[10/04/2009] Aria

Emissioni mondiali di CO2 a più 25,3%. Senza un ´Kyoto plus´ sarà dura

LIVORNO. Secondo un rapporto presentato alla centoventesima assemblea dell’Unione interparlamentare che si conclude oggi ad Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, le emissioni di CO2 nel mondo sono aumentate del 27% in rapporto al livello del 1990.

Il documento, che cita dati e proiezioni dell’International energy agency (Iea), evidenzia che le emissioni di CO2 legate al consumo di energia nei Paesi industrializzati dell’Ocse crescono del 25,3% nel periodo 1990 - 2010/2012, con un aumento del 9,1% per l’Unione europea a 25. Durante lo stesso periodo, le emissioni dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi emergenti sono più che raddoppiate: +103,4%, anche se in questi Paesi le emissioni procapite restano molto più basse di quelle dei Paesi industrializzati.

Il dilemma della crescita economica nei Paesi in via di sviluppo si pone dunque in tutta la sua drammaticità per gli equilibri climatici ed ambientali del pianeta ed un cambio di modello, un “green new deal” mondiale è sempre più necessario se si guarda alle proiezioni a lungo termine fatte dal rapporto presentato ad Addis Abeba: entro il 2030 le emissioni globali di C02 aumenteranno del 90%, passando da 20 a 38 miliardi di tonnellate. Per il 2050 è prevista una crescita fino a 58 miliardi di tonnellate di CO2, se poi gli sforzi di mitigazione e riduzione a livello mondiale saranno meno di quelli promessi, questa cifra potrebbe essere “sfondata” in maniera drammatica e con conseguenze non quantificabili.

Il rapporto è impietoso: «A livello mondiale, le emissioni di gas serra aumentano di un milione di tonnellate al giorno. Con il sistema attuale di protezione del clima previsto dal Protocollo di Kyoto, una modifica di questa tendenza è quasi impossibile».

Secondo gli autori del rapporto, «Occorre quindi rafforzare gli sforzi in favore di un accordo “Kyoto Plus”, che si applicherà quando il Protocollo di Kyoto arriverà a scadenza nel 2012. L´obiettivo di limitare a 2 gradi l’aumento della temperatura mondiale, obiettivo della United nations framework convention on climate change (Unfccc), deve essere reso obbligatorio nel diritto internazionale dall’accordo “Kyoto Plus” e le emissioni di gas serra devono essere limitate, a livello mondiale, nella misura necessaria a concretizzare questo obiettivo».

Il rapporto sostiene anche che le energie rinnovabili (eolico, biomasse e biogas, fotovoltaico, idroelettrico, geotermia) che contribuiscono a ridurre le emissioni di gas serra «devono diventare in tutto il mondo un pilastro dell’approvvigionamento energetico. Nel corso degli ultimi anni, grandi progressi tecnici sono stati realizzati in questo settore, come pure di redditività. Tuttavia, non è ancora possibile, attualmente, produrre la quantità di energia necessaria a partire dalle energie rinnovabili».

Per quanto riguarda il nucleare, gli autori del rapporto pensano che il suo utilizzo rivesta ancora un aspetto importante, ma ne evidenziano tutti i problemi: «In materia sono identificabili su scala mondiale diverse tendenze. Se alcuni Paesi procedono nell’uscita dal nucleare o la pianificano, assistiamo in altre regioni del mondo ad un rinascimento dell’energia nucleare. Mentre gli avversari del nucleare sottolineano soprattutto, al di là degli aspetti della sicurezza delle centrali, il problema non risolto dello stoccaggio finale delle scorie ed il fatto che l’uranio non esiste che in quantità limitata, i suoi partigiani associano prima di tutto questa tecnologia all’assenza di emissioni di CO2. Anche se i sostenitori plaudono allo sviluppo dell’energia nucleare, questa tecnologia non può risolvere i problemi a lungo termine».

Secondo il rapporto la principale soluzione a breve termine verrebbe dai biocarburanti, in grado di garantire sicurezza energetica e di offrire insieme altri vantaggi, come la diversificazione energetica, lo sviluppo dell’agro-industria, la creazione di posti di lavoro e di entrate economiche, il recupero di aree degradate, la riduzione delle emissioni di CO2 e la diminuzione del loro impatto sul cambiamento climatico.

Alle perplessità di chi sostiene l’insostenibilità di utilizzare il cibo per farne carburanti, il rapporto risponde distinguendo fra i vari tipi di produzione agricola: «L´etanolo prodotto grazie alla canna da zucchero è sostenibile, perché la sua produzione necessità di quantità di combustibili fossili inferiori a quelle dell’etanolo prodotto a partire dal mais. Inoltre, la produzione di etanolo a partire dal maïs crea una concorrenza diretta tra l´utilizzo del mais per l’alimentazione e il suo utilizzo per la produzione di carburanti, il che ha come conseguenza di far salire i prezzi del mais nei Paesi dove questo cereale costituisce un alimento base».

Torna all'archivio