[13/02/2009] Parchi

Conferenza toscana sulla caccia: gli ungulati al centro della discussione

AREZZO. La Toscana è ancora la regione italiana con il maggior numero di cacciatori, nonostante siano scesi dai 270 mila degli anni ´80 ai 105 mila di oggi. E´ questo il dato che ha portato la regiona ad organizzare il 13 e 14 febbraio ad Arezzo la prima conferenza toscana sulla caccia.

Paolo Banti, dirigente del settore in Regione, presentando il documento programmatico che ieri ha ricevuto pesanti critiche da Legambiente, Lipu e Wwf, ha spiegato che «Ormai da un anno è stato avviato un confronto con tutti i soggetti interessati, associazioni di categoria, enti locali, istituti di ricerca scientifica, ha ricordato. Ora è arrivato il momento di concordare e chiudere per riformare e adeguare la caccia ai nuovi, mutati contesti ambientali, climatici, ma anche culturali.
L´esempio più evidente di questi mutamenti è la situazione creatasi con il cinghiale e in genere con la grossa fauna ungulata: cervi, daini, caprioli. Nonostante l´impegno e anche i risultati ottenuti riguardo al controllo delle popolazioni e all´impatto sulle coltivazioni agricole, il contesto ambientale è diventato particolarmente favorevole a queste specie, in particolare per il cinghiale. Si può ormai ben parlare di uno squilibrio faunistico in atto, occorre pertanto riportare la situazione a livelli sostenibili di densità delle presenze ed eliminare la possibilità di danni arrecati alle coltivazioni. Questa è la prima sfida, e il primo obiettivo che va raggiunto ad Arezzo: la Regione si impegna a ridurre da subito la popolazione dei cinghiali, ed entro due anni i livelli della fauna ungulata dovrà essere riportata a livelli sostenibili dal territorio».

Un problema che si aggrava anche se vengono abbattuti ogni anno circa 80mila ungulati, dei quali 65 mila sono i cinghiali.

«Poteri straordinari saranno attribuiti alle amministrazioni provinciali per far fronte a situazioni locali di emergenza a tutela delle coltivazioni ha dettoBant. Occorre costruire una cultura della prevenzione che deve articolarsi a partire dal divieto di foraggiamento dei cinghiali fino all´apertura di tutti i territori, comprese le aree a divieto di caccia, alla possibilità di intervento venatorio per l´abbattimento dell´eccesso di presenze. Accanto a questo deve essere sollecitata ed incrementata la partecipazione dei cacciatori di ungulati alla gestione della specie, in stretto rapporto con le esigenze specifiche recepibili dal territorio. Ma per questo vanno anche ripensate e rese omogenee a livello regionale le modalità formative e di esame per l´abilitazione alla caccia di selezione, forma venatoria che deve crescere ed espandersi anche perché propone al cacciatore un modo diverso di esercitare la sua attività. Accanto alle azioni attive, vanno concretizzate quelle passive di prevenzione. Agli agricoltori che si impegneranno nella predisposizione e nella manutenzione delle opere di prevenzione, studiate di concerto con amministrazioni provinciali e ATC, saranno riconosciute forme di incentivazione. Saranno anche avviate forme di "filiera corta" per i prodotti derivati dagli abbattimenti: si tratta di prodotti del tutto integrati con la tradizionale produzione regionale, e quindi in grado di utilizzare canali commerciali già esistenti».

La ricetta toscana non convince i consiglieri regionali Verdi Mario Lupi e Fabio Roggiolani e il portavoce del Sole che ride Mauro Romanelli: «Abbiamo per primi denunciato il problema del sovrannumero dei cinghiali e di alcuni altri ungulati nel territorio toscano, ad esempio all´Isola d´Elba. Ma occorre dire che la responsabilità dello sviluppo incontrollato dei cinghiali sul territorio è prima di tutto dei cacciatori stessi, prima con l´introduzione del tipo ungherese, vero e proprio maiale nero travestito da cinghiale, che pesa il doppio e prolifica il triplo dei nostri cinghiali autoctoni; poi con la pratica della pasturazione. In un anno come questo, con nevicate, gelate o, all´inverso, in anni siccitosi, si sarebbero verificate morti naturali dovute alla carenza di cibo od una minore proliferazione. Per questi motivi non si può chiamare i cacciatori a collaborare alla soluzione del problema che per gran parte loro stessi creano. I prelievi selettivi di contenimento devono essere affidati solo a chi è adeguatamente formato allo scopo e non a chi pratica la caccia come sport e divertimento. Gli agricoltori e i pastori invece devono diventare i veri protagonisti della riduzione dei cinghiali con i recinti di cattura che consentono un vero intervento selettivo (l´animale catturato e non da abbattere può essere così liberato) e non trasformano in sport quella che è una necessità per il mantenimento dell´equilibrio dell´ecosistema. Occorre tutelare la biodiversità animale e vegetale e custodire i boschi e renderli sicuri: occorrono tavoli di concertazione su questa materia sia regionali che provinciali , ma gli attuali, a livello ATC, non sono sufficienti; occorre rafforzare la collaborazione con le associazioni ambientaliste. Sia chiaro: se le associazioni ambientaliste sono contrarie anche noi siamo contrari al piano. Per la questione lupo più volte abbiamo proposto le vere soluzioni che sono: l´illuminazione delle greggi durante la notte, perché il lupo non attacca in piena luce; l´addestramento di cani pastore atti allo scopo; l´allerta fotografico (quello che fu chiamato lupovelox) per individuare i veri lupi dai cani randagi, spesso usati come aggressione alle greggi concorrenti. In conclusione la conferenza regionale sulla caccia deve prevedere un accordo generalizzato per l´istituzione in tutta la Toscana dei recinti di cattura, sanzioni molto elevate per le pasturazioni dei cinghiali e nuove regole per la sicurezza nel bosco, dove abbiamo una convivenza di attività diverse e non tutte compatibili fra loro: cacciatori, crossisti, cavalieri, ciclisti con bike e mountain bike, camminatori di trekking, cercatori di funghi e di tartufi, pellegrini di vie e sentieri religiosi. Ricordiamoci gli incidenti e le morti avvenute in questi mesi: se qualcuno pensasse di far finta che non siano esistite e di presentare la caccia come soluzione di tutti i mali sarebbe immorale, antiscientifico e irresponsabile».

Per il centro-destra interviene la consigliera regionale di An-Pdl Angela Notaro: «Apprendo con soddisfazione che il Presidente Martini ha preso coscienza di un problema, quello degli ungulati, che da anni evidenziamo e per il quale ci siamo battuti e continuiamo a batterci. In Toscana è da tempo che cinghiali, cervi e caprioli devastano i campi, i boschi e i vigneti, arrecando gravi danni all´ economia agricola e a più riprese diciamo che per risolvere il problema occorrono piani di cattura e/o abbattimento. Martini si accorge solo adesso che bisogna proteggere l´agricoltura da "popolazioni troppo numerose" e devastanti. Solo oggi, Martini si rende conto di quanto sia importante una stretta collaborazione con i cacciatori. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, se non fosse che l´inutile perdita di tempo, per arrivare alla conclusione che da sempre auspichiamo, ha prodotto come unico risultato di mettere in ginocchio gli agricoltori. Speriamo che in futuro al Presidente Martini non occorra dieci anni per prendere una decisione così determinante».

Ma comunque per la Notaro «Il documento programmatico presentato dalla Regione non convince e soprattutto non va al cuore del problema. Questo primo giorno di conferenza è stata interessante perché ha visto la partecipazione di molte associazioni di categoria e delle varie Atc. Dalle dichiarazioni degli stessi operatori, si evince quanto la convergenza e la sensibilità fra le varie esigenze, sia un argomento assai complesso. Il documento presentato dalla regione, non aiuta a trovare un´adeguata soluzione e un punto d´incontro fra le varie realtà. Diciamo che il documento è alquanto vago e non entra nello specifico, con il solo risultato di non essere di nessun aiuto per risolvere i problemi che sono stati sollevati nei vari interventi. La conciliazione tra le esigenze degli allevatori e degli agricoltori, che vedono devastate le loro proprietà da un numero sempre crescente di ungulati, e la necessità di mantenere un giusto equilibrio delle biodiversità, mette i cacciatori nei panni dei protagonisti. Essi stessi, però, chiedono di non essere abbandonati in questo ruolo che deve essere ben regimentato attraverso regole precise, al fine di evitare personalismi territoriali. Ciò non toglie, che ogni territorio debba poter contare su una propria autonomia dettata dalla diversità sia del territorio che delle problematiche di ogni singola realtà. Un altro punto largamente criticato, riguarda l´innalzamento delle quote d´iscrizione. Come è stato rilevato, non c´è alcun bisogno di aumentare le quote ma, semmai, di stilare bilanci virtuosi senza inutili sprechi».

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