[03/02/2009] Parchi

Oceana: squali europei in pericolo, sfruttati dalla testa alla coda

LIVORNO. Oceana, un´organizzazione internazionale ambientalista che ha base in Spagna, ha pubblicato il nuovo rapporto "From the Head to Tail: How European nations commercialise shark products" dal quale emerge che «gli Stati dell´Ue sono responsabili di oltre il 50% delle importazione mondiale di carne di squali e che molti altri prodotti derivati dagli squali vengono consumati e commercializzati comunemente».

Il rapporto arriva alla vigilia della presentazione Piano d´Azione Ue per la conservazione e la gestione degli squali che la Commissione europea presenterà il 5 febbraio e Oceana si augura che «potrà fornire una risposta effettiva al fatto che questi animali, minacciati da estinzione, siano attualmente oggetto di pratiche di pesca senza alcuna regolamentazione». L´obiettivo del Piano d´azione Ue dovrebbe essere quello di porre le basi per l´ applicazione di una futura regolamentazione e migliorare lo stato di conservazione degli squali in acque territoriali e internazionali, con l´aumento dei controlli su pesca e commercio e con la protezione degli habitat.

Il rapporto di Oceana "Dalla testa alla coda: Come gli Stati Europei commercializzano i prodotti derivati dallo squalo", dimostra come dietro la strage degli squali ci sia una pesca industriale che alimenta una «diffusa commercializzazione e consumo dei prodotti derivati dallo squalo da parte dei consumatori europei». Gli squali sono pescati per le loro preziose pinne usate nei ristoranti asiatici per farci la zuppa.

Secondo il rapporto «Nel 2005, tre paesi europei (Olanda, Francia e Spagna) sono stati coinvolti nel commercio di pinne di squalo. La Spagna è il leader del mercato delle pinne di squalo, infatti fornisce circa il 95% di tutte le pinne esportate dall´Europa verso il resto del mondo. La Spagna è il principale esportatore di pinne di squalo surgelate al mercato di Hong Kong ( il mercato di pinne di pescecane più grande del mondo). L´Italia è il principale consumatore di carne di squalo d´Europa, e il loro secondo maggiore importatore. Il Regno Unito è il principale protagonista della pesca europea di squali di acque profonde soprattutto per il loro olio di fegato che poi in Francia, viene trasformato in un ingrediente per cosmetici chiamato "squalene"».
Il rapporto di Oceana illustra anche l´uso e il commercio in Europa di altri prodotti derivati dallo squalo, compresa la cartilagine negli integratori alimentari e la pelle come sostituto del pellame.

Rebecca Greenberg, responsabile della campagna squali di Oceana Europa, spiega che «Il rapporto sottolinea il ruolo chiave svolto dai paesi dell´UE nella pesca, nel consumo e nel commercio internazionale di squali e di prodotti derivati dallo squalo, dalla carne e le pinne alla cartilagine e la pelle. Il forte e ampio coinvolgimento dell´Ue nella pesca e nel commercio di squali è il motivo per cui abbiamo urgente bisogno di un´azione effettiva».

I dati sono impressionanti: nel 2005, l´Ue è stata responsabile del 56% delle importazioni di carne di squalo e del 32% delle esportazioni mondiali. Nel 2006, i paesi dell´Ue (soprattutto Spagna, Portogallo, Francia e Germania) hanno importato oltre 40.000 tonnellate di carne di squalo.

Il declino degli squali sembra inarrestabile ed è dovuto soprattutto alla sovra-pesca che ha un impatto drammatico anche a causa delle particolari caratteristiche biologiche di queste specie. Inoltre, nonostante che secondo la Lista Rossa Iucn un terzo delle popolazioni europee di squali e razze sia minacciato di estinzione, la pesca d agli squali è poco regolamentata e molte specie minacciate sono senza protezione giuridica.

Xavier Pastor, direttore di Oceana per l´Europa, spiega che «Le flotte da pesca dell´Unione europea sono le principali protagoniste dello sfruttamento e del commercio di squali e dunque ci auguriamo che con il Piano d´Azione adesso l´Ue assuma un ruolo di leadership nello sviluppo di politiche che definiscano dei limiti massimali di pesca di queste specie in modo sostenibile e precauzionale"».

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