[16/03/2009] Rifiuti

La gestione dei rifiuti, la complessità e le rappresentazioni miracolistiche

MILANO. Qualche osservazione sull’intervento di Roberto Pirani iospitato alcuni giorni fa sul vostro giornale. Ci sono molte buone ragioni a favore di un sistema di gestione dei rifiuti che faccia centro su efficaci raccolte differenziate e sul riciclo industriale o agronomico delle sostanze recuperate. Io credo però, che non facciamo un buon servizio all’obbiettivo di minimizzare e azzerare i rifiuti che non rientrano in un ciclo produttivo se neghiamo qualsiasi problematicità anche nel recupero dei rifiuti, se vediamo complotti e contiguità nelle opinioni diverse, se neghiamo qualsiasi utilità o necessità anche di altri trattamenti, incluso quello energetico, se non riconosciamo il danno della jacquerie anti-impianti scatenata in Campania e sopportata dalle tasse di tutti i cittadini italiani.

Nel 1986 feci uno studio per la regione Toscana sulle nuove forme di raccolta differenziata (credo sia stato uno dei primissimi in Italia). Si raccontavano le esperienze – soprattutto tedesche – di raccolta domiciliare delle frazioni secche e dell’organico. Si scriveva che con questi sistemi era possibile arrivare al 40-60% di recuperi e che un recupero teorico era fattibile fino a circa l’80% dei rifiuti. Lo studio raccolse un po’ di consensi ma suscitò anche molto scetticismo e persino qualche ilarità. Erano più di venti anni fa. Oggi sappiamo che l’ilarità che era fuori luogo. Si può fare. Al tempo stesso io so che ci sono anche dei problemi.

Ad esempio credo che non sia insensato cercare anche – soprattutto in alcuni centri urbani (penso alle periferie dei maggiori centri toscani fatti di grandi condomini) – forme miste tra raccolta stradale e raccolta domiciliare. Se non altro come modalità di transizione e di “acclimatamento” ad abitudini nuove e per le quali la conformazione urbanistica dei luoghi non è certro vocata. Saranno raccolte meno efficaci delle raccolte domiciliari classiche, è vero, ma forse saranno comunque un grande passo in avanti, con una mitigazione dei costi, dei fabbisogni organizzativi, dei malumori sociali.

Così è per il recupero energetico. Ha ragione Pirani quando critica le rappresentazioni miracolose dell’incenerimento e denuncia lo spreco di risorse economiche del vecchio Cip6. Ma anche qui la storia è un po’ più complessa. Un buon impianto di recupero energetico da rifiuti, può essere competitivo (ambientalmente) anche con un impianto a gas: se in cogenerazione le emissioni aggiuntive, rispetto ad un ciclo a gas, sono nell’ordine di ca. 0- 100 g/kWh in funzione del recupero termico. La generazione di residui solidi da un impianto di recupero energetico può essere minimizzata (a meno del 10% dell’input) recuperando (lo si fa già in Italia) la componente metallica e inerte da scorie e sali sodici. E anche sotto il profilo economico, con la vendita di energia e certificati verdi per la sola quota di energia davvero rinnovabile (quella dalle matrici cellulosiche, in buona sostanza), un buon impianto di incenerimento ha costi forse superiori ma comparabili a quelli di una nuova discarica.

* direttore di Ambiente Italia

Torna all'archivio