[09/04/2009] Parchi

Sviluppo sostenibile nei Sic e nelle Zps, le ´anomalie´ dei piani di gestione e quella italiana

LIVORNO. Nel convegno “Sviluppo sostenibile nelle aree Sic-Zps”, organizzato a Gela dall’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali e dall’Ordine degli architetti di Caltanissetta, si è discusso di come coniugare la progettazione architettonica e paesaggistica, la pianificazione agricola e territoriale, le tecnologie verdi sullo sviluppo rurale, le scienze sociali con la presenza di Siti di interesse comunitario e Zone di protezione speciale istituiti in base alle direttive Uccelli ed Habita dell’Unione europea.

Il convegno, che ha visto la partecipazione di 650 tra architetti, agronomi, docenti universitari, ambientalisti, agricoltori e amministratori e funzionari locali, ha fatto emergere i molti limiti ma anche le prospettive della gestione dei Sic e delle Zps.

Il dibattito, partendo delle leggi 98/81 e 14/88 della regione Sicilia, ha avuto il pregio di approfondire concretamente l’esame e la messa in opera di norme, decreti nazionali e direttive comunitarie, tenendo conto degli orientamenti strategici comunitari riguardanti l’attuazione della rete di Natura 2000.

Gli organizzatori dell’iniziativa, l’agronomo Piero Lo Nigro e l’architetto Giovambattista Mauro, spiegano che «Lo scenario ha fatto emergere qualche contraddizione, dal momento che in Sicilia alcune perimetrazioni risultano essere caratterizzate dalla presenza di raffinerie e con essa tutte le altre strutture industriali».

Come in ogni regione italiana, anche in Sicilia tutti sono d’accordo sulla necessità di far conoscere ed applicare i valori ambientali contenuti nella direttiva europea per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, i problemi vengono dopo, quando dalla teoria si deve passare ad applicare quei vincoli sul territorio.

Secondo i rappresentanti degli agronomi e dei dottori forestali, «La perimetrazione delle aree Sic (Siti di interesse comunitario) e zps (Zona di protezione speciale) spesso non presenta comunque organicità territoriale. La stessa Regione, sulla scorta di avvio di procedure dì infrazioni da parte della Comunità Europea, spesso ha determinato confini e perimetrazioni in modo discutibili, dal convegno sono emerse alcune ammissioni».

Però questa frammentazione e questi confini a volte non ben meditati sono il frutto dei ritardi cronici con i quali l’Italia affronta le direttive ambientali, che poi portano a rincorse per tappare le falle e non beccarsi le sanzioni previste dalle procedure di infrazione. Inoltre troppo spesso gli enti locali ignorano cosa siano davvero Sic e Zps e tendono a sottovalutare la fase istitutiva. Un problema emerso anche a Gela dove è stato detto che vengono esautorate «le attribuzioni comunali in materia di gestione e uso del territorio comunale in un sistema costituzionale che ha di recente conferito in via diretta, anche agli enti locali diversi dalle Regioni, formale riconoscimento e connesse prerogative amministrative nel settore della difesa e della gestione del territorio; è mancato, di fatto, un reale coinvolgimento delle popolazioni e del mondo professionale. La pianificazione e progettazione ambientale ha natura multidisciplinare e soprattutto deve essere svolta coinvolgendo le popolazioni locali e gli attori dello sviluppo locale.

Tale metodo viene ripreso da diverse fonti normative, soprattutto nell’ambito dei procedimenti amministrativi, nello specifico la Legge n. 241 del 7 agosto 1990, che costituisce legge generale sul procedimento amministrativo, i cui principi generali in tema di partecipazione procedimentale, hanno lo scopo di assicurare, l´acquisizione corretta ed imparziale degli interessi coinvolti nell´esercizio del pubblico potere».

Nigro e Mauro sottolineo che «la regione siciliana ha violato la normativa, non avendo consentito in alcuni casi di interloquire e precludendo la giusta ponderazione delle esigenze di natura economica e di pianificazione urbanistica locale in un bilanciamento finale con quelle di tutela ambientale».

Tutto bene e tutto vero, però questo va contemperato con due questioni: il rispetto di direttive europee sottoscritte dal nostro Paese e che ci obbliga a impegni precisi (anche territorialmente); la solitamente scarsa preparazione di comuni, spesso piccoli, ad affrontare temi globali come la difesa della biodiversità e degli habitat, a riconoscere alla loro fauna e flora “quotidiana” un’importanza continentale.

Un interesse scarso per le Zps ed i Sic che però si impenna dopo che sono state istituite, innescando il circolo vizioso: vincolo uguale impedimento e non quello virtuoso: vincolo uguale valorizzazione del nostro patrimonio ambientale. In più il nostro Paese in questo settore non gode certo di grande fiducia all’interno della Commissione Ue e della Corte di giustizia europea, visto che le deroghe venatorie e gli scempi edilizi nelle Zps e nei Sic italiani sono più che frequenti, a volte con casi clamorosi di proposte di “valorizzazione” che raderebbero al suolo habitat ormai unici.

Forse nascono proprio da qui quegli errori che secondo i professionisti rischiano di essere ampiamente ripetuti: «purtroppo tutto ciò sta avvenendo nel caso della redazione di qualche piano di gestione, in quanto non coerente con le azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento del territorio interessato, delle comunità e degli attori locali, e del percorso minimo e logico per la realizzazione del Piano partecipato e condiviso».

Il deputato regionale Sorbello, che rappresentava la giunta regionale siciliana, ha detto «assumiamo ufficialmente l’impegno per l’istituzione di un tavolo tecnico per verificare tutte le incongruenze, riservandosi inoltre l’avvio di procedure ispettive».

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