[06/04/2009] Monitor di Enrico Falqui

Crolli e macerie (1)

Nel giugno del 1984, Italo Calvino venne invitato a tenere ad Harvard sei lezioni, la cui particolarità consisteva nel fatto che la scelta del tema era totalmente affidata alla libertà dello scrittore.
Il contenuto di quelle lezioni, pubblicato nel 2000 da Mondadori col titolo “Lezioni americane”,è stato considerato da molti osservatori come il “testamento letterario”dell’autore, morto proprio poco tempo prima di completare l’opera.

In questo splendido testo, una coppia di autori, Lucrezio e Ovidio, incarnano il primo, l’unicità e il secondo, la molteplicità.
L’universo di Lucrezio è discontinuo ma padroneggiabile con la mente, mentre quello di Ovidio è un proliferare di forme concrete e definite.

La simbologia che deriva da queste due diverse “visioni dell’universo” è che la Materia è discontinua ed il Mito è continuo ma, tuttavia, entrambi possono essere sempre messi in relazione tra loro.

Gli eventi accidentali, qualunque sia la loro origine sono sempre stati considerati, fin dal tempo degli antichi Egizi, come “attori del Caos”, necessariamente produttori di discontinuità. L’evoluzionismo di matrice darwiniana è fondato proprio sulla capacità che questi eventi accidentali, se trovano applicazioni in nuove condizioni di impiego in natura, hanno modo di conservarsi,indipendentemente dai loro obiettivi iniziali.
Seguendo questo ragionamento, arriviamo a comprendere perché in architettura la presenza di un pensiero “evoluzionista” sia ancora, fino a questo momento, assente.

L’architettura si identifica, a partire da Vitruvio, col Mito e i fenomeni che generano un “ordine” e una “geometria” nella città, mai con il Caos ed i processi discontinui.

Tuttavia la città contemporanea, sia nella sua presente identità globale e complessa della metropoli, sia nella futuribile megalopoli di reti urbane comunicanti tra di loro, riproduce la necessità intuita nel linguaggio “letterario” da parte di Italo Calvino.
Materia (intesa come sistema di risorse, materie e flussi di energia ottenuti dalla natura) e Mito( inteso come arte-capacità dell’architettura di trasformare la città) devono essere sempre messi in relazione tra loro, riaprendo un dialogo interrotto storicamente con l’avvento della seconda rivoluzione industriale.

Le modifiche registrate nel tempo dell’architettura, per esempio quelle che percepiamo osservando l’evoluzione delle nostre città europee fino ad oggi, nascono spesso come “mutazioni accidentali” che hanno cause sia di tipo spontaneo, sia anche per effetto di strategie pre-ordinate di tipo speculativo o di investimenti finanziari non endogeni.

(continua)

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