[10/03/2009] Urbanistica

Il Veneto di Galan che cementifica e il Veneto di Legambiente che riqualifica

LIVORNO. Mentre il governatore del Veneto Galan si inorgoglisce del tentativo di anticipare il pacchetto-casa annunciato dal governo, che promette nuove cubature a destra e a manca e che di fatto riaprirebbe la stagione dei condoni, Legambiente Veneto prova a parlare a favore delle piccole imprese o degli artigiani che perdono commesse e non hanno voci forti sui giornali. Lo fa con una proposta di intervento di riqualificazione energetica degli edifici pubblici: 50 scuole sparse in 40 comuni delle sette province venete sono state esaminate per capire di quali malattie energetiche si sono “ammalate”. Facendo foto agli infrarossi, prove di pressione delle aule, installando anemometri vicino le finestre con l’indicazione del lavoro da dare a tante piccole e medie imprese che coltivano innovazione tecnologica senza che nessuno se ne accorga.

«Quella di Galan è un proposta assurda – spiega il presidente di Legambiente Veneto Michele Bertucco - perché nella nostra Regione la cementificazione ha sempre superato qualsiasi logica di gestione e salvataggio del territorio. Tra l’altro le nuove leggi urbanistiche non pongono più regole né vincoli in questo territorio che a ragione è stato definitivo megalopoli padana, col conseguente problema della viabilità, perennemente ingolfata, che ha ricadute serie anche sulla competitività delle imprese».

Alla riproposizione di un modello vecchio che vede nella cementificazione e nella rendita il motore di una crescita che è un vicolo cieco, Legambiente pone invece in prima linea l’iniziativa “Accendi il risparmio” prima in Italia nel suo genere, che ha quindi verificato sprechi ed efficienza energetica degli edifici pubblici grazie alla collaborazione con l’università Iuav di Venezia, l’Ance Veneto e il centro di ricerca Cmr (ottenendo anche un finanziamento dalla Regione Veneto).

Con “Accendi il Risparmio” Legambiente Veneto ha voluto raccogliere, analizzare e verificare in laboratorio una serie di dati sull’efficienza energetica delle strutture pubbliche in Veneto per proporre in termini pratici e già operativi concrete soluzioni per risparmiare energia ed abbassare l’impatto ambientale degli edifici pubblici. I risultati raccolti saranno presentati domani all’Auditorium Centro San Gaetano di Padova durante un workshop dal titolo “Accendi il Risparmio. L’efficienza energetica negli edifici pubblici del Veneto”.

«Ci sono modalità diverse con cui avviene la dispersione – spiega Angelo Mancone della segreteria regionale del Cigno Verde – e che sono ben evidenti dalle termofoto scattate. Per questo ci sono margini davvero ampi di miglioramento: dal 30% fino al 60% intervenendo sulla ventilazione , sui serramenti, sulle facciate, e sulla coibentazione dei tetti. Nell’arco di una decina d’anni si recupererebbe l’investimento che riguarda interventi oltretutto cantierabili velocemente, a differenza delle grandi opere sulle quasi si continua a buttare via soldi. Il problema però è l’orizzonte delle pubbliche amministrazioni, che si ferma a 4-5 anni, il tempo cioè della legislatura».

Legambiente non trascura il lato economico: «attivare queste piccole opere di manutenzione del patrimonio – prosegue Mancone – significa rilanciare il settore edile e a cascata tutto l’indotto. Devo ammettere che fino a 3 giorni fa noi trovavamo un grande interesse anche da parte delle associazioni dei costruttori edili per avviare una sperimentazione in tal senso nelle scuole, al fine di avere riscontro reale degli interventi di manutenzione. Sia i confindustriali sia gli artigiani erano consapevoli della miniera che si nasconde nel campo della riqualificazione energetica degli edifici, ma sinceramente non so se oggi la penseranno allo stesso modo, dopo l’incauto pacchetto-casa annunciato dal governo, che induce a ripercorrere la vecchio strada della costruzione comunque, senza alcuna preoccupazione».

Gli edifici più inefficienti secondo lo studio di Legambiente sono quelli in cemento armato faccia a vista e i prefabbricati in calcestruzzo, costruiti dagli anni ‘60 agli ’80. Leggermente migliori quelli in mattoni dell’anteguerra. In una scuola media costruita negli anni ’60, si potrebbe diminuire del 63% il fabbisogno energetico con pochi interventi: -30% isolando copertura e sottotetto, -25% cambiando gli infissi, -11% coibentando le pareti e -5% isolando i cassonetti. Se questi fossero i risultati di tutte le scuole esaminate, i margini per un risparmio di energia, di CO2 emessa e di quattrini pubblici sarebbero considerevoli

L´elemento principale di dispersione in un edificio “a norma” è comunque il ricambio d´aria (circa 100 kWh/mq anno). Gli unici ricambi sono gli spifferi o le aperture delle finestre durante l´intervallo, favorendo così l’ingresso di aria inquinata dalle strade circostanti. Le prove condotte in alcune aule (con gli studenti presenti in classe) hanno evidenziato che il tenore di CO2 presente era oltre livelli ritenuti ammissibili. Se i ricambi d´aria seguissero le prescrizioni della normativa (per le scuole superiori 5 volte il volume dell’aula per ogni ora), la dispersione per ventilazione sarebbe la più importante fonte di dispersione dell´energia. Purtroppo non è così, e tutte le persone che frequentano questi ambienti sono costretti a respirare aria non pulita.

Seguono appaiati come responsabili di sprechi negli edifici analizzati le pareti e i serramenti. Le pareti presentano dispersioni di 50/80 kWh/mq anno, più alti negli edifici con muri di calcestruzzo, più bassi negli edifici storici con murature in laterizio di grosso spessore (ambedue distanti dai valori minimi di legge), ancora peggio se i radiatori si trovano in una nicchia e con travi e pilastri coperti solo da intonaco. Anche i serramenti sostituiti di recente (pur con prestazioni certificate e a norma) sono abbastanza inefficienti, perché sono stati sostituiti senza ridurre i ponti termici (cassonetti originali per risparmiare soldi, davanzali passanti, spalle delle finestre non coibentate).

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