[07/04/2009] Acqua

Se le acque destinate al consumo umano sono inquinate, il sindaco deve agire a tutela della cittadinanza

LIVORNO. Se le acque di una città sono inquinate il sindaco ha il dovere di sospendere l’erogazione idrica e di programmare gli interventi volti a eliminare gli inconvenienti al fine di garantire la potabilità dell’acqua. Pena la sanzione penale perché è tenuto “a scongiurare i pericoli per la salute umana”. Lo ribadisce la Corte di Cassazione con sentenza dello scorso mese con la quale da ragione a Legambiente e torto all’allora sindaco di Agrigento.

La vicenda risale al periodo compreso fra 1993 e 2001 (durata del mandato di sindaco), periodo in cui le acque della città di Agrigento erano interessate da grave inquinamento. Un superamento dei parametri sulla potabilità delle acque - stabiliti dalla legislazione speciale in materia - evidenziato dall’esito delle analisi condotte dal laboratorio di Igiene e Profilassi sui campioni di acqua settimanali prelevati dagli ispettori di igiene. Un’alterazione che trovava le sue origini nella carenza strutturale del sistema di erogazione idrica: presenza di rotture nella rete idrica di distribuzione ormai vetusta, conseguente discontinuità dell’erogazione dell’acqua e inadeguatezza del sistema del sistema di clorazione.

Ma nonostante le ripetute segnalazioni da parte dei referenti di igiene pubblica, l’allora Sindaco non adottò nessun provvedimento mirato ad arginare la situazione e a tutela dell’incolumità pubblica .E proprio perché omise di adottare i provvedimenti “decisori di carattere contingibili e urgenti in materia di sanità pubblica” si è macchiato di reato (ovvero reato di rifiuto di atti d’ufficio ex articolo 328 cp) e non di illecito amministrativo previsto dalla normativa speciale sull’erogazione delle acque (regolate dal Dlgs 31/2001).

La normativa disciplina la materia della distribuzione delle acque potabili in attuazione della direttiva europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. Stabilisce una serie di parametri al fine di garantire la salubrità e la pulizia delle acque, preoccupandosi di fissare i requisiti minimi. Nel caso del superamento dei parametri è previsto che l’azienda unità sanitaria locale (Asl) interessata proponga al Sindaco l’adozione degli eventuali provvedimenti cautelari per la salute pubblica.

Ed è la stessa norma a prevedere che l’Asl - qualora la fornitura di acqua si presenti come potenzialmente pericolosa - informi il sindaco affinché la fornitura sia vietata o ne sia limitato l’uso. La mancata comunicazione è ,infatti, qualificata come illecito amministrativo, ma attribuibile all’Asl e non al Sindaco che ha il potere-dovere di intervenire.

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