[07/04/2009] Urbanistica

Conti e Martini: il riformismo tra comitati e cementificazione

FIRENZE. Un bilanciamento tra le necessità di tutela (e quindi di regole con cui questa tutela possa agire) e quelle di semplificazione. Un equilibrio tra il rilancio dell’edilizia e la resistenza davanti ad un nuovo sacco del territorio. Un governo del territorio che non ha paura di pianificare, e che contrasta da una parte «la crisi senile di un tardo buro-ambientalismo», come lo chiama l’assessore toscano alle infrastrutture, Riccardo Conti, ma dall’altra si oppone anche ad una politica edilizia che, come ha annotato il presidente regionale Claudio Martini, «è diventata terreno di costruzione di strumenti per il consenso».

Questo bilanciamento altro non si chiama che “riformismo”: ed è stato questo il fulcro dell’incontro che ieri sera l’Associazione Viviani ha convocato a Firenze.

Da una parte i comitati, quindi, e dall’altra il Governo il cui ddl-delega, secondo Martini, altro non è che «lo spirito del decreto precedente, ma solennizzato ed infilato non più in un procedimento di 12 mesi, ma in una legge di fase». Un ddl «il cui disastro non è ancora stato evitato: lo potrà essere solo attraverso una mobilitazione analoga a quella dei giorni scorsi» e attraverso «la qualità delle leggi regionali, che al messaggio populista mandato da Berlusconi sappia rispondere con un messaggio altrettanto efficace: in realtà il disastro urbanistico in parte l’abbiamo evitato, ma non il disastro politico, il far pensare alla gente che il centrosinistra non sappia dare risposte all’attuale fase di crisi». E al populismo «non si risponde con l’antipopulismo, ma facendo evolvere la cultura in modo che dinamismo territoriale e tutela non siano più in contraddizione» e «integrando l’interesse pubblico con la libertà di movimento del privato».

Nel suo intervento, l’assessore Conti ha puntato il dito principalmente contro la politica dei comitati, vista come sostanzialmente analoga a quella del governo: il riferimento più aspro è stato per la definizione («una ferita alla cultura contemporanea del nostro paese») che Alberto Asor Rosa ha dato dell’intervento di riqualificazione di piazza Mino a Fiesole, da poco conclusosi. La querelle con i comitati è stata «il tempo uno della polemica politica, con l’obiettivo di attaccare il centro-sinistra toscano e con il “nemico” principale che è stato individuato nel Piano», cioè nell’attività pianificatoria stessa e nella sua centralità nel governo del territorio. Il «tempo due» della polemica ha invece investito anche altre regioni, e riguarda la politica edilizia che, almeno nella prima versione, il governo intendeva perseguire: una politica che Conti definisce basata sull’assunto «lacci, lacciuoli? Ma che discorsi», cioè su quel laissez-faire la cui degenerazione anarcoide costituisce oggi ambito centrale della piattaforma politico-ideologica berlusconiana.

Secondo Conti, entrambe le posizioni osteggiano lo «stesso nemico, e cioè l’idea che il territorio debba essere pianificato» ed è quindi agevole «individuare i punti di congiunzione tra un certo radicalismo da salotto e i teorici della de-regolamentazione, entrambi finalizzati a colpire lo stile progressista di governo del territorio». L’obiettivo indicato a breve termine dall’assessore, di concerto con Martini, è quello di «approvare contemporaneamente la legge edilizia, la trasformazione del Pit in codice del paesaggio, e la legge sugli affitti low-cost».

La linea generale del Pd toscano sull’edilizia, come ha ricordato anche il segretario Andrea Manciulli, intende superare l’attuale concezione, radicata in molti, della «Toscana come emblema dello staticismo». E, se il principio è giusto, occorre vedere come esso sarà applicato, e soprattutto se il Pd, nel perseguire il necessario sostegno al settore edilizio nell’attuale fase critica, riuscirà comunque a farlo senza scimmiottare l’ingordo sviluppismo del governo. E questo significa anche contrastare energicamente quella cultura, radicata in chi amministra attualmente il Belpaese, che il presidente dell’Inu Federico Oliva ha definito come ispirata al «messaggio negativo per cui il diritto di costruzione è legato al diritto di proprietà». Riportare, cioè, nel dibattito politico quel “senso del limite” che oggi appare scomparso e declinarlo anche, e soprattutto, nella politica territoriale e urbanistica, e – anche e soprattutto – in Toscana.

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