come già individuati duecento anni fa da Adam Smith, come la libera concorrenza, la piena di contabilità dei costi, la parità di accesso alle informazioni, devono essere messi in atto.

Lo “scioglimento” dell’economia e la crisi degli anno ‘80 dell’indebitamento nei Paesi più poveri sono stati causati dalla necessità di scaricare ("investire") su di loro l’eccesso di petrodollari, anche quando palesemente non potevano permetterseli. Tre decenni dopo, le economie di molti dei paesi "meno sviluppati" non hanno ancora recuperato il livello che avevano avuto prima del denaro "facile". Tre decenni persi, la storia di molti paesi in Africa e America Latina.

Le banche, d´altro canto, allora come oggi, sono state tirate fuori dai guai in un modo o nell´altro, dai loro governi, dalla Banca mondiale o attraverso l´uso di strumenti come i “debt swaps”. Ma la storia è un insegnante severo, nel senso che è difficile da imparare. Esattamente nello stesso modo, la crisi del 2008 è stata causata da “foisting investment capital “, questa volta per ironia dalla popolazione povera della stessa America, un surplus di fondi derivanti da una economia mondiale fortemente distorta.

Si può solo pregare che loro non avranno bisogno di tre decenni per recuperare. Negli ultimi cinquant´anni, il modello economico mondiale, che ha fornito enormi quantità di prodotti apparentemente a basso costo e per un certo tempo hanno portato grandi benefici a molte persone, ma ha inesorabilmente finito per creare enormi profitti nelle mani di pochi e praticamente zero potere d´acquisto per il resto. Ora abbiamo anche molti beni a caccia di troppo pochi acquirenti.

Da dove viene il surplus di fondi? In parte sono venuti dalla meccanizzazione del lavoro che ha spiazzato i lavoratori (riducendo il loro potere d’acquisto e tenendoli ai margini dalla domanda di mercato), in parte dall’utilizzo di impianti di produzione sottopagati all’estero e in parte da risorse minerarie e naturali, che sono state ottenute grossolanamente sottoprezzo o addirittura praticamente gratis.

Inoltre, la maggior parte dei costi sociali e ambientali non sono mai stati pagati. Il conseguente sovra-utilizzo delle risorse naturali ha portato a gravi problemi di inquinamento e di esaurimento. Questi per un periodo sono passati inosservati a causa di innovazioni intelligenti e sostituzioni, ma ora sono evidenti le incontrollate fluttuazioni dei prezzi di commodities, materie prime e combustibili sempre più esterni all´offerta del mercato.
Se questo continua più a lungo, sia per la domanda che per l´offerta che diminuiscono, il nuovo equilibrio di mercato non può che essere ad un livello molto inferiore a quello che chiunque, anche il più ardente ambientalista conservazionista, possa desiderare.

La reazione post-keynesiana ad una situazione di questo tipo è quello di rilanciare l´economia, stimolando il consumo, con la speranza che genererà un circuito virtuoso, e quindi alzare il ciclo della domanda. . . creare più offerta. . . creare più potere d´acquisto. . . creare più domanda. . . ad infinitum. Il problema, ovviamente, è che così non può più funzionare. C´è un anello mancante nella catena di questo ragionamento: il fatto è che siamo dotati di risorse di base finite, anzi molto limitate. Creare più mezzi di approvvigionamento, più risorse minerarie, significa che a loro volta genereranno più distruzioni per la nostra vita i suoi sistemi di sostentamento: le specie, gli ecosistemi e i cicli biogeochimici che rendono possibile la vita sul nostro fragile pianeta.

Madre Natura è, fino ad un certo limite, estremamente generosa e resiliente. Ma è una immensa creatura, un sistema finemente sintonizzato, con complessi collegamenti e feedback systems. Oltre una soglia che per le nostre attuali conoscenze spesso è difficile da prevedere, può diventare molto vulnerabile e rompersi improvvisamente. La scienza dei cambiamenti climatici è solo agli inizi per poter dimostrare come e quanto improvvisamente.

Quindi, se cerchiamo di diventare nuovamente “profligate”, tornando ai nostri defunti modelli di sviluppo, le forze economiche entreranno in gioco per limitare la domanda e le forze ecologiche limiteranno automaticamente l’offerta. E troveremo ad affrontare un altro "scioglimento", solo in un modo più rapido e con una maggiore severità. Ovviamente, abbiamo bisogno di nuovi modelli.

Dunque, mi auguro poi che la necessità di riavviare l´economia, come dobbiamo, non verrà utilizzata per ripristinare uno spreco e dannose abitudini che non sono più valide. Abbiamo bisogno di investire nel ripristino della salute del patrimonio di risorse naturali, inclusi in particolare tutti gli aspetti della biodiversità, e nella creazione di mezzi di sussistenza sostenibili e nella riprogettazione di posti di lavoro attraverso le nostre tecnologie, i sistemi di mercato, e le istituzioni finanziarie. E abbiamo bisogno di spendere una grande quantità di tempo, sforzi e risorse per creare una differente e comune comprensione di ciò che costituisce una buona vita.

*Presidente Iucn (Nella foto)

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