[05/03/2009] Rifiuti

Newman (Cic): «I tritarifiuti possono mandare in tilt i sistemi di trattamento acque»

LIVORNO. Ci risiamo, forse la spiegazione può essere questa: siccome è difficile (complesso) digerire come funziona un corretto sistema di gestione dei rifiuti (secondo le priorità individuate dall’Unione Europea), che parta dalla riduzione alla fonte (meno rifiuti prodotti), passi dal recupero di materia (riciclo effettivo, che non equivale a raccolta differenziata tout court), dal recupero di energia (termovalorizzazione) e infine dallo smaltimento della parte residuale in discarica, ogni tanto qualcuno tira fuori qualche bacchetta magica. Come per esempio il bio-tritarifiuti, che può essere chiamato anche dissipatore, ma che in realtà non dissipa un bel nulla, visto che questo mondo è regolato dalle leggi della termodinamica: il rifiuto organico che viene triturato (cioè solo trasformato, non sparisce!) da questo macchinario da installare sotto il lavandino, va nelle fognature e se non le intasa approda al depuratore (laddove c’è), per finire la sua corsa insieme ai fanghi di depurazione in una discarica.

Una pratica talmente assurda che dopo essere stata ammessa nella prima versione del codice dell’ambiente targato Matteoli (2006) era stata messa al bando dal correttivo del 2008 del governo Prodi. Tutto inutile, perché il governo Berlusconi ha riaperto le porte alle lobbies dei tritarifiuti nell’ultimo decreto contro l’emergenza rifiuti napoletana. La tecnologia comunque ha fatto importanti passa avanti e adesso cominciano ad affacciarsi sul mercato tritarifiuti sicuramente più ecologici rispetto a quelli statunitensi, come probabilmente il ‘bio tritarifiuti’ che sarà presentato domani dalla Belvedere Spa di Peccioli, la società che gestisce la locale discarica: si tratta di un macchinario che invece di sversare la poltiglia nella fognatura, lo compatta riducendone il volume e riempiendo una vaschetta che, spruzzata con degli enzimi anti odore, possa essere gettata nel bidone della raccolta differenziata dell’organico anche dopo qualche giorno. Ma in questo caso ovviamente c’è bisogno di tanto spazio (un tritarifiuti del genere lo produce anche la Electrolux, nella foto) che difficilmente c’è nelle cucine italiane, e ovviamente dell’energia necessaria a far girare il motore, senza dimenticare il costo dell’elettrodomestico, non proprio abbordabile, visto che il prezzo è superiore ai mille euro. Viene da chiedersi se vale fare tutti questi passaggi solo per ridurre il volume…

In attesa di conoscere se è questo il prodotto che proporrà la Belvedere Spa, e in quale forma, noi abbiamo chiesto un parere sui dissipatori tradizionali al direttore del Consorzio italiano compostatori David Newman.
«All’indomani dell’approvazione del 152 noi come Cic abbiamo scritto a tutte le aziende che gestiscono acquedotti e fognature in Italia perché le reti fognarie italiane non sono assolutamente in grado di reggere l’introduzione di questi macchinari. Abbiamo avuto moltissimi riscontri e ad oggi praticamente non esistono nel nostro Paese, ma purtroppo la lobby di settore ha fatto una pressione molto forte sul governo di destra che appena ha potuto ha riaperto le porte ai dissipatori».

I dissipatori però sono molto diffusi in Nord America. Può spiegarci perché da noi sarebbero così dannosi?
«Prima considerazione, le città americane sono molto più ‘giovani’ delle nostre città e per questo i sistemi fognari sono in grado di gestire flussi maggiori, mentre da noi le tubature sono più piccole e si intaserebbero in breve tempo. Seconda considerazione: negli Stati Uniti non c’è cultura della raccolta differenziata, soprattutto a causa dei costi bassissimi che ha il conferimento nelle discariche , quindi non è un problema smaltire grandi quantità di fanghi da depurazione. Da noi i costi sono molto più alti e la collettività dovrebbe sobbarcarsi dell’ulteriore spesa per smaltire una mole enorme di rifiuti organici ammassata nei depuratori, che invece potrebbe essere recuperata alla fonte con la raccolta differenziata dell’umido, e trasformata in compost».

Come sta funzionando la raccolta differenziata dell’organico in Italia e quindi la produzione di compost?
«C’è sempre maggiore consapevolezza sul tema, e anche in Toscana sono ormai diverse le aziende certificate che riescono a produrre compost di qualità, che poi viene utilizzato in agricoltura: penso a Sienambiente, al Cermec di Massa alla stessa Publiambiente. Certo la qualità del compost dipende dalla qualità della raccolta differenziata, che a sua volta dipende molto dall’informazione e dall’educazione che si dà ai cittadini».

A proposito di informazione corretta, che cosa ne pensa di chi oggi si mette a presentare e promuovere dissipatori?
«Che stanno commettendo un grave errore, perché i sistemi di trattamento acque del territorio potrebbero presto andare in tilt, con danni enormi per la collettività e per l’ambiente».

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