[26/02/2009] Comunicati

Somalia: il disastro umano e ambientale di un Paese fantasma

LIVORNO. Nella Somalia frantumata e proseguono gli scontri armati. Dalle macerie di uno Stato inesistente è spuntato fuori a Mogadiscio un nuovo gruppo armato, capeggiato da Hezbul Islam, che ha rivendicato l’attacco alle forze dell’improbabile governo somalo e le truppe dell’Unione Africana che hanno sostituito gli odiatissimi soldati etiopi, chiamasti a spegnere il potere delle Corti Islamiche che controllavano una capitale ormai ridotta ad uno scheletro calcinato di cemento.

Muse Arale, il portavoce del gruppo di miliziani ha detto che «le sue forze si battono contro la presenza delle forse del governo somalo e dei soldati dell’Ua che li appoggiano» e che avrebbero tentato di penetrare nella zona controllata da questo ennesimo signore della guerra. Secondo fonti dell’Onu e mediche, ci sarebbero stati almeno 30 morti (11 dei quali soldati del Burundi) e un centinaio di feriti, soprattutto civili, che si vanno ad aggiungere ai 4 bambini uccisi da una bomba d’obice caduta su una scuola.

Tutti, comunità internazionale, leader religiosi, Unione delle Corti Islamiche (che ora sostengono il governo contro i nuovi guerriglieri che le hanno spodestate) condannano gli attacchi, ma nessuno sembra in grado di placare un caos sanguinario che dura dalla fine della dittatura di Siad Barre, un fedelissimo dell’Italia che da noi aveva avuto anche la sua formazione politico-militare.

I combattimenti sono ripresi con maggiore crudeltà quando il presidente somalo, Cheikh Sharif Cheikh Ahmed, è ritornato a Mogadiscio per cercare di ristabilire un governo nazionale in quella che teoricamente è ancora la capitale della Somalia (anche se a nord il Somaliland e il Puntland sono ormai praticamente indipendenti da anni). Governo è parlamento hanno dovuto abbandonare la città di Baidoa, conquistata dagli insorti in una specie di gioco dell’oca armato di kalashnikov.

Ora i ribelli islamici “shebab”, controllano l’ex sede del parlamento Baidoa e una gran parte del sud della Somalia, da dove li avevano scacciati i bombardamenti americani e l’esercito etiope, ed hanno preso d’assalto Hudur, il capoluogo della provincia di Bakool, a nord-ovest di Mogadiscio, ed ultimo bastione difensivo della capitale.

Il fallimento degli sforzi internazionali è evidente ed ancora di più è assordante il silenzio dell’Italia che sembra aver dimenticato quella che è stata una nostra colonia/protettorato fino al 1960. Della nostra presenza resta una guerra che ha trasformato la Somalia nella pattumiera tossica di molti Paesi ed un popolo alla disperazione che cerca di fuggire in ogni maniera dalla disperazione, giungendo fino alle nostre coste.

Intanto l’Ufficio dell’Onu per gli affari umanitari (Ocha) lancia l’ennesimo appello: «Senza finanziamenti immediati delle operazioni dell’Onu, i livelli di malnutrizione e di malattie critiche non faranno che aggravarsi in due regioni della Somalia»

Secondo l’Ocha, in Somalia ci sarebbero più di 200 mila bambini malnutriti, 60 mila dei quali soffrirebbero di malnutrizione grave e sono destinati a morire senza aiuti immediati. La portavoce del Segretariato Ocha, Marie Okabe, ha spiegato che «La crisi attuale deriva da una mancanza di piogge, da cattivi raccolti, dal deprezzamento dello scellino somalo e dalle minacce contro le agenzie umanitarie».

L’Onu prevede che nei prossimi 6 mesi il numero di somali che avranno bisogno di aiuto alimentare raggiungerà i 2,6 milioni, ed entro la fine dell’anno salirà a 3,5 milioni, in particolare nelle regioni di Hiran e Bakool dove la siccità dura da oltre quattro anni, e dove le milizie si battono ormai per occupare una terra devastata dal global warming planetario che si accanisce su questo pezzo di Africa più sfortunata.
Intanto, visti anche i rischi per i fornitori, i prezzi dei generi alimentari non calano, sia quelli locali che importati.

«Infine – si legge in un rapporto dell’Ocha – la Somalia conosce la situazione di sicurezza più grave in 17 anni, con una recrudescenza degli attacchi che mirano direttamente all’assistenza umanitaria».
Ma ormai, di questo Stato polverizzato da odi tribali, dal fanatismo religioso, dallo sporco gioco delle potenze mondiali, di questa terra senza governo devastata da una crisi ambientale che forse non ha uguali nel pianeta, non sembra più davvero occuparsene nessuno. Mentre i fantasmi del potere combattono l’ennesima ultima battaglia per le macerie di Mogadiscio.

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