[30/01/2009] Consumo

I pastori africani alle prese col cambiamento climatico

LIVORNO. A causa del cambiamento climatico, in Africa nel 2020 non meno di 250 milioni di persone non avranno acqua a sufficienza per soddisfare i loro bisogni essenziali.
A Nairobi si è tenuto un incontro tra uomini di governo e allevatori del Corno d´Africa, dell´Africa centrale e di quella centrale per discutere dei modi con i quali attenuare gli effetti sulle popolazioni dei cambiamenti climatici nelle aree ad economia pastorale.

La riunione era organizzata dall´Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) e dall´Unione Africana (Ua) per definire un quadro di politiche applicabili all´insieme del continente «per garantire e proteggere le vite, i mezzi di sussistenza ed i diritti degli allevatori d´Africa».

I rappresentanti degli allevatori di Etiopia, Kenya, Tanzania, Sud-Sudan e Uganda hanno parlato dei meccanismi di sorveglianza e di adattamento che potrebbero essere utilizzati dai pastori per far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Gli allevatori africani si sono lamentati del cattivo governo, della loro marginalizzazione, della mancanza di accesso all´istruzione e dell´insicurezza, che rappresentano ostacoli, spesso insormontabili, che si vanno ad aggiungere alle difficoltà che devono affrontare con l´evoluzione del clima.

Moses Ndiyaine, un allevatore della Tanzania, ha suggerito «La creazione di un fondo mondiale speciale destinato agli allevatori, per aiutarli a progettare dei sistemi di allarme precoce, a migliorare i servizi veterinari ed a fare pressione sui loro governi per assicurare l´adozione di legislazioni che siano adatte a loro».

Charles Ehrhart, coordinatore di Care international per la povertà e l´ambiente, ha detto che «Le conseguenze quotidiane del cambiamento climatico, soprattutto le temperature più elevate e le precipitazioni erratiche, rende molta più gente vulnerabile ai rischi climatici. Entro il 2020, i cambiamenti climatici avranno contribuito allo stress idrico, al deterioramento delle terre, alla diminuzione del rendimento delle colture ed alla crescita del rischio di incendi forestali, il che provocherà una diminuzione del 50% della produttività agricola. Questo si tradurrà in gravi penurie di cibo ed acqua, e le popolazioni colpite subiranno forti pressioni che le inciteranno a migrare. Sono le siccità prolungate che incitano di più le famiglie a partire ed in particolare a lasciare le regioni rurali per installarsi in ambiente urbano. Solo nel Corno d´Africa, più di 20 milioni di allevatori hanno attualmente uno stile di vita centrato sulla ricerca di pascoli ed acqua che si fanno sempre più rari».

Secondo il dirigente di Care International, «Nel corso dei prossimi 20 o 30 anni, le regioni già colpite dai rischi climatici vedranno aumentare la frequenza e/o l´intensità di questi eventi. Inoltre le regioni già colpite dalla siccità e le inondazioni aumenteranno di superficie. Se i rischi climatici si aggraveranno, la capacità decrescente delle popolazioni a far fronte a questi eventi sarà senza dubbio più problematica. Con i cambiamenti climatici, dobbiamo prepararci a più catastrofi, che si svilupperanno rapidamente o lentamente. Un aiuto umanitario sarà particolarmente necessario nelle regioni già qualificate come zone a rischio. Con il cambiamento climatico, è essenziale aumentare gli investimenti preparazione e negli interventi in caso di catastrofi, e migliorare la qualità e la responsabilità in questi settori».

In Kenya, dove si è tenuto l´incontro, le piogge insufficienti ed episodiche, la riduzione dei raccolti di mais a causa delle violenze politiche post-elettorali, i prezzi elevati dei carburanti e dei concimi hanno innescato una crisi alimentare.

Per Jeanine Cooper, direttrice dell´ufficio Ocha-Kenya «Occorre affrontare urgentemente I fattori cronici all´origine dell´insicurezza alimentare nelle regioni agricole marginali, per permettere alle popolazioni vulnerabili di forgiarsi una resistenza sostenendo le strategie di sorveglianza ed adattamento. Il cambiamento climatico va progressivamente aggravando I rischi e le vulnerabilità, mettendo anche a dura prova le strategie di sorveglianza, già funzionanti ai limiti delle loro possibilità, e ingrandendo anche le ineguaglianze».

Con il sostegno dell´agenzia svizzera per lo sviluppo e la cooperazione, Oche ed Ua sperano di ottenere, nel corso del prossimo anno, una serie di risultati per quanto riguarda la diminuzione dei rischi di catastrofi e la gestione del cambiamento climatico in Africa, per avviare finalmente l´élaborazione di una politica sulla pastorizia comune per l´intero continente.

Besida Tonwe, direttrice dell´ufficio Ocha per l´Africa, ha chiuso la riunione dando appuntamento ad un prossimo incontro a metà 2009 nel quale si discuterà di come rafforzare la resistenza degli allevatori e le loro capacità di adattamento di fronte ad un clima in piena evoluzione, ed ha concluso: «Bisogna farsi un´idea chiara dei bisogni umanitari che il cambiamento climatico produce e produrrà nelle regioni pastorali dell´Africa».

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