[23/03/2009] Parchi

La posidonia tra necessità di salvaguardia e rischi di degrado

PORTOFERRAIO (Livorno). Nei giorni scorsi abbiamo presentato i primi risultati di una ricerca del Laboratorio di zoologia e biologia marina dell’Università di Torino (Lbmt) diretto dalla Prof.ssa Daniela Pessani che per tre anni ha visto impegnati i ricercatori nelle acque dell’Elba. Ne parliamo oggi più diffusamente con uno di loro, Nicola Nurra.

Come nasce la scelta dell’Elba come base per la realizzazione di queste ricerche?
Risposta fin troppo facile se solo affermassi che la scelta, in quanto elbano, é stata dettata dalla volontá di approfondire le conoscenze dell’ambiente marino nel quale sono cresciuto. In realtá l’Elba dal punto di vista biogeografico rappresenta quella che viene chiamata una zona di transizione tra due settori biogeografici (Mar Ligure - Alto Tirreno), ovvero un’area di particolare interesse sottoposta a differenti regimi di correnti, salinitá, temperatura e densità delle acque. Complessivamente infatti il progetto di ricerca ha previsto anche lo studio di alcuni siti della Liguria orientale, al fine di operare un confronto oggettivo sullo stato di conservazione e la biodiversitá di questo settore settentrionale del Mar Mediterraneo. Infine da non trascurare nella realizzazione del progetto il contributo logistico ed i mezzi messi a disposizione dalla Lega Navale sezione Portoferraio con la quale il Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università di Torino ha stipulato una convenzione della durata di tre anni.

Capo Stella - Margidore e Le Ghiaie non sono quindi scelte casuali.
Nonostante la vicinanza i due siti di studio appartengono come accennato a due settori biogeografici differenti, sono sottoposte a differenti regimi di correnti ed idrodinamismo ed entrambe ospitano un vasto insediamento di P. oceanica; tuttavia sono, come noto, sottoposti a differente regime di tutela, ovvero Le Ghiaie rappresenta un’area di Tutela Biologica (giá dal 1971 e tra le prime ad essere istituite in Italia) mentre Capo Stella - Margidore é stata recentemente indicata come possibile Zona A (nell’estremitá meridionale del promontorio) nella futura istituzione dell’AMP Arcipelago Toscano che auspico possa trasformarsi in tempi brevi in realtá, ma allo stato attuale non è prevista alcuna forma di tutela a mare.

Ma perché tanta attenzione per la posidonia? Ormai non è più che studiata?
Le praterie di P. oceanica all’Elba sono state in questi anni oggetto delle attenzioni delle Amministrazioni locali e al centro di numerose polemiche più per il potenziale “danno” al turismo provocato dalle foglie spiaggiate sui litorali ed il loro successivo stoccaggio che per il ruolo determinante e fondamentale che esse svolgono nel delicato equilibrio della fascia costiera. Conservare e tutelare la pianta (in direttiva habitat e quindi specie protetta ed habitat prioritario) significa assicurare lo stato di salute delle acque, il consolidamento dei litorali, l’arresto o il rallentamento dell’erosione costiera che affligge molti litorali elbani e toscani in generale, senza dimenticare ovviamente il ruolo della pianta come nursery naturale ovvero luogo d’elezione per la riproduzione, la crescita e lo sviluppo di numerosi pesci, crostacei e molluschi (cefalopodi) anche di interesse economico e dai quali dipende la pesca a piccola scala e non solo. Stiamo parlando dell’endemismo più caratteristico del Mar Mediterraneo e del più importante ecosistema marino costiero.

Quali sono stati gli scopi principali delle ricerche?
Naturalmente obiettivo prioritario delle ricerche è stato quello di stabilire lo stato di conservazione delle due praterie di P. oceanica elbane attraverso indagini strutturali, geomorfologiche ed ecologiche realizzate in immersione subacquea con i colleghi del Laboratorio. Successivamente abbiamo concentrato le indagini sulle comunità animali associate alla prateria, soprattutto quelle in grado di descrivere la diversitá ecologica ed il grado di biodiversitá dei due siti unitamente a quelle potenzialmente bioindicatrici dello stato di conservazione dell’ambiente marino. Personalmente mi sono occupato della malacofauna (Molluschi Gasteropodi e Bivalvi), ma abbiamo realizzato uno studio faunistico anche su Policheti (Vermi marini) e Crostacei Decapodi (granchi, paguri e natanti in genere - gamberi).

Parliamo dei risultati raggiunti.
I risultati sono molto soddisfacenti e delineano in entrambe i siti di studio uno stato di conservazione complessivamente buono. Tuttavia esistono differenze evidenti tra l’insediamento portoferraiese e quello del versante meridionale dell’Isola, sia a livello ecologico-strutturale in relazione alla prateria, sia considerando la biodiversitá presente. Le Ghiaie grazie all’istituzione della Zona di Tutela Biologica gode di un ambiente che, dal punto di vista strettamente ecologico, é assolutamente eccellente ed altamente conservato. I parametri registrati (es. densitá di piante per metro quadrato di superficie, % di copertura del substrato ecc...) hanno confermato trattarsi di un sito dalle caratteristiche uniche. Basti pensare che ad oltre - 30 m, profonditá alla quale è collocato il cosiddetto limite inferiore della prateria, tendenzialmente il settore piú sensibile ai fattori abiotici di disturbo (inquinamento, torbiditá delle acque, infangamento, diminuzione della trasparenza, pesca, ancoraggi) ha mostrato segni di progressione, segnale che testimonia la possibilitá che la prateria possa, a medio termine e compatibilmente alla velocitá di accrescimento, colonizzare porzioni di substrato sabbioso ancora scoperte. Ció fornisce importanti indicazioni sulla trasparenza delle acque (eccellente) e dei sedimenti (anche inquinanti) disciolti in esse. Attualmente in tutti i settori del Mediterraneo pochi insediamenti a Posidonia possono vantare gli stessi parametri ecologici, soprattutto in considerazione del fatto che l’area è ampiamente godibile da parte di tutti elbani e turisti e con minimi, ma fondamentali vincoli di tutela.

E Capo Stella?
La prateria di Capo Stella copre un’area estesissima di circa 60 ettari che occupa gran parte del Golfo Stella, presenta un buono stato di conservazione soprattutto nella fascia centrale del posidonieto, (circa a - 15, - 20 m), ciononostante a differenza di Le Ghiaie presenta alcuni evidenti segnali che suonano come un campanello di allarme per coloro che studiano le dinamiche evolutive delle praterie. Faccio due semplici esempi di condizioni evidenziate a Capo Stella: la fascia superficiale della prateria mostra segnali da danneggiamento provocato dall’intensa attività diportistica estiva. Le frequenti manovre di alaggio e salpo delle ancore, anche di piccole imbarcazioni provocano l’asportazione di interi blocchi di matte, il terrazzo biologico autocostruito sul quale poggia la prateria. L’effetto diretto è la frammentazione della prateria e quindi dell’habitat, che in tempi brevi puó determinare l’indebolimento e la perdita di intere porzioni di prateria con ripercussioni negative su tutte le innumerevoli catene trofiche relazionate all’ecosistema posidonia. Sul fronte opposto, in corrispondenza cioè del limite di sviluppo inferiore del posidonieto collocato a circa - 33 m l’andamento della prateria di tipo regressivo testimonia una condizione di sofferenza attribuibile al progressivo aumento della torbiditá delle acque che quindi riduce la penetrazione della luce e la capacitá fotosintetica della pianta, costringendola a ritirarsi verso costa. Molteplici cause concorrono all’aumento della torbiditá prima fra tutte gli scarichi civili riversati nelle acque senza aver subito il processo necessario di depurazione.

Quali sono le possibili soluzioni per arrestare questi fenomeni?
Fermo restando che personalmente ritengo, come testimoniato non solo nel Mediterraneo ma in tutti gli Oceani del pianeta, che la migliore forma di tutela e salvaguardia dell’ambiente marino costiero sia l’istituzione di Aree Marine Protette, altre misure possono essere adottate per conservare la biodiversitá marina. Per esempio la proposta di istituire campi con boe cosiddette “intelligenti” a basso impatto ambientale, formula ampiamente giá sperimentata ed adottata con successo in numerosi siti mediterranei (Porquerolles, Parco Nazionale dell’Arcipelago delle Isole di Hyeres - Francia, Isole Baleari e Comunitá Valenciana - Spagna, Isola di Zacinto - Grecia) per citare solo alcuni tra i siti piú conosciuti, può effettivamente ridurre a zero il fenomeno dell’erosione da danno meccanico. Alcuni anni fa proponemmo alla Regione Toscana un progetto finalizzato alla realizzazione di un campo boe sperimentale nelle acque dello Scoglietto, di fronte a Le Ghiaie, area notoriamente riconosciuta come ad elevato contenuto naturalistico e faunistico, meta di numerosissime imbarcazioni da diporto, nonché visitata annualmente da centinaia di subacquei e compresa nell’area di Tutela Biologica. Purtroppo la Regione non ritenne di intervenire finanziariamente e non si realizzò il progetto, ma i risultati di migliaia di ancoraggi sono oggi visibili lungo tutto il perimetro dell’isolotto portoferraiese. Altro intervento che in parte può arginare il problema del depauperamento delle praterie di Posidonia può essere rappresentato dall’istituzione di SIC (Siti di Importanza Comunitaria), strumento oggi indicato dall’Unione Europea come il più idoneo a valorizzare e proteggere la biodiversitá della quale la stessa UE si propone di ridurre drasticamente la perdita entro il 2010. Naturalmente l’istituzione di un SIC (all’Elba solo Capo Enfola lo è) non è sufficiente a garantire un adeguato livello di conservazione dell’ambiente, come testimonia lo stato nel quale versano alcuni SIC liguri che il nostro Laboratorio monitora con attenzione e periodicamente da oltre trenta anni.
Credo infatti che protezione e conservazione siano concetti molto vicini fra loro, spesso considerati intercambiabili; la protezione tuttavia ha una connotazione piú statica della conservazione. Quest’ultima infatti esprime di fatto un concetto più dinamico che implica la gestione, tiene conto di altri ecosistemi, include il rapporto tra ambiente e uomo ed esprime decisamente un concetto più esteso di protezione a livello locale. E’ quindi il risultato sinergico tra comunità scientifica come soggetto proponente la protezione e il legislatore, soggetto garante, a definire la gestione della fascia costiera e la sua conservazione nel tempo. In pratica non si può pretendere di proteggere l’ambiente solo istituendo aree di tutela se poi queste ultime vengono abbandonate o mal gestite. Il monitoraggio scientifico ed il controllo delle autorità competenti è non solo necessario ma determinante.
Da non trascurare il coinvolgimento dell’opinione pubblica che a mio avviso non deve avere la percezione che il vincolo di tutela sia necessariamente una privazione della libertà di continuare a godere di un ambiente incontaminato. Le Ghiaie è senza dubbio l’esempio concreto di come la gestione e la responsabilizzazione di tutti possa produrre a medio e lungo termine un giusto equlibrio: resta chiaro che questo non può e non deve rimanere un fenomeno isolato, il concetto di Riserva è superato. Rimango tuttavia amaramente sorpreso tutte le volte che di fronte alla Carta delle Aree Marine Protette in Italia mi rendo conto che la Toscana è ancora l’unica Regione tirrenica a non possedere un’AMP, nonostante un’Arcipelago tra i più estesi d’Italia e con la maggiore delle Isole minori. Qualcuno sa spiegarmi perchè?

Prospettive future?
In questo momento stiamo proseguendo le nostre ricerche all’Elba proprio nell’unica area SIC, il promontorio di Capo Enfola, sia nel versante settentrionale sia su quello meridionale. Siamo già a conoscenza dello stato di conservazione delle praterie ed in questa fase stiamo elaborando i risultati dei campionamenti faunistici realizzati in tutta l’area. L’estate prossima saremo quindi in grado di rendere pubblici anche questi risultati e ci auspichiamo che le Amministrazioni locali ed il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano mostrino interesse e si prodighino per organizzare magari una giornata dedicata al mare elbano durante la quale sottoporre all’opinione pubblica i risultati delle nostre ricerche e di coloro che vorranno apportare testimonianze dirette della loro esperienza. Naturalmente mi permetto di sbilanciarmi, affermando che in questo caso incontreremo l’appoggio appassionato che come sempre ha manifestato Legambiente Arcipelago in tutti questi anni e la sensibilità verso ogni tematica ambientale terrestre e marina che coinvolga il territorio elbano e quello delle altre isole dell’Arcipelago.

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