[06/04/2009] Aria

Abbiamo superato il picco delle emissioni di anidride carbonica

BARCELLONA (Spagna). Nel maggio 2008 si annunciava che la concentrazione di Co2 nell’atmosfera aveva raggiunto una cifra record a livello mondiale, 387 parti per milione (ppm) secondo le misurazioni realizzate dall’Osservatorio Mauna Loa, alle isole Hawai (USA). Questo significa un aumento del 30% in un secolo, a partire dalle concentrazioni di 300 ppm che Svante Arrhenius cominciò a descrivere nel 1895 nei primi articoli scientifici sull’aumento dell’effetto serra. Anzi, tra il 1970 e il 2000, la concentrazione è aumentata intorno al 1,5 ppm all’anno, però dal 2000 fino al 2007 la concentrazione media ha raggiunto i 2,1 ppm annuali. Dall’inizio del 2008 ci stiamo dirigendo a gran velocità ad una concentrazione di 450 ppm nei prossimi 30 anni. Anche se la crisi economica suppone un cambio di tendenza.

Nel mondo e per coincidenza anche in Spagna, il picco delle emissioni di CO2 si è avuto nel 2007. La concentrazione tuttavia continuerà ad aumentare (ma non tanto rapidamente) poiché le emissioni superano di molto la capacità di assorbimento degli oceani, dei suoli e della vegetazione. Secondo l’Ipcc dovremmo ridurla il più presto possibile almeno della metà di quelle attuali. Questo obiettivo è lontano dal traguardo però intanto è benvenuta la notizia che il picco delle emissioni è stato superato.

In Spagna
Le emissioni di gas serra sono cresciute nel 2007 di un 2,1% rispetto all’anno precedente, poiché la Spagna superava del 52,6% le emissioni del 1990, anno di riferimento del protocollo di Kyoto. Dovevamo crescere il 15% in meno della media europea invece siamo cresciuti del 52,6%. Le emissioni spagnole di Co2 diminuiscono invece nel 2008 e nel 2009 grazie alla crisi economica: il taglio della produzione nel settore elettrico, la riduzione del consumo di petrolio, l’aumento di energia eolica e la maggiore presenza di centrali a ciclo combinato, spiegano la diminuzione tra il 5 e il 6% delle emissioni del 2008. La produzione industriale è calata nel dicembre 2008 di un 9,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Si è prevista un calo di produzione di cemento in Spagna da 50 a 30 milioni di tonnellate all’anno.

La chiusura delle industrie ha portato alla fine del 2008 alla vendita massiccia dei diritti di emissione ricevuti gratuitamente dal governo in aprile, come da norme europee. La crisi ha prodotto un’abbondanza di crediti (certificati verdi). Per questo il “prezzo della CO2” in Spagna e a livello internazionale si è abbassato. Questo è un male per chi ha investito nella produzione di energia da fonti rinnovabili. Il governo dovrebbe restringere i diritti di emissione nel 2009.

C’è da notare che il mercato dei certificati verdi è un mercato totalmente artificiale e che l’offerta dei crediti dipende dalla volontà politica di diminuire le emissioni, non abbassandole al livello necessario ma entro quello della tollerabilità economica e politica.

In Spagna la riduzione totale delle emissioni può girare intorno al 6% del 2008. E si può rivedere che la diminuzione del 2009 si attesti oltre l’8% (sia per via della crisi economica che per il buon anno del settore idroelettrico).
Il governo spagnolo si precipitò nel 2008 nella decisione di acquistare dagli altri paesi europei (che ne avevano disponibilità) i crediti di emissione. Si chiamano “hot air” i permessi ottenuti dai paesi dell’est le cui economie tracollarono dopo il 1990 – e la cui efficienza energetica aumentò – dopo il cambiamento politico (Russia, Ucraina, Polonia…). Con le generose quote che a Kyoto nel 1997 ci siamo auto-aggiudicati come europei (in Spagna una riduzione del 15% rispetto al 1990) anche in Europa occidentale ed in Spagna si potrà quindi parlare di “hot air” se continua la crisi. Questo va contro lo sforzo continuo nella diminuzione delle emissioni.

Verso Copenhagen
Nel 2009 ci sarà una diminuzione del Pil negli Usa, nella Ue e nel Giappone. Negli Usa negli ultimi sei mesi del 2008 si è abbassato il consumo di gasolio non meno del 10%. Tra il 2008 ed il 2009 si può stimare una riduzione delle emissioni di questi paesi (che insieme arrivano al 50% del totale delle emissioni) del 5% all’anno. Questo è realmente alto in comparazione con gli obiettivi appena citati. Tuttavia né l’Ipcc né il Rapporto Stern né la Commissione Europea hanno previsto scenari (per un problema di censura mentale) della decrescita dell’economia mondiale durante gli anni a seguire, o almeno di stagnazione come in Giappone.

Le economie del Sudamerica che in epoca neoliberale furono represse, vocandosi all’esportazione di materie prime, stanno pagando adesso un prezzo molto alto. La loro crescita si è interrotta a causa della crisi. Se ci sarà un aumento di emissioni in Cina, quelle dell’India rimarranno proporzionate all’indice di crescita della propria economia, che sarà probabilmente del 5% nel 2009.

In India le emissioni di CO2 sono inferiori della media mondiale (con quasi il 20% della popolazione mondiale e meno del 5% di emissioni). In Cina le emissioni pro capite si assestano alla media mondiale. La discesa delle emissioni nei paesi ricchi non sarà compensata dall’aumento in Cina, India e altri otto paesi in via di sviluppo. Per questo si potrà osservare una decrescita delle emissioni mondiali.

Come sarà recepito questo fatto nella riunione sui cambiamenti climatici di Copenhagen a dicembre 2009? Si riconoscerà che è la crisi economica dei paesi ricchi che ha portato a questi effetti benefici? Si elogerà la decrescita economica dei paesi ricchi? Si accetterà un compromesso di maggiori riduzioni in futuro se si rimetterà in moto l’economia?

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