[23/02/2009] Comunicati

Essere e/o benessere

FIRENZE. Che il Pil sia un indicatore grossolano che valuta le performance economiche di un paese non tenendo conto della qualità della vita dei cittadini che vi abitano, è un dato ormai acclarato. Del resto ci sono molti studi di economisti che hanno tentato (in via sperimentale) di correggere il pil introducendo elementi che tengano conto del fattore sociale oppure ecologico (ad esempio non esternalizzando i costi ambientali per produrlo come in realtà avviene).

Ma un altro aspetto è ormai ben radicato nella società di oggi: noi “siamo” se consumiamo, ed il livello dei consumi (per prodotti o servizi più desiderabili) può potenzialmente essere un indicatore di benessere. Come riferisce il responsabile dell’Ufficio Studi della Confcommercio Mariano Bella su “Affari & Finanza” di oggi, un indicatore in tal senso esiste: si chiama Quoziente qualitativo di benessere (Qqb) e tiene conto (indirettamente) del tempo disponibile per il consumo, prezzi di mercato, desiderio individuale, reddito. Il Qqb, in parte correlato al Pil, è calcolato come rapporto tra la spesa per consumi più desiderabili e quella per beni e servizi obbligati.

Secondo i dati disponibili per il 2007 che riportano il confronto tra i Paesi europei, l’Italia non è messa bene nemmeno in questa particolare classifica. Nel nostro Paese si spendono poco più di 60 centesimi di euro per soddisfare i desideri per ogni euro di spese obbligate (es. bollette dell’energia elettrica). Molti paesi hanno un Qqb più alto del nostro pur avendo un pil pro capite inferiore. «L’indicatore suggerisce che per quel poco (o tanto) per cui il benessere è legato ai consumi - commenta Bella - il nostro paese sta indietro a molti altri che precediamo in termini di pil».

Insomma, in sintesi, il nostro pil è modesto, i servizi cari e poco efficienti e tra l’altro quel poco che si guadagna non si spende per divertirsi. Che poi questo tipo di spese sia direttamente collegabile al vero benessere inteso come migliore qualità della vita è tutto da dimostrare. Il Qqb pare più un indicatore “fine” ma parziale (e probabilmente non vuole essere di più) degli orientamenti di mercato, che non va ad evidenziare le criticità specifiche di questo modello di sviluppo.

Anche per un telefonino, un computer o un paio di scarpe è bene sapere come si producono (quali materiali), dove si producono e con quali attenzioni alla salubrità dell’ambiente di lavoro e, inoltre, se si risparmiano nelle filiere produttive materia ed energia. Al presunto benessere di chi acquista un prodotto non è detto che corrisponda il benessere di chi lo produce o dell’ambiente nel senso più ampio del termine, che viene rilevato quando si applica la contabilità ambientale sociale ed economica. Per il cambiamento e l’affermazione del green new deal è necessario ricercare, sperimentare e poi applicare su larga scala altri tipi di indicatori.

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