[23/03/2009] Urbanistica

Tutela, progetti e partecipazione

PISA. Le polemiche vaganti sugli effetti negativi per l’ambiente di taluni interventi in varie parti della regione sembrano ora avvitarsi sempre più intorno al quesito se si sta dalla parte del sì o del no. Da qui ne discenderebbe l’appartenere allo schieramento di chi vuol fare o di chi al contrario dicendo sempre no non vuol fare un tubo.

Ci vuol poco –almeno a me sembra- a capire che questa più che una raffigurazione obiettiva è una caricatura di una situazione che richiede una sempre più complessa valutazione dei si e dei no a scelte oggi più delicate e difficili. D’altronde che per questa via non si va lontani lo conferma il ministro dell’ambiente che si vanta di avere detto si a tre gassificatori bloccati dal suo predecessore mentre dice si pure al ponte sullo stretto e continua poi imperterrita dire no –anzi nemmeno rispondere- a tutta una serie di questioni urgenti come i finanziamenti ai parchi e molto altro ancora. Si potrebbero fare molti esempi. Non basta, infatti, dire si all’eolico o alle biomasse o al solare se poi non sappiamo ricercare sulla scala giusta la misura e i caratteri degli interventi per evitare effetti collaterali talvolta pesanti.

Bisogna perciò fare ma non ´a bischero sciolto´ e soprattutto riuscendo a evitare –ecco il punto- una polverizzazione, frantumazione degli interventi che devono poter essere valutati in rapporto anche ad altri aspetti e nell’ambito di più vaste dimensioni. Va bene ed è sacrosanta la dimensione locale che deve però per acquisire forza e legittimazione sapersi misurare e raccordare con la realtà di ambiti sovracomunali, provinciali e regionali più di quanto avvenga oggi.

Se vogliamo dirlo diversamente e in maniera più chiara oggi serve una maggiore capacità di programmazione degli interventi a tutti i livelli. Perché tutta una serie di vicende che hanno alimentato in Toscana roventi polemiche da Monticchiello a Castelfalfi, da Capalbio a Montespertoli da cui pure sono emersi problemi diversi –ultimo quello sollevato a Montespertoli dal giudice- che ha parlato di normativa regionale estremamente confusa che sarebbe in larga misura alla base del ‘caso’, non sembrano avere avuto sempre il seguito che ci si sarebbe potuti aspettare. In Val d’Orcia, tanto per fare un altro esempio, non mi pare si sia provveduto a prendere atto della assurdità di quell’ANPIL mostruosa che non ha certo bisogno di una nuova legge regionale per essere sbaraccata.

Ma possiamo richiamare altre situazioni riguardanti lo stato dei nostri fiumi nel momento in cui si ripropone nel mondo la questione della gestione delle acque e così via per vedere che denunce anche recenti dell’IRPET non sembrano interessare più di tanto quasi che i problemi fossero solo idraulici mentre sappiamo che non è così perché basta guardare come sta la valle dell’Arno per capire che anche l’autorità di bacino cose da fare ne ha molte specie in campo ambientale.

La regione Toscana è tra le non molte che si è dotata da poco di una legge sulla partecipazione volta a promuovere iniziative autonome dei cittadini e dei soggetti sociali per incentivare procedure di coinvolgimento per produrre decisioni basate sul consenso. Decisioni appunto che hanno senso se si muovono in quell’orizzonte non pulviscolare che dicevamo. Da qui l’esigenza si metterla a frutto non solo ‘dopo’ che in questo o quel comune esplode un caso che fa notizia. Ho citato i bacini e posso aggiungere avendo partecipato recentemente ad Aulla ad un convegno di Legambiente sulle ANPIL del Magra che sarebbe interessante mettere insieme enti e soggetti vari delle due sponde che riguardano due regioni ed un unico bacino ma dove sul versante ligure opera una parco regionale quello di Montemarcello- Magra mentre da ‘noi’ no.

Ecco perché non basta giocare in difesa e intervenire quando scoppia la grana, converrebbe promuovere preventivamente iniziative che facciano anche del PIT non solo un voluminoso documento spesso ignorato ma qualcosa di più calato nella realtà.

Andrea Carandini fresco di nomina ai beni culturali ha dichiarato -denunciando i rischi del piano casa- che in Italia è tutelato il 47% del territorio nazionale. Ma nel Trentino è il 96% e in Puglia il 19% e pochi sono i piani paesaggistici approvati. Le aree protette sono incluse? E’ singolare il riferimento alla tutela dei piani paesaggistici e non anche a quelli dei parchi che pure alla tutela paesaggistica hanno dedicato sicuramente più piani di tutti gli altri soggetti. Perdura inoltre il silenzio sul nuovo codice dei beni culturali che ha sottratto la tutela del paesaggio ai parchi; con quali vantaggi qualcuno prima o poi dovrà pur dircelo.

Come si vede il piatto dei problemi sicuramente non piange ma bisognerà proprio per questo riuscire a dare un senso più compiuto e meno casuale ad un dibattito in cui ogni giorno una questione prende il posto di un’ altra senza che sia chiaro che fine ha fatto la prima. Così non si programma ma si alimentano soltanto fuochi fatui di cui presto si perdono anche le tracce come a Monticchiello.
Per evitarlo non basta seguire le vicende più o meno ballerine dei comuni se si continua ,ad esempio, a non tirare mai in ballo i piani territoriali di coordinamento delle province che sotto questo profilo sembrano già state abrogate. Se i PTC fanno la fine dei piani dei parchi di cui nessuno parla prendersela poi sulle cavolate servirà a poco.


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