[13/03/2009] Comunicati

La Cina ritira fuori il socialismo di mercato e detta le condizioni della riforma del Fmi

LIVORNO. Si è chiusa oggi una difficile sessione dell’Assemblea popolare nazionale (Apn) che per la prima volta da trent’anni si trova a fare i conti con una crisi economica interna e il primo ministro Wen Jiabao (nella foto) ha convocato una conferenza stampa finale che si è rivelata lunga e con domande insolitamente difficili per l’alto mandarino comunista che comunque ha riaffermato che «La Cina non rallenterà ma accelererà la riforma del suo sistema economico e politico per lottare contro la crisi finanziaria globale. E’ solo così, superando gli ostacoli istituzionali che potremo assicurare l’applicazione di tutte le misure».

Davanti ai giornalisti Wen ha tirato fuori un ossimoro che negli ultimi tempi si era sentito risuonare poco nelle stanza del potere cinese: «migliorare il sistema dell’economia di mercato socialista».

E a chi si sognava che liberismo significasse anche democrazia all’occidentale il primo ministro cinese ha ribadito che «svilupperemo la democrazia socialista per assicurare la libertà ei diritti del popolo e praticheremo la riforma del nostro sistema giudiziario per promuovere l’uguaglianza e la giustizia» che a dire il vero ormai dovrebbero essere cosa assodata, a 60 anni dalla rivoluzione maoista.

Poi Wen ha indossato i panni del terzomondista e ha mandando a dire ad americani ed europei che «L´assistenza ai Paesi in via di sviluppo, soprattutto da parte dei Paesi sviluppati, deve essere messa al centro della prossima riunione del G20».

Il vero cruccio (e pericolo) del premier cinese è però che «la Cina avrà difficoltà a realizzare una crescita economica dell’8% nel 2009», ma che sarebbe possibile con degli «sforzi considerevoli», ma intanto la disoccupazione sta crescendo velocemente a livelli sempre più allarmanti (anche se qui le cifre ufficiali non arrivano…).

Questo obiettivo, che rappresenta la “soglia di rischio”, è «l´impegno e la responsabilità del governo che da prova di fiducia e speranza» di fronte alla crisi finanziaria mondiale. «E’ come se noi avessimo bisogno di una bussola per sapere dove ci dirigeremo e quando arriveremo a destinazione».

Wen Jiabao ha enumerato tre vantaggi dei quali la Cina può beneficiare: una popolazione di 1,3 miliardi persone, di cui 900 milioni di residenti rurali, «La Cina possiede un mercato interno più grande di quello dell’Europa e degli Usa se si considera l´importanza della sua popolazione e le zone che copre»; La Cina possiede reserve di manodopera e di talenti «Anche se la Cina attraversa una situazione difficile sul piano dell’occupazione, è un fattore importante per il suo sviluppo a lungo termine»; il settore finanziario cinese è «sano e stabile» grazie alle riforme avviate da Deng Xiao Ping «ed ha offerto un grande sostegno allo sviluppo economico del Paese».

Nonostante questo Wen Jiabao si è lamentato perché il Piano di rilancio da 585 miliardi di dollari del governo cinese sarebbe stato parzialmente incompreso dal mondo e così «Voci e malintesi hanno causato il calo delle borse mondiali»

Il Piano del governo comunista è composto di quattro parti: grandi spese Statali; ristrutturazione e reindirizzamento industriale; ricerca scientifice e miglioramento del tenore di vita del popolo.

Wen ha spiegato che il grosso degli investimenti del governo andranno in stimoli per il mercato interno, in particolare per il benessere del popolo, l’innovazione tecnologica, la protezione dell’ambiente e le infrastrutture.

Non sono invec e inclusi nel Piano di rilancio i 600 miliardi di yuan andranno a finire in esenzioni fiscali e nell’aumento delle pensioni di impiegati, operai ed insegnanti e dell’aiuto agli agricoltori, così come gli 850 milioni di yuans che verranno spesi in tre anni per la riforma della sanità pubblica.

«I 1.180 miliardi di yuan del governo centrale sono investimenti completamente nuovi nel Piano di rilancio economico del Paese - ha detto Wen – Alcuni progetti previsti, come quelli autostradali, delle ferrovie e di altre infrastrutture, vengono dall’undicesimo Piano quinquennale (2006 - 2010), ma verranno accelerati grazie a questo Piano».

Il premier cinese ha detto di avere «qualche inquietudine» per la sicurezza degli averi cinesi negli Usa: «abbiamo prestato somme di denaro talmente grosse agli Stati Uniti che pensiamo naturalmente alla sicurezza dei nostri averi, sinceramente sono un po’ preoccupato. La Cina è effettivamente il primo creditore degli Usa che sono la più grande potenza economica del mondo. Seguiamo da vicino gli sviluppi dell’economia americana».

Alla fine del 2008 la Cina era in possesso di un immenso forziere di 1.950 miliardi di dollari (in realtà sarebbero ancora di più), le più grandi riserve monetarie del mondo, che ormai superano ampiamente quelle del Giappone: 1.030 miliardi di dollari, il Tesoro americano ha detto che il governo comunista di Pechino a novembre 2008 era ormai in possesso di 681,9 miliardi di dollari in buoni del Tesoro statunitensi.

Un tesoro al quale puntano in molti, a cominciare dal Fondo monetario internazionale che ha chiesto un ampliamento dei contributi cinesi, ma Wen ha chiarito con una certa asprezza che «La Cine è attualmente il più grande Paese in via di sviluppo e fornisce un aiuto considerevole a 46 Paesi meno sviluppati. L´aumento delle riserve del Fmi è un problema di ogni Paese. Il Fondo ha attualmente bisogno di una riforma radicale: occorre modificare principi e strutture dell´organizzazione e precisare diritti e doveri dei partecipanti. Il Fondo monetario internazionale deve accordare una attenzione più sostenuta agli interessi dei Paesi in via di sviluppo». E, naturalmente la Cina, dall’alto delle sue riserve monetarie e dalla sua ottenuta intangibilità, si candida a guidare la riforma. Chi lo avrebbe mai detto che la lunga marcia dei contadini scalzi di Mao sarebbe finita nelle camere blindate del capitalismo internazionale?

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