[24/03/2009] Comunicati

Il colera nella Zambia colpita dalle alluvioni

LIVORNO. Lusaka, capitale della Zambia, sta affrontando una drammatica epidemia di colera che rischia di diventare incontrollabile con le forti piogge che l’hanno colpita nell’ultima settimana.
Secondo lo Zambia news and information service (Zanis) in città domenica scorsa sono stati registrati 27 nuovi casi di colera e la commissaria del distretto di Lusaka, Chritsah Kalulu, ha attribuito l’emergenza «alle piogge continue che sono cadute sulla capitale in questi ultimi giorni. 102 casi di colera sono attualmente segnalati nei due centri di cura della capitale. Il cambiamento insolito del livello delle piogge ha un impatto negativo sulle condizioni sanitarie della maggior parte delle zone del distretto».

Per cercare di limitare i danni si stanno ispezionando le cisterne d’acqua che sono state installate nelle bidonville colpite dal colera e il governo distribuisce acqua potabile con la collaborazione di Ong e leader comunitari.

Lo Zanis riferisce anche della «situazione devastante» prodotta dalle inondazioni nella parte occidentale del Paese. Il vice-ministro alla presidenza della Zambia, Guston Sishilima, ha detto che «La situazione esige un’attenzione urgente per alleviare le sofferenze della popolazione locale. Il governo lavora senza sosta insieme alle altre parti interessate per attenuare i danni causati dalle inondazioni».

Le alluvioni, le peggiori dal 1969 nella West Province della Zambia, hanno inondato 49 scuole, distrutto circa l’85% delle risaie ed il 45% dei raccolti di mais, colpendo duramente 1.500 famiglie.

Il colera, probabilmente tracimato da quel buco nero di miseria e malattie che è diventato lo Zimbabwe di Robert Mugabe, è arrivato anche a sud di Lusaka, portato dalle piogge, facendo una prima vittima a Matinangala, vicino al capoluogo regionale di Siavonga, dove domenica c’erano già 6 casi di colera, attribuibili tutti «a delle cattive condizioni igieniche ed all’insalubrità dell’acqua delle sorgenti».

Intanto, nel nord del confinante Mozambico sta accadendo qualcosa di incredibile: la Croce Rossa mozambicana ha deciso di non fornire più nessun servizio nella provincia di Nampula dopo la morte di due volontari, uccisi da membri di comunità locali che li accusavano di diffondere deliberatamente il colera.

Fernanda Teixeira, segretaria della Cr del Mozambico, ha spiegato all’agenzia stampa dell’Onu Irin che «A Nampula, il tasso di prevalenza del colera e il tasso di mortalità associato a questa malattia sono tra i più elevati, la nostra strategia di trattamento e prevenzione consiste nel depurare le riserve d’acqua ed i pozzi contaminati. Quando una delle vittime del colera del villaggio di Quinga è morta poco dopo la decontaminazione di un pozzo con il cloro, i suoi parenti all’interno della comunità locale sono diventati furiosi. Hanno immediatamente concluso che la Croce Rossa, mentre metteva il cloro, propagava il colera nei pozzi».

I due lavoratori della Croce Rossa sono stati uccisi il 26 febbraio nella regione di Mogincual, una delle più povere del Mozambico, ma è stato solo l’inizio di una vera e propria follia culminata in una specie di medioevale caccia all’untore: una settimana dopo il panico scatenato dal colera e dall’ignoranza si è propagato nelle vicine regioni di Angoche e di Moma, due poliziotti sono stati trucidati perché cercavano di impedire l’assalto ai dispensari sanitari e 7 volontari della Croce Rossa sono finiti all’ospedale .

Eppure, come spiega la Teixeira, «L’équipe di volontari che conduce le nostre attività in villaggi come Quinga è composta da abitanti della regione che hanno passato pressoché tutta lo loro vita in quei villaggi. Sono conosciuti nelle comunità dove lavorano. Dopo due settimane dallo scoppio dei disordini per il colera, siamo stati costretti a cessare tutte le nostre attività sanitarie a Nampula, fino a che la situazione non ritornerà alla normalità».

Secondo Leonardo Antonio Chavane, direttore nazionale aggiunto del ministero della sanità di Maputo, le violenze si sono scatenate per tre ragioni: «Primo, una mancanza di informazioni e di conoscenza; secondo, una cattiva comprensione da parte della comunità dei messaggi sanitari comunicati dalle autorità pubbliche; terzo, potrebbe essere… da fattori politici». L’epidemia sta infatti aumentando le distanze tra il nord ed il sud del Mozambico più “ricco” e sviluppato.

La difficoltà, in un’aria segnata da una profonda miseria e dall’analfabetismo che sono cibo per la superstizione, è quello di far capire alla gente cosa succede. «Questo ci dice che dobbiamo prendere contatto, prioritariamente, con i dirigenti locali – sottolinea Chavane – Sono gli interlocutori più importanti per poter prendere decisioni su scala locale. Se le autorità pubbliche, i lavoratori della sanità come quelli della Croce Rossa e i leader delle comunità si uniscono, riusciremo a far passare il nostro messaggio».

Intanto però la situazione del colera in Mozambico è diventata drammatica, dall’inizio di gennaio al 10 marzo si erano registrati 11.883 casi di colera e 112 decessi. Nel 2008 il colera aveva colpito più di 14 mila persone e ne aveva uccise almeno 128, soprattutto nelle province del nord, più povere, umide e confinanti con il focolaio di infezione dello Zimbabwe.

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