[13/02/2009] Consumo

Obama, finanza ecologica e pasti tutt´altro che gratis

LIVORNO. E alla fine anche Guido Gentili sul Sole24Ore oggi ha scritto: «E’ cambiata la storia, da qualunque parte la si voglia guardare. E’ un dato oggettivo». Perfino Berlusconi, sempre oggi, dopo tanti sorrisi e battute a go-go ammette: «Questa crisi ha delle dimensioni che non sono ancora del tutto definite e la dobbiamo guardare e la guardiamo con preoccupazione». Già, è cambiato tutto. Già, bisogna preoccuparsi. Nel nostro piccolo a settembre del 2008 scrivemmo che eravamo forse arrivati all’89 del liberismo. Ma più di quello che si è detto prima e ora, conta quello che si è fatto prima e ora. E qui sono sempre più nette le differenze tra quanto sta accadendo in Usa e quanto sta accadendo in Europa e specificatamente in Italia.

Oggi il congresso degli Usa dovrebbe dare il via la piano di rilancio dell’economia preparato dal presidente Obama. Lui sperava di arrivare al varo prima e ottenendo di più, ma alla fine tutte le voci importanti non sono state cancellate. E questa è già una vittoria: costruzione di strade – si legge sul Manifesto - ponti, depuratori d’acqua, diffusione di collegamenti internet e ammodernamento delle infrastrutture in maniera eco-sostenibile. E ancora taglio delle tasse a imprese e individui. Poi verranno rimpolpati anche gli aiuti ai poveri e ai disoccupati, anche per fare la spesa con i food stamps. Quindi assistenza sanitaria e istruzione, anche se con cifre diverse da quelle sperata dal presidente.

E’ poco? No, è un compromesso certo, ma ci pare non al ribasso. Anzi. Poi si scatenerà la battaglia se si poteva fare di più o diversamente, ma intanto è un fatto che – ripetiamo – certi capitoli non siano diventati carta straccia. Tutto questo accade proprio nel giorno in cui si riunisce il G7 finanziario, nell´agenda la lotta al protezionismo richiamata ieri dall´allarme dalla Bce, nel suo ultimo bollettino mensile. Diverse idee, ci pare, di come affrontare la crisi e confuse. Qualcuna è pure più sostenibile ambientalmente e socialmente di altre, ma manca un disegno unico e la volontà di contribuire alla creazione di un governance capace di rispondere alla crisi che è globale. Lo stesso Gentili chiede più regole per la finanza, ma non dice a che livello imporle e da chi e come farle rispettare.

Una confusione oggi documentabile con quanto sostiene Scajola commentando l’intesa raggiunta tra il Governo e le Regioni sul piano straordinario da 8 miliardi per gli ammortizzatori sociali: «Con questa intesa – ha dichiarato il ministro Scajola – si definisce un ulteriore fondamentale capitolo dei provvedimenti anticrisi per il sostegno al reddito dei cittadini che dovessero perdere il lavoro. L’accordo con le Regioni prevede anche la definizione, in una riunione del Cipe da convocare entro 15 giorni, dei programmi regionali e nazionali a cui destinare i 45 miliardi di risorse del Fondo aree sottoutilizzate (Fas), in aggiunta al 7,3 miliardi già destinati il 18 dicembre scorso al Fondo infrastrutture. Stiamo lavorando con i Ministeri interessati per predisporre i programmi nazionali da 18 miliardi che, oltre al Fondo occupazione, riguardano investimenti in settori rilevantissimi come l’ambiente e la protezione civile, l’edilizia scolastica, l’edilizia carceraria, la sicurezza, la sanità, l’innovazione tecnologica e la banda larga, la bonifica e reindustrializzazione dei siti industriali degradati, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, l’agricoltura e i beni culturali. Sono investimenti che possono essere attivati rapidamente, anche per contrastare la crisi e contribuire a rimettere in moto la crescita dell’economia».

Come si vede nei giorni pari si rilanciano le grandi opere, e in quelli dispari le piccole e orientate alla sostenibilità oppure si punta sulle, (non da noi) sempre bistrattate manutenzioni, come ha fatto l’altra settimana Brunetta.

Chi ci pare abbia le idee più chiare è invece Alberto Majocchi, che sul Sole24Ore, lui che è presidente dell’Isae, propone una visione che potremmo definire di finanza-ecologica. Bisogna varare, dice, un’Agenzia europea per l’emissione in comune del debito degli Stati membri, anche se rimane la responsabilità di ciascun Paese per il servizio e il rimborso della propria quota di debito. Ma non solo, rilancia l’introduzione di una carbon/energy tax, sostenendo che «in una situazione in cui più chiari appaiono ormai i rischi legati ai cambiamenti climatici e sempre più urgente emerge la necessità di sostituire combustibili fossili con fonti di energia alternativa, un’imposta commisurata anche al contenuto di carbonio delle fonti d’energia appare uno strumento adeguato per avviare processi virtuosi di energy-saving e di fuel-switching verso le fonti di energia rinnovabile, riducendo l’impatto negativo sull’ambiente del consumo d’energia e favorendo l’introduzione di processi meno energy-intensive».

Ci pare la prima volta, almeno per quanto possiamo vedere noi nelle rassegne quotidiane, un punto di vista così netto e una proposta così cogente come quella fatta da Majocchi, mentre ci sentiamo di dissentire – anche se ci vengono i brividi a criticare un premio Nobel – quanto sostiene Paul Krugman sulla depressione, concetto di cui dà notizia oggi Repubblica. «Alcuni economisti defunti – si legge nel pezzo di Rampini – ci hanno lasciato in eredità l’idea che ‘non esistono pasti gratuiti’, cioè che le risorse sono limitate e per ottenere un obiettivo bisogna sacrificarne un altro. ‘in depressione – ribatte Krugman – esistono i pasti gratis, se solo riusciamo a procurarceli, perché ci sono vaste risorse inutilizzate che possono essere rimesse al lavoro. La vera scarsità – ai tempi di Keynes come ai nostri – non è nelle risorse, ma nella nostra comprensione».

Disgraziatamente ci pare che Krugman non tenga ‘i piedi per terra’ e dimentichi che le risorse ambientali che stanno sopra l’economia sono scarse eccome e che pasti gratis proprio non ce ne siano per niente, né in depressione, né quando l’economia va alla grande.

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