[30/03/2009] Comunicati

La road map verso Copenhagen corre da Obama a Bonn

LIVORNO. L’annuncio del presidente Usa Barack Obama di voler organizzare due incontri tra le 16 maggiori economie planetarie, ad aprile a Washington ed a luglio a La Maddalena, per discutere le questioni energetiche e climatiche, è stato subito banalizzato dal nostro presidente del consiglio Silvio Berlusconi nella necessità di ripulire i muri dai graffiti e le strade dalle cartacce, quasi che la riuscita operazione politico-mediatica di Napoli potesse essere trasferita a livello mondiale, magari adattando lo spot sul volontarismo con bella donna procace che circola in questi giorni in Tv.

Quello che dice Obama è molto più complesso di uno spot pubblicitario governativo e parte da un riconoscimento che l´attivismo derl neo-presidente Usa ha in qualche modo offuscato: le politiche europee sul clima (il pacchetto 20-20-20 che l’Italia ha accettato malvolentieri ed ha cercato di frenare) sono attualmente più avanzate di quelle statunitensi e Obama cerca di recuperare rispetto al precedente atteggiamento Usa che ha bloccato l’adozione del trattato internazionale sul clima.

Non a caso il presidente Usa cerca di approfittare delle battute d’arresto e delle indecisioni di alcuni Paesi dell’Ue per prendere la testa della “green revolution” allargando il campo ai Paesi in rapida crescita, in particolare India e Cina, per creare «concrete iniziative e joint ventures per accrescere le forniture di energia pulita e tagliare le emissioni di gas serra», come si legge in un comunicato della Casa Bianca.

Va anche detto che l’iniziativa di Obama ricalca quelle di Bush che ha riunito un paio di volte le grandi economie per discutere (senza troppi risultati) di sicurezza energetica e cambiamenti climatici e che furono accusati da alcuni Paesi in via di sviluppo, da esponenti europei e da gruppi ambientalisti di essere un tentativo per eludere i veri negoziati globali sul clima messi in piedi dall’Onu e la road map di Bali verso Copenhagen.

Per il presidente della National wildlife federation, Larry Schweiger, i due meeting chiesti da Obama saranno utili per cercare un terreno comune tra i più grandi emettitori di gas serra del mondo e che saranno sicuramente più producenti di quelli di Bush: «E´ una questione di intenti. Credo che l´amministrazione Bush non ha mai avuto davvero intenzione di trovare una vera. Penso che questa amministrazione sia davvero impegnata a trovare una soluzione che riguardi tutti».

Le parole di Obama sono certamente un bel viatico per i Climate change talks dell’Onu iniziati ieri a Bonn (nella foto), la prima delle tre tappe finali che porteranno alla Conferenza mondiale di Copenhagen a dicembre che dovrebbe trovare un accordo ambizioso ed efficace sul post-protocollo di Kyoto nel 2012.

Il 2.000 scienziati, rappresentanti di governi ed imprese, Ong ed associazioni ambientaliste riuniti nella ex capitale tedesca, discuteranno fino all’8 aprile di come ridurre le forti divergenze che esistono sul modo migliore per lottare contro il global warming. Su come, quanto e quando ridurre le emissioni di gas serra e soprattutto su chi e come dovrà pagare i miliardi di dollari necessari per lottare contro I cambiamenti climatici e di come trasferire le tecnologie per farlo ai Paesi più vulnerabili e più poveri.

De Boer, il segretario esecutivo della Framework convention on climate change dell’Onu (Unfccc), ha detto che la «La rotta verso Copenhagen è in costruzione in modo intensificato ed i suoi costruttori sono molto impegnati per la sua riuscita».

Il meeting di Bonn prevede 5 sessioni di working group ad hoc sull’azione comune a lungo termine per la Convenzione (AWG-LCA 5) e la settima sessione del working group sugli impegni futuri delle parti ai sensi dell’annesso I del Protocollo di Kyoto (AWG-KP).

A Bonn si discuterà di un documento che descrive le aree di convergenza di idee e proposte dalle parti, esplora le opzioni per il trattamento delle aree di divergenza, e individua eventuali lacune che devono essere colmate riempite per il raggiungimento di un accordo efficace a Copenaghen. Il documento approvato servirà come base per il negoziato di Copenaghen e dovrà essere presentato ai prossimi Climate change talks che si terrà, sempre a Bonn, a giugno.

Un altro tema centrale del summit di Bonn quello della riduzione delle emissioni di CO2 che i Paesi industrializzati devono raggiungere entro il 2012 secondo gli impegni presi con la firma del protocollo di Kyoto. Il dibattito affronterà anche il tema di come migliorare il meccanismo dell’emissions trading, che nel Protocollo di Kyoto sono chiamate “project-based mechanisms” , e del trattamento, utilizzo, cambio di destinazione d’uso dei suoli e delle foreste .

I gruppi di lavoro AWG-LCA si concentreranno soprattutto sul: attuazione del Piano d’azione di Bali; conseguenze economiche e sociali delle risposte al climate change, opportunità e sfide per la mitigazione nel settore agricolo; azioni di mitigazione e riduzione delle emissioni verificabili e quantificabili a livello nazionale nei Paesi sviluppati e, nel contesto dello sviluppo sostenibile, nei Paesi in via di sviluppo.

De Boer ha sottolineato che «La vera costruzione dei negoziati è solo all’inizio, per parlare abbiamo avuto in realtà solo sei settimane di discussioni faccia a faccia, l’orologio di Copenhagen continua a ticchettare. Per questo la nostra mente deve rimanere costantemente concentrata. Dopo la prima tornata di discussioni a Bonn, avremo una consapevolezza molto migliore del fatto che i siano solide fondamenta per un accordo, ma anche se manca ancora l’input per trovare una soluzione concordata a Copenhagen»

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