[02/03/2009] Comunicati

Etica, politica ed economia

LIVORNO. Le analisi delle ragioni, gravità, durata ed effetti della crisi economica in corso, dopo aver assegnato un ruolo centrale al deficit di etica in finanza e Borsa, stanno arrivando ad ammettere che si tratta solo di una ragione apparente della crisi del sistema capitalistico globale. Si sta arrivando ad un punto nodale. Si fa strada la convinzione che essa origini dall’uso ideologico della teoria economica, dall’avervi espunto l’analisi storica e politica, riducendola ad astratti modelli matematico-formali usi a giustificare l’impossibile: la fine della storia da una parte, un modello di pensiero unico globale, dall’altra, insieme all’idea, folle, di crescita e arricchimento all’infinito che si sono tradotti nella massima concentrazione del potere economico in poche mani e distanza tra ceti ricchi e il resto della società, nella fine della politica in questo modello e all’indebolimento se non alla vera e propria crisi della democrazia che ha finito di identificarsi con la crisi degli Stati nazionali.

Dalla critica dell’economia politica, in meno di un secolo, si è passati al dominio dell’economia sulla politica, all’affermazione dell’autonomia della stessa dalle istituzioni e dai governi.
E’ una crisi profonda che riverbera da trasformazioni violente dei sistemi sociali, da ingiustizie immani nella distribuzione della ricchezza e delle risorse, da incredibili differenze di reddito che sono state possibili solo con il consenso delle classi sociali medie e di quelle povere alla promessa, falsa, dell’arricchimento per tutti.

E’ venuto in discussione lo stesso rapporto tra democrazia e capitale (rapporto di cui quest’ultimo non può fare a meno: solo uomini formalmente liberi possono decidere di essere merce sul mercato), la grande disparità tra classi ha sconquassato i sistemi sociali, prodotto guasti irreversibili sul versante ecologico (cambiamenti climatici) e della sopravvivenza delle speci sul pianeta.

Si è diffusa la convinzione che fosse l’economia a fare la storia, trasformando paradigmi matematici nella capacità di impedire le crisi così come si sono respinte la società e la politica dalla teoria.
In realtà nella storia umana non esiste teoria che non debba essere verificata storicamente. Ciò vale anche in campo sociale, economico o ecologico dove astrazioni metodologicamente coerenti vanno costantemente e criticamente verificate.

In realtà se abbiamo a che fare con la insostenibile disuguaglianza sociale che mette in crisi le basi stessa della democrazia, si tratta, anche, di colmare il vero e proprio vuoto di conoscenza sulle travolgenti trasformazioni sociali e quale siano le basi materiali dei rapporti sociali e di produzione, del lavoro, del ruolo della scienza e della conoscenza ormai affermatesi come forze produttive sociali la cui appropriazione giuridicamente privata in poche mani costituisce, oggi, la grande contraddizione tra capitale e lavoro, tra ricchezza e povertà, tra persona e potere.

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