[06/02/2009] Comunicati

Il grammo di CO2, nuova misura di base delle attività umane?

LIVORNO. Continuano le polemiche e le riflessioni avviate dopo l´articolo del Times nel quale si diceva che due ricerche su Google produrrebbero in media tanta C02 (14 grammi) quanta ne occorre per un bollitore. Google ha immediatamente risposto che, secondo i suoi calcoli, una ricerca produce solo 0,2 grammi di CO2. Ma ormai tutto si misura in grammi di anidride carbonica: una tazza di caffè, una cena a chilometro-zero, un viaggio in treno o in aereo, il biossido di carbonio sembra diventato il nuovo sistema metrico dell´era del climate change.

Su Cyberpresse.ca si legge: «Ma questa griglia di lettura della nostra vita quotidiana, espressa in grammi equivalenti di carbonio, unità che tiene conto di tutti i gas serra, pone delle questioni di metodologia, ogni giorno porta il suo lotto di nuovi studi, credibili o ingannatori. Per fare il bilancio del carbonio di una bottiglia d´acqua, quale parte si deve attribuire alle emissioni legate al tragitto in auto fino all´ipermercato? Per un´entrecôte di 300 grammi, fino a dove bisogna spingere l´analisi della filiera dell´allevamento, fortemente emettitrice di metano a causa dei rutti e dei peti delle vacche?».

Quel che è certo è che l´ultima controversia sul peso in CO2, e quindi sull´impatto ambientale, di internet è una cosa inaspettata per chi sognava e teorizzava fino a poco tempo fa la dematerializzazione dell´economia. La società digitale non si sta affatto dimostrando "carbon-nautral" e se la dematerializzazione si traduce (non sempre) in un utilizzo minore di materie prime "tradizionali", ma il web si è tradotto in una invisibile autostrada planetaria che consuma energia, ad iniziare dalla produzione dei computer e dai server che succhiano elettricità .

Alex Wissner-Gross, il ricercatore di Harvard, citato nell´articolo del Times, dice di non aver calcolato una cifra specifica per Google e che il suo lavoro di "misurazione" riguarda l´insieme del web: ogni secondo passato in rete sarebbe "pesabile" in media in 20 mg di C02 emessi. Poi ha spiegato all´agenzia Afp: «Ma una media in quanto tale non dà molte informazioni perché occorre tralasciare numerose variabili, quali la localizzazione dei clienti e dei server, il materiale informatico utilizzato».

Insomma la media della CO2 è un´impalpabile media del pollo all´estrema potenza e per permettere un´analisi personalizzata almeno dell´impatto-carbonio di un sito è stato creato uno strumento: il CO2stats.
La discussione sembra essere solo all´inizio, e le polemiche sottolineano comunque la necessità di calcolare un nuovo limite, una nuova misura, un elemento di paragone universale per orientare i comportamenti verso un mondo con meno emissioni di CO2.

Hugo Kimber, direttore di The Carbon Consultancy, spiega su Cyberpresse che «E´ urgente che la gente cominci ad agire . Se ci diciamo: aspettiamo di aver messo del tutto a punto queste cifre, può darsi che questo avvenga troppo tardi» E il criticato Wissner-Gross sottolinea che «Per la prima volta nella storia, la nostra civiltà comincia a misurare il suo impatto ambientale in maniera seria, completa e dettagliata. Una certa fluttuazione è inevitabile. Ho fiducia in un consolidamento progressivo dei modelli».

Resta da capire se quello che ora sembra un "conto" da specialisti diventerà abitudine e sentire comune dei consumatori, senza la cui spinta una economia "de-carbonizzata" sarà difficile da mettere in piedi. Se Le etichette che descrivono quanto impatto ha in CO2 un prodotto diventeranno familiari (e lette) quanto quelle delle scadenza, allora un bel passo in avanti sarà stato fatto. La Green revolution o il Green New Deal dimostreranno di essere veramente in cammino solo quando si ragionerà di un prodotto in termini di costo in CO2 come di quello in euro e in dollari? «Io penso che questo diventerà realtà – dice Kimber – Se ci sarà un aumento riguardo alla regolamentazione del carbonio, allora si, essi (I consumatori) penseranno in maniera molto più istintiva», che non è proprio come ragionare sulla sostenibilità di merci e consumi, ma bisogna accontentarsi: basterebbero anche un consumismo ed un marketing con buone abitudini.

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