[04/03/2009] Comunicati

A new global green deal? Obama contagia anche Brown

LIVORNO. In attesa delle azioni, non resta che attaccarsi alle idee. E quella della governance globale per far fronte alla crisi economico-finanziaria globale – che greenreport.it da tempi non sospetti, cioè precedenti alla crisi stessa, auspica – almeno si sta facendo strada. Non è poco, anche se non abbastanza. Intanto è stata ribattezzata, poco male, da Obama e da Brown che al termine del vertice Usa-Gb di ieri hanno parlato della necessità di «un new deal globale». Evidentemente va forte la parola «new deal» ma quello che conta è la sostanza che si evince da quanto detto dal premier inglese, che stando al Sole24Ore di oggi riferendosi alla situazione di crisi e all’urgenza di rimettere in corsa l’economia ha detto che: «(dobbiamo) organizzare un New Deal delle principali nazioni che getti le fondamenta per un nuovo ordine globale già nel prossimo G-20 di Londra. Dovremo impostare importanti cambiamenti delle regole, per le banche, per il controllo, per far sì che il sistema finanziario lavori nell’interesse pubblico».

Parole a cui hanno fatto seguito quelle di Obama, ancor più spostate sulla sostenibilità sociale: «Il nostro sistema regolatorio è fermo agli anni Trenta. Dobbiamo aggiornare le nostre istituzioni e la cornice regolatoria in modo che il potere della globalizzazione venga incanalato a beneficio della gente comune».

Si obietterà – e noi per primi – che mancano ancora il chi, il come e con quali sanzioni si riuscirà a rendere efficiente questo piano di riforme, ma in questa fase ci pare già rimarchevole che dalla Merkel, al Papa, ad Obama e Brown si cerchi almeno a parole di alzare il livello dell’approccio alla crisi: dal sostanziale ognun fa da sé e al massimo si segue (chi vuole) qualche buon esempio; al tentativo di una risposta globale (o almeno multilaterale) a un mercato senza regole e senza regolatori in piena crisi.

Si parla di New Deal globale dimenticandosi la parola green? Non crediamo neppure per un attimo che Obama quando sostiene di credere in questo approccio grazie al quale «le aziende riconosceranno opportunità per investire» e saranno così «nuovi posti di lavoro» non sia tutto dentro la sua impostazione ecologista della ripresa economica.
Già in parte sposata pure da Brown (vedi la lettera che ha firmato insieme a Berlusconi e pubblicata sul Sole di qualche giorno fa) e che pensiamo guardi (o almeno guarderà) con grande interesse alla proposta della Merkel di legare questa new deal globale a una carta della sostenibilità (ambientale e sociale) con ‘casa’ all’Onu.

Insomma, come abbiamo già detto, l’humus su cui costruire un green new deal globale ci sono oggi più che mai nella storia moderna e se anche le borse mondiali ancora non ci credono in questo approccio, forse è una buona notizia. Significa magari che temono proprio queste nuove regole che impediranno agli attori della finanza di speculare come hanno fatto fino adesso?

Un’altra medaglia di cui dovrebbe andar fiero Obama - dal nostro punto di vista – è quella di aver deluso i conservatori che lo hanno sostenuto. Cristopher Buckely lo accusa ad esempio (Corriere della Sera di oggi) di non aver fatto «Nessun gesto bipartisan, solo il sogno di un nuovo ‘New Deal’ di un leader liberal».

D’altronde neppure Roosvelt fu molto bipartisan e sfidò l´isolazionismo repubblicano che non voleva l´intervento Usa nella seconda guerra mondiale e osteggiò in tutti i modi il primo New Deal.

A noi quindi, pare proprio un bel riconoscimento perché Obama sta portando avanti esattamente quello che aveva scritto sul suo programma e lo sta facendo – con i necessari compromessi – molto meglio di qualunque altro leader (liberal o non liberal) al mondo. I suoi primi 50 giorni sono un esempio di coerenza (anche se uno non ne condivide le scelte) e in questi drammatici mesi già passati e guardando a quelli che ancora hanno da venire, non ci pare poco, visto che il suo programma è quando di più avanzato ci sia sul piano della riconversione ecologica dell’economia.

Potrebbe fare di più? Potrebbe fare meglio? Sicuramente, e di certo i tempi stretti della crisi imporrebbero ben altre velocità, ma di fronte a chi nega l’evidenza dei cambiamenti climatici, rimanda a quando la crisi finirà le azioni ambientali, investe sul nucleare pensando di risolvere così la questione energetica, ci pare che sia meglio accontentarsi.

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