[05/02/2009] Comunicati

Il quarto rapporto Ipcc, questo sconosciuto (19)

FIRENZE. Osservare che cosa è avvenuto e sta avvenendo nel clima terrestre (1), analizzarne le cause riconoscibili (2), ipotizzare cosa avverrà in futuro (3): questo, in sintesi, è il contenuto dei primi tre capitoli del quarto rapporto Ipcc. Resta quindi da vedere come, secondo il rapporto, è auspicabile che le società umane reagiscano ai cambiamenti climatici indotti dal surriscaldamento globale. Le misure possibili, come sappiamo, includono azioni di mitigazione del Gw, e/o di adattamento ad esso.

Anzitutto va evidenziato come «molte meno informazioni siano disponibili riguardo ai costi e all’efficacia delle misure di adattamento rispetto a quelle di mitigazione»: questo perchè, come è ovvio, è agevole calcolare con buona approssimazione quanto possiamo fare nell’immediato e nel breve periodo per affrontare le cause del problema, mentre l’incertezza riguardo alla futura evoluzione del clima e dei sistemi economici, produttivi e sociali rende molto più arduo elaborare gli scenari adattativi futuri con analoga precisione.

Vediamo comunque, per oggi, come le possibili misure di adattamento siano discusse nel quarto rapporto. L’adattamento, si legge, «riduce la vulnerabilità» delle società umane nei confronti del Gw, «sia nel breve che nel lungo termine». Questa vulnerabilità può essere però esacerbata da vari fattori, derivanti dagli «attuali rischi climatici, dalla povertà, l’iniquo accesso alle risorse, l’insicurezza alimentare, le tendenze nella globalizzazione economica, dai conflitti armati e dall’incidenza di malattie come l’Hiv/Aids».

Inoltre, le misure di adattamento non sono ritenute, di per sé stesse, «sufficienti nei riguardi di tutti i possibili effetti del cambio climatico, specialmente quelli a lungo termine così come quelli causati da un aumento di intensità del cambio climatico». Questo anche perchè, come detto, è tuttora carente una letteratura di livello scientifico riguardo ai costi e ai benefici delle azioni adattative: basandosi sui tuttora pochi studi disponibili per gli impatti nei diversi settori (idrico, agro-silvo-pastorale, infrastrutture, salute, turismo, energia – vedi immagine), comunque, è affermato che «esiste alta fiducia (high confidence) nel fatto che opzioni di adattamento siano praticabili in questi settori a costi bassi e/o con alti rapporti benefici/costi». Inoltre, «la ricerca empirica indica che più alti rapporti benefici/costi possono essere raggiunti mettendo in opera azioni di adattamento ad uno stadio iniziale (del Gw) rispetto alla riqualificazione di infrastrutture usurate».

Per ribadire come il solo adattamento (specialmente se tardivo) non costituisca sufficiente argine all’impatto del cambiamento climatico viene ricordato come «anche società con alta capacità di adattamento rimangono vulnerabili al cambiamento, alla variabilità e agli estremi climatici». E vengono citati, a questo proposito, gli «alti livelli di mortalità (specialmente tra gli anziani) nelle città europee» causati dall’ondata di calore trimestrale dell’estate 2003, e i «grandi costi umani e finanziari» arrecati negli Usa nel 2005 dall’uragano Katrina.

Con maggiore fiducia (e con una trattazione più ampia) è invece affrontata, nel quarto rapporto, la questione riguardante le possibili misure di mitigazione del cambio climatico che possono essere intraprese. Misure che peraltro – ben più di quelle adattative – sono da considerarsi connesse all’evoluzione dell’economia, del sistema produttivo e della società umane verso la sostenibilità. Affronteremo questo aspetto nei prossimi giorni.

(19 – continua)

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