[06/03/2009] Comunicati

Leggi ambientali, l’Italia va indietro, ma Scajola è soddisfatto

ROMA. Bisogna dar atto al ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola di avere una faccia tosta invidiabile per un politico: è stato formidabile nel dire tutto ed il contrario di tutto sul nucleare ed ora magnifica le «concrete possibilità di risparmio sui consumi energetici degli edifici» che sono state reintrodotte solo dopo durissime proteste degli ambientalisti, degli operatori del settore e dell’opposizione.

Il Consiglio dei ministri ha approvato il regolamento per il rendimento energetico in edilizia e Scajola annuncia: «Con questo provvedimento, rendiamo concrete le possibilità di risparmio per tutti coloro che sostituiscono o installano un nuovo impianto termico o realizzano l’isolamento termico del proprio edificio. Positivo anche l’effetto sui prodotti ad alta tecnologia di tutte le imprese italiane del comparto delle costruzioni. Si potenzia, in tal modo, l’efficacia degli incentivi fiscali che, già nel primo anno di operatività, hanno registrato oltre 100.000 interventi, e sono quasi raddoppiati nel corso del 2008»

E poi proclama: «Dopo un vuoto legislativo di alcuni anni, stiamo completando l’iter iniziato nel 2005, quando abbiamo recepito la direttiva europea 2002/91/CE, sul rendimento energetico in edilizia. Presto porteremo in Consiglio dei ministri gli altri provvedimenti del “pacchetto”, che riguardano le linee guida per la certificazione energetica degli edifici ed i requisiti dei soggetti chiamati a effettuare la certificazione energetica degli edifici».

Comunque, quel che ha dato Scajola e una buona notizia che, almeno in questo caso, porta l’Italia verso standard europei, ma non rende certo meno fosco il quadro della legislazione ambientale italiana disegnato oggi dal Forum ambiente e legalità organizzato a Roma dall’Osservatorio di Legambiente e dal quale emerge che «in materia di legislazione a tutela dell’ambiente sono stati fatti pericolosi passi indietro. A partire dal disegno di legge sulle intercettazioni che potrebbe favorire reati di traffico illecito di rifiuti e di incendio boschivo doloso. Questi delitti, infatti, dovrebbero essere inseriti tra quelli per i quali magistratura e forze dell’ordine possono continuare ad avvalersi di strumenti d’indagine fondamentali, come le intercettazioni, visto che si tratta di reati quasi sempre appannaggio della criminalità organizzata che grazie a queste azioni si arricchisce e alimenta nuovi racket, e che rappresentano uno sfregio spesso irreparabile al territorio e alle comunità che ci vivono».

Introducendo l’iniziativa Luca Ramacci, sostituto procuratore tribunale di Tivoli e co-presidente Centri di azione giuridica di Legambiente, ha detto: «Questo forum rappresenta un’ottima occasione per un confronto tra i diversi punti vista, dell’impresa, del diritto e della politica sulla legislazione ambientale, che ci auguriamo possa diventare un appuntamento annuale. Un confronto utile non solo a verificare lo stato dell’arte in questa materia, favorendo di una più attenta lettura delle leggi esistenti, ma anche per proporre innovazioni. In tema di ambiente infatti esistono leggi che non funzionano e che sarebbe stato meglio non fare, come il cosiddetto Testo Unico ambientale. Un codice che dal 2006 ad oggi ha subito una trentina di modifiche che non hanno portato miglioramenti e che si ha intenzione di modificare ancora. Ci sono poi leggi che funzionano troppo, nel senso che prevedono sanzioni sproporzionate e territorialmente circoscritte, come la legge per l’emergenza rifiuti in Campania, che consente di arrestare chi abbandona un rifiuto ingombrante ma lascia inalterate le sanzioni irrisorie previste per altre condotte più dannose per l’ambiente come avviene, ad esempio, per i depuratori comunali fuori legge che continuano ad essere puniti anche con irrisorie sanzioni amministrative. E infine ci sono leggi fatte bene ma non applicate, come quella urbanistica che fornisce agli enti locali strumenti efficienti per la repressione dell’abusivismo che però gli amministratori, specie quelli comunali, si guardano bene dall’utilizzare con conseguenze disastrose per l’ambiente ed il patrimonio dell’ente».

A preoccupare sono soprattutto la proroga per la Legge Delega, un emendamento del governo che proroga al 30 giugno 2010 il termine per l’emanazione di correzioni e integrazioni in materia ambientale, ma anche la delega in bianco al ministero dell’ambiente per l’inquinamento industriale che prevede anche una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di bonifiche e di risarcimento del danno ambientale, «che potrebbe togliere la possibilità a enti locali, cittadini, associazioni di avere un ruolo nei procedimenti per danno ambientale e in materia di bonifiche di siti inquinati».

Poi c’è il concreto rischio della legalizzazione del bracconaggio che deriverebbe dall’approvazione del cosiddetto ddl Orsi di riforma della legge sulla caccia, che punta alla totale deregulation venatoria, criticata dagli ambientalisti come dalle principali associazioni venatorie.

Sebastiano Venneri, responsabile Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, ha chiesto «L’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale è stata chiesta a gran voce da ambientalisti ma anche legislatori, industria e magistratura, ma il disegno di legge giace ancora in Parlamento da ben tre legislature. Occorre che la politica faccia la sua parte e si assuma la responsabilità di fare leggi che servono, perché per sconfiggere i crimini ambientali è necessario uno sforzo comune. Le forze dell’ordine fanno la loro parte con le operazioni di controllo e repressione, i magistrati con le inchieste, gli ambientalisti e i cittadini con la denuncia ma occorrono regole e pene certe per non vanificare questi sforzi. Chi inquina deve pagare sanzioni certe. Contro chi commette crimini ambientali, infatti non esiste miglior deterrente che la certezza di dover pagare. Lo dimostra il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che pur rimanendo un’attività prospera nel nostro Paese, si è attenuato anche grazie alla certezza delle demolizioni».

Legambiente sottolinea l’importanza delle istituzioni nella lotta alle ecomafie e continua a chiedere l’intervento del Parlamento: dall’emendamento sul traffico illecito di rifiuti e incendi nel ddl intercettazioni, all’istituzione del Comitato navi dei veleni, perché sia fatta luce sui misteriosi affondamenti di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi avvenuti nel Mediterraneo.

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