[12/02/2009] Comunicati

Bce, protezionismi, governance: il rischio è perdere pure le opportunità della crisi

LIVORNO. Un consiglio economico dell’Onu in grado di affrontare la crisi in atto è qualcosa la cui urgenza dovrebbe far scapicollare tutti i governi. Ce ne saranno pure degli altri, ma a noi pare attualmente il migliore strumento in grado di opporsi allo tsunami economico-finanziraio-ambientale che sta travolgendo non quella o quell’altra nazione, ma l’intero pianeta. Una crisi globale verso cui, a parole, si dice «stiamo uniti», e nei fatti, siamo al si salvi chi può e come può che significa giocare sostanzialmente in difesa e soprattutto con il paradosso della carta del protezionismo in una economia globalizzata. E oggi le conferme di questa situazione attualmente non governata arrivano da ogni parte. Per primi i numeri ancora negativi ad esempio della produzione industriale nei Paesi della zona dell´euro che è calata a dicembre del 2,6% rispetto a novembre (fonte Eurostat). Dato negativo di per sé e che conferma un trend ancor più drammatico: su base annua il calo nella zona dell´euro a dicembre è stato del 12% e dell´11,5% nell´Unione europea.

Uno scenario di fronte al quale la Bce che dice? Occorre «arginare le richieste di misure» protezionistiche sebbene «ad oggi non si rilevino evidenze importanti di un aumento delle misure concrete» in tal senso. Nel bollettino mensile della Bce di febbraio si legge anche che al momento «tali spinte tendono a intensificarsi». La Bce sottolinea inoltre che «l´impatto del protezionismo sulla crescita economica e sul benessere delle persone è sostanzialmente negativo» e che «il sostegno alla globalizzazione si indebolisce in diverse regioni del mondo e ciò non desta sorpresa poiché le spinte protezionistiche tendono a rafforzarsi nei momenti di tensione economica e finanziaria». Ma il nodo era, è e rimane quale globalizzazione, come orientata e da chi!

Ma in ogni caso è una fotografia che scatta un’immagine veritiera di quanto sta accadendo (e onestamente aggiunge poco rispetto a quanto chiunque potesse già vedere da sé), ma nei confronti della quale Merkel a parte, che come abbiamo detto nei giorni scorsi ha chiesto esplicitamente un consiglio economico delle Nazioni Unite, sul modello del Consiglio di sicurezza durante il Forum economico mondiale di Davos, aggiungendo che questo sarebbe uno strumento utile a garantire la «regolazione dei mercati, la liberalizzazione del commercio e una carta per lo sviluppo sostenibile», nessun altro sembra muovere foglia. Anche le apprezzabili, per certi versi ( cioè il nostro, quello della sostenibilità sociale e ambientale) controproposte del PD per affrontare la crisi economica, sono tutte giocate in chiave nazionale, senza alcun link di chiave europea e tantomeno mondiale.

Eppre la Bce osserva che l´economia mondiale «sta attraversando una fase di grave recessione» e per l´area dell´euro continua «nei prossimi trimestri uno scenario di persistente debolezza» la cui «entità e durata del rallentamento, dipenderanno in misura fondamentale dai tempi di soluzione della crisi finanziaria». Per la Bce, quindi, per ripartire bisogna aggiustare ciò che per primo si è rotto, ma non indica nei fatti alcuna direzione da seguire. Anzi, per Trichet(Nella foto), presidente della Bce (fonte ansa), il problema più importante è l’aumento del deficit dei paesi euro che deve spingere i governi al rispetto del Patto di stabilità e crescita. Trichet ha anche affermato che la situazione del settore bancario resta «difficile»´ e che dovrebbe essere monitorata da vicino dai governi e dalle banche centrali: misure come quella della creazione di bad bank dovrebbero avere un impatto neutro sulla concorrenza, ha concluso.

Infine Bini Smaghi, membro del board della Bce , ha detto che «I cittadini europei stanno soffrendo a causa della crisi finanziaria. E ora si aspettano che i loro leader affrontino presto la crisi alla radice. La Bce è pronta ad assumersi le sue responsabilità». Già, ma qual è la radice per i leader europei? Di questo passo la paura è, come abbiamo detto ieri, che la crisi durerà molto più a lungo di quello che si crede proprio perchè non si riesce a cogliere le opportunità di riorientamento che essa offre.

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