[09/02/2009] Comunicati

Crisi: lo choc deve arrivare (o della colonizzazione dell´avvenire)

Poco tempo prima della bancarotta di Lehman Brothers, Josef Ackermann, il presidente della Deutsche Bank, aveva fatto correre voce che il peggio fosse passato. Nelle settimane febbrili che si sono poi succedute, i politici e gli specialisti si sono superati nella ricerca dei metodi destinati a incentivare i consumi, come se il capitalismo fosse un movimento perpetuo e che sia sufficiente rilanciare di continuo il suo ciclo.

L´idea che, questa volta, si tratti più che di una "crisi", non è apparentemente venuta a nessuno. La vita segue il suo corso: si fanno prestiti, si dà un giro di vite fiscale, e si spera, con tutto ciò, di doppiare il capo più velocemente. La mancanza della più elementare chiaroveggenza della misura e delle conseguenze della debacle finanziaria indica pertanto bene che quel che è arrivato non è stato anticipato. Dei fallimenti bancari di massa, dei gruppi assicurativi attaccati, degli Stati così al limite della rovina? E i miliardi richiesti per tutto questo, che cosa sono se non il denaro virtuale iniettato in un sistema esso stesso al limite dell´implosione, a causa, giustamente, della natura virtuale degli scambi?

Benché la catastrofe prosegua implacabilmente il suo corso ad una andatura che sfida ogni concorrente, colpendo un settore dopo l´altro, il bricolage, la rappezzatura e il rattoppo e il sempiterni summit continuano a dare l´apparenza che la crisi sia gestita. Le reazioni della gente sono gravi, ma senza panico. Nonostante il lotto quotidiano di notizie orrorifiche che provengono dalla Global Economy, cittadine e cittadini non sono che moderatamente agitati.

Notiamo a margine che un avvenimento, considerato come storico dai posteri, è raramente percepito come tale in tempo reale. Retrospettivamente, ci stupiamo che un Kafka, il giorno che la Germania dichiarò guerra alla Russia, abbia solamente scritto nel suo diario in maniera lapidaria: «La Germania ha dichiarato guerra alla Russia – Pomeriggio: corso di nuoto». Le onde dello choc, che percorrono le nostre società moderne e complesse, partono da un punto di impatto catastrofico iniziale e non hanno che la funzione essenziale di ritardarlo. E´ dunque piuttosto eccezionale che un rovesciamento sociale venga riconosciuto per quello che è dai sui contemporanei. E´ agli storici che è affidato di costatarne la realtà. Gli ecologisti qualche volta deplorano che la gente non riesca ad interiorizzare l´idea che il loro ambiente si modifica.

Uno studio condotto su diverse generazioni di pescatori professionisti in California, dimostra che sono i più giovani che hanno meno coscienza del problema della sovra-pesca e della scomparsa delle specie. Tali modificazioni di percezione e di valori, analoghe alle trasformazioni ambientali, li incontriamo anche nella sfera sociale: si pensi al ribaltamento completo dei valori nella società tedesca all´epoca hitleriana.

In questa società, la componente non ebrea, nel 1933, trovava completamente impensabile che, solo qualche anno più tardi e con la loro partecipazione attiva, i loro concittadini ebrei venissero non solo spogliati, ma che fossero imbarcati su dei treni per essere messi a morte. Sono però gli stessi che guarderanno, a partire dal 1941, i convogli di deportati partire verso l´est, mentre una parte non trascurabile tra loro si appropriava di attrezzature da cucina, mobili ed opere d´arte "arianizzate"; che alcuni prendevano la gestione degli affari "giudei" o abitavano le case dalle quali i loro proprietari ebrei erano stati espulsi. Trovando questo del tutto naturale.

Che i cambiamenti del quadro della vita, cosi come delle norme consensuali, si veda appena, attiene anche al fatto che la metamorfosi percettibile non riguarda che una parte spesso infima della realtà vissuta. Sottostimiamo in maniera cronica come il tran-tran quotidiano, le abitudini, il mantenimento delle istituzioni, di media, la continuità dell´approvvigionamento producono la credenza che di fatto nulla possa succedere: i bus funzionano, gli aerei decollano, le auto restano ferme negli ingorghi del week-end, le imprese decorano i loro uffici per Natale. Tante prove di normalità sosterranno la convinzione ben radicata che tutto continua come ai buoni vecchi tempi.

Nel momento in cui la storia si produce, gli uomini vivono il presente. Le catastrofi sociali, a differenza dei cicloni e dei terremoti, non si verificano senza preavviso, per quel che riguarda la loro percezione, rappresentano un processo quasi insensibile, che non può essere condensato che a posteriori in un concetto come quello di "crollo" o di "rottura di civiltà".

E´ noto: il sapere cresce allo stesso tempo che l´ignoranza; ma fino ad oggi noi abbiamo, con Karl Popper, dato a questa massima un senso piuttosto ottimista nell´interpretarla come un´esigenza di stabilità per le società del sapere. Ora, le crisi che si stanno accumulando - il clima e l´ambiente, l´energia, le risorse e le finanze – manifestano con evidenza che dobbiamo batterci su numerosi fronti in un´ignoranza abissale sulle conseguenze dei nostri atti.

La sconfitta dell´esperienza, o della sua applicazione, non sottolinea che noi non ci troviamo già ad un "tipping point", un punto di basculamento sistemico, a partire dal quale delle tendenze non possono più essere corrette? L´ultima, per data, ci riporta a due decenni indietro: il fallimento generale che nessuno aveva previsto di tutto un emisfero politico con degli effetti di fondo sulla configurazione degli Stati. Allora la marcia trionfale dell´occidente pareva avere il suo sigillo; si è proclamato per prima la fine della storia ma, nel frattempo, il seguito sembra aver dimostrato che, in 50 anni, la storia potrebbe datare il 1989 come l´inizio della ritirata delle democrazie. Si potrebbe ben diagnosticare che l´attuale crisi finanziaria mondiale non sia che la nuova tappa di un declino iniziato da lungo tempo.

Possiamo, senza rischio, dire d´ora in poi che per cambiamenti accelerati, occorre passare in un istante da un´epoca ad un´altra, mentre un ultraliberismo sfrenato succede ad un interventismo statale, e sottomette tutte le certezze fino ad allora acquisite, non solo in materia di economia e finanza, ma anche nella politica climatica. Pertanto, nessuno pensa seriamente alla possibilità di un fallimento totale, al riguardo le crisi finanziaria, energetica e climatica rivelano delle affinità. Si ritiene impossibile un crollo complete del sistema finanziario ed economica e si espone ancora meno che la penuria di energie fossili raggiungerà un livello tale, entro qualche anno, che anche nei Paesi più ricchi coloro che hanno i redditi più bassi non potranno più scaldarsi.

Che significa la conoscenza del presente? Le emissioni di gas serra cresceranno a causa dell´industrializzazione globalizzata, al punto che il famoso limite di due gradi al di là del quale le conseguenze dei cambiamenti climatici diventano incontrollabili non sarà tenuto. Nello stesso tempo, gli specialisti del clima non ci danno che 7 anni per cambiare da capo. La concorrenza che cresce sempre più velocemente intorno alle risorse potrebbe degenerare in confronti violenti per dividere vincitori e vinti.

Non c´è alcun modo per sapere in quale gruppo si situerà l´Europa. Ormai, è il futuro delle generazioni future che stiano oberando, soprattutto con il furto del debito pubblico ed il sovrasfruttamento delle materie prime. Questa colonizzazione dell´avvenire la pagheremo, perché il sentimento di ineguaglianza tra generazioni è uno dei più potenti catalizzatori di mutazioni radicali. Delle mutazioni che non devono intendersi in senso positivo, come il progetto di rinnovamento generazionale del nazionalsocialismo ha dimostrato.

Une massa debordante di problemi in un contesto nel quale mancano soluzioni possibili è un urlo che conduce a quella che la psicologia sociale definisce come una "dissonanza cognitiva". O per dirla alla maniera di Groucho Marx : «Perché dovrei prendermi cura dei posteri? I posteri si preoccupano per me?» Certo, un obiettivo quale l´uguaglianza tra generazioni rimette in questione i calcoli di crescita a corto raggio così come l´idea che il benessere ai ottiene attraverso una mobilità ininterrotta e con l´illuminazione 24 ore su 24 del pianeta intero.

E´ proprio in tempo di crisi che si vede ciò che succede, fatalmente, quando un´entità politica comune non ha alcuna idea di quel che vuole veramente essere. Delle società che si contentano di soddisfare i bisogni dei sensi con il consumo non hanno oggi una rete per ritardare la loro caduta, in quanto sono tagliate fuori dalla possibilità di un´identità ed dal senso di cosa sia il benessere, quando l´economia funzionerà ancora. Tutto questo cade nel momento in cui gli esperti non hanno da proporre alcun piano. Può essere che il loro volo alla cieca sia il segno di una rinascita. Quella della politica.

*psicosociologo, ricercatore del Kulturwissenschaftlichen Institut di Essen

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