[17/03/2009] Acqua

Canone di concessione delle acque minerali: regna il caos

FIRENZE. Legambiente ed Altreconomia in un dossier presentato oggi a Milano, in vista della giornata mondiale dell’Acqua del 22 marzo, hanno analizzato al microscopio il mondo delle acque minerali e messo in evidenza il caos che lo governa. Alcuni dati forniti nel rapporto parlano chiaro: gli italiani, sempre e comunque, continuano a preferire l’acqua in bottiglia. Nel 2007 ne hanno consumata ben 12,4 miliardi di litri, (196 litri pro-capite all’anno) che pongono l’Italia al vertice in Europa per questa tipologia di consumo e al terzo posto al mondo, dopo Emirati Arabi (260 l/anno procapite) e Messico (205). Non importa se l’acqua in bottiglia costa mediatamente mille volte di più di quella che esce dal rubinetto (0,5 millesimi di euro al litro contro i 50 centesimi di euro al litro per quella in bottiglia); non importa se l’acqua incide solo in minima parte sul costo finale alla vendita, meno del 10%, come dimostrano anche le stime dell’Eurispes, mentre il restante 90% è suddiviso tra imballaggio, trasporto, costo del lavoro, pubblicità. Nonostante la crisi economica gli italiani continuano a preferire l’acqua confezionata e parallelamente il volume di affari delle società imbottigliatrici (192 fonti e 321 marche) in Italia cresce in modo considerevole: nel 2007 ha raggiunto la cifra considerevole di 2,25 miliardi di euro.

Su questo punto si concentra in modo particolare l’iniziativa di Legambiente ed Altreconomia che osservano come i canoni di concessione pagati dalle aziende alle regioni o alle province, sono a dir poco irrisori e regolati in alcuni casi addirittura dal Regio decreto del 1927. Sicuramente questo è possibile per una carenza normativa dato che non esiste una legge nazionale e ciascuna amministrazione decide a piacimento. «Il canone corrisposto alle Regioni - ha sottolineato il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani - oltre a non essere uniforme in tutto il Paese è in genere risibile e non considera tutti i costi connessi all’attività di imbottigliamento, trasporto e consumo dell’acqua minerale. E’ assurdo pensare poi che la stessa risorsa idrica costi in Puglia solo 1 euro per ciascun ettaro di concessione, indipendentemente da quanta ne viene prelevata, e in Veneto 3 euro ogni mille litri imbottigliati oltre a 580 euro circa per ciascun ettaro. E’ quindi necessario che tutte le Regioni italiane inadempienti- conclude Ciafani- adeguino immediatamente la normativa regionale ai canoni previsti dal documento di indirizzo della Conferenza delle Regioni del 2006, che prevede i costi minimi e massimi in cui devono rientrare le concessioni di acque minerali in base ai litri imbottigliati o agli ettari».

Il citato “Documento di indirizzo delle regioni italiane in materia di acque minerali naturali e di sorgente” del 2006, prevede la determinazione del canone anche in base ai principi di tutela e valorizzazione della risorsa idrica e in considerazione dell’impatto delle attività di prelievo e imbottigliamento dell’acqua sui territori in cui vengono rilasciate le concessioni e propone i seguenti criteri come riferimento per la definizione del canone: da 1 € a 2,5 € ogni mille litri o frazione di imbottigliato; da 0,5 € a 2 € ogni mille litri o frazione di emunto; almeno 30 € per ettaro o frazione di superficie concessa. Nel dossier viene dettagliatamente fotografato il meccanismo di pagamento del canone regione per regione. In Toscana, è in corso di pubblicazione la nuova legge regionale in materia (in realtà si tratta della LR.38/2004 ma dovrebbe entrare in vigore a breve), in cui saranno inseriti i canoni in funzione dei metri cubi imbottigliati ogni anno (in un intervallo compreso tra 0,5 e 2 euro ogni mille litri). Ma anche se ci sono situazioni più virtuose di altre, Legambiente ed Altreconomia sottolineano come all’interno del lavoro di revisione dei canoni di concessione per l’imbottigliamento dell’acqua andrebbero rivisti anche gli importi, commisurandoli all’elevato valore della risorsa idrica e all’impatto che causano le attività di imbottigliamento, trasporto dell’acqua minerale e smaltimento della plastica successiva al consumo, prevedendo anche una forma di compensazione ambientale, vincolando parte degli introiti ricavati dai canoni stessi.

«Chiediamo alla Conferenza delle Regioni di rivedere, come previsto dal documento stesso almeno ogni due anni, il criterio unitario definito nel 2006, aumentando i canoni, stabilendo, come già fatto per la superficie in concessione, non un intervallo ma una cifra minima di almeno 2,5 € per il metro cubo imbottigliato o emunto, definendo un criterio di penalità per chi utilizza le bottiglie di plastica e di premialità per chi attua il vuoto a rendere del vetro. Non sarebbe un gran salasso per le aziende imbottigliatrici- concludono Legambiente ed Altraeconomia- considerando che la spesa totale annua ammonterebbe a 31 milioni di euro a fronte di un giro di affari di 2,25 miliardi di euro». Ma l’acqua minerale risorsa pubblica fino a che si trova in falda diventa prodotto che sta sul mercato quando viene imbottigliata. A questo punto il cittadino può incidere sulla “filiera” regolando il mercato e salvaguardando la risorsa, semplicemente superando le diffidenze verso le acque del rubinetto. Per questo è necessario promuovere sempre di più l’uso dell’acqua del “sindaco”, perché è buona dal punto di vista organolettico (nella maggior parte dei casi), economica, controllata, sicura e non inquina. Questi sono i motivi per cui Legambiente e Altreconomia promuovono insieme l’acqua del rubinetto in tutta Italia, nelle case e nei pubblici esercizi con la campagna “Imbrocchiamola” (www.imbrocchiamola.org)

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