[11/05/2006] Rifiuti

Barca (Regione) sui digestori anaerobici: o compost o biogas

Giovanni Barca è il dirigente della Regione che ha coordinato il gruppo di lavoro incaricato dall’assessore regionale Marino Artusa di studiare gli impianti di trattamento a freddo suggeriti dai comitati in alternativa agli inceneritori. Gruppo di lavoro composto da funzionari regionali, dai direttori Ato, dai direttori delle aziende e da un rappresentanza dei comitati.

Ingegner Barca, può spiegarci finalmente che cosa sono questi impianti?
«Sono degli impianti di trattamento meccanico e biologico che prevedono diverse fasi: quella della triturazione del sacco, poi una serie di vagli e di selezionatori spinti che consentono di separare la parte secca da quella umida. La secca, soprattutto carta e plastica, dovrebbe essere avviata al recupero, mentre l’organica viene indirizzata a dei digestori anaerobici che fermentano in assenza di ossigeno e producono biogas».

I comitati dicono che non esistono impianti del genere in Italia, e che ci sono solo pochissimi impianti a Sidney e in Inghilterra.
«Sistemi di questo genere vengono progettati e realizzati da diversi anni in Italia, anche se le caratteristiche della selezione non sono così spinte e anche se non sempre si ha tutto in un unico impianto. Le faccio qualche esempio toscano: accanto al depuratore di Viareggio abbiamo un impianto sperimentale di digestione anaerobica, che utilizza i fanghi del depuratore e una parte di frazione organica. Oppure a Prato abbiamo solo la prima parte, quella del trattamento meccanico, mentre per esempio Altri impianti di tmb (trattamento meccanico biologico) sono a Case Passerini e a Siena, mentre per esempio a Prato c’è solo il trattamento meccanico».

E gli impianti di trattamento a freddo del Lancashire, in Inghilterra?
«Questa contea inglese ha fatto una scelta strategico-politica ben precisa: hanno deciso di puntare sul trattamento a freddo, ma gli impianti non ci sono ancora, stanno predisponendo i capitolati di gara, ma è ancora tutto da realizzare. Noi come gruppo di lavoro avevamo pensato di andarci, qualora venga deciso di approfondire la questione».

Lei che idea si è fatto? Questi impianti potrebbero costituire un’alternativa agli inceneritori?
«Come gruppo di lavoro abbiamo deciso di presentare all’assessore il nostro approfondimento, ma non spetta certo a noi dire se possano essere o meno una soluzione da perseguire. Quello che posso dire è che impianti di questo genere dipendono molto innanzitutto dalla merceologia del prodotto in ingresso. Noi abbiamo analizzato la relazione che su questi impianti ci hanno suggerito i comitati: elaborato su un ipotetico impianto progettato per 100mila tonnellate l’anno. All’interno abbiamo osservato diverse lacune: intanto si è ipotizzato di avviare al recupero una quantità secondo noi troppo alta di plastica, carta e altra materia…. Questo perché dopo aver passato la triturazione e la vagliatura dubito, per esempio, che la carta sia ancora utilizzabile. L’altro dubbio è la quantità di biogas ottenibile, loro danno un recupero molto alto, ma noi sulla base delle performance che sta ottenendo il digestore anaerobico di Viareggio pensiamo che sia molto meno il biogas recuperabile».

Secondo il calcolo dei comitati però , in discarica andrebbe a finire una quantità già inertizzata che sarebbe la metà rispetto al peso delle ceneri prodotte da un termovalorizzatore, ovviamente a parità di rifiuti in ingresso.
«Non so che calcoli siano questi, dagli studi che abbiamo fatto si pensa che alla fine in discarica finirebbe il 30% della quantità in ingresso all’impianto di trattamento a freddo. Con la termovalorizzazione va invece in discarica una quantità intorno al 18-20%. Infine sempre per restare in termini di confronti, il termovalorizzatore produce energia, poco o tanta non lo so, mentre l’impianto di trattamento a freddo per funzionare la consuma».

Insomma, i problemi non mancano.
«Ho spiegato quello che è venuto fuori dal nostro lavoro. La sintesi di tutto comunque sta nella frazione organica: se spingiamo la raccolta differenziata dell’organico al massimo per farne compost, è chiaro che ne avremo pochissima per farne biogas dal digestore anaerobico. Però potremmo anche decidere di lasciar perdere la frazione organica per poi recuperarla con questi impianti trasformandola in biogas, si tratta semplicemente di valutare tutto e poi di scegliere».

(nella foto: a sinistra l´assessore Marino Artusa, a destra l´ingegner Giovanni Barca)

Torna all'archivio