[30/01/2009] Comunicati

Belem, Cogliati: «Un movimento allargato per proposte contro il climate change»

La crisi, che sta coinvolgendo tutto il sistema globale creato dal liberismo degli ultimi 20 anni, crea un contesto del tutto nuovo di cui occorre sondare le difficoltà e le opportunità che si delineano.
E’ evidente che quella che è entrata in crisi è l’ubriacatura liberista degli ultimi anni, l’ideologia del mercato come unico parametro dello sviluppo. Ma dobbiamo anche sapere che questo sistema è entrato in crisi per implosione interna non per effetto della reazione alle enormi disuguaglianze che ha prodotto nel mondo.
A questo primo dato si aggiunge però un’altra caratteristica, ovvero la contemporanea esplosione della crisi climatico-ambientale, che se per un verso espone le aree geografiche meno sviluppate e le fasce più povere della popolazione ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita e a emigrazioni di massa, pone in campo anche la necessità di ripensare tutto il modello produttivo. Decarbonizzare l’economia implica necessariamente interrogarsi non solo sulle risorse energetiche e sul loro approvvigionamento, ma anche sul consumo di natura e di materie prime, sull’innovazione dei prodotti e dei processi, su nuove regolamentazioni del mercato imposte dalla volontà pubblica, sulla necessità di difendere l’occupazione e i livelli di vita delle fasce più povere creando nuove opportunità di lavoro in questi campi. Per questo è giusto parlare di Green New Deal come grande opportunità. Per questo è giusto parlare del governo di questi processi ai diversi livelli a cui si possono sviluppare, locale e globale.

A proposito del governo dei processi una finestra va aperta sulla situazione italiana, dove, a nostro modo di vedere, il Governo di centro destra sta mettendo in campo una sorta di sperimentazione: trasformare il funzionamento sostanziale della democrazia parlamentare vigente senza toccare la lettera della Costituzione, ma contravvenendo ai suoi principi ispiratori. Si esautora il Parlamento, costretto a votare misure blindate, si toglie potestà alle autorità locali nella gestione delle opere pubbliche, si dà grande spazio ai poteri monopolistici in campo energetico contrapponendosi alla possibilità di sviluppare un modello energetico diffuso sul territorio, si criminalizzano alcune fasce degli immigrati per scaricare su di loro le tensioni sociali crescenti. E’ quello che si può chiamare una deriva populista e decisionista che sta corrompendo le basi della democrazia in Italia.
Tutto ciò comporta una riduzione sostanziale degli spazi di democrazia e di partecipazione della popolazione, che spesso finisce per chiudersi in conflitti localistici, di semplice opposizione senza riuscire a creare un movimento di idee e di persone in grado di difendere innanzitutto l’interesse generale. Da qui una nuova e più forte domanda ai movimenti e alle associazioni: creare nuovi spazi di democrazia e di partecipazione, partendo dalla consapevolezza che la crisi del liberismo e la globalità della crisi climatico-ambientale rappresenta un’occasione unica per riaffermare il valore dell’interesse generale e per coinvolgere le persone in battaglie costruttive per promuovere concretamente la difesa dell’interesse generale.

Noi di Legambiente pensiamo che davvero oggi per la grande maggioranza delle persone sia facile capire che parlare di contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici sia fare gli interessi di tutte le popolazioni del Nord e del Sud del mondo.

Il Social Forum mondiale è un’occasione molto utile per confrontarsi sul fatto che oggi è grande la consapevolezza che la questione ambientale è ormai indissolubilmente legata a quella sociale, sia a livello locale che a livello globale. Oggi è fondamentale agire sul livello locale, ma le esperienze che si raccolgono lì non hanno futuro se non sono inserite in una rete di confronto sovra locale ed in un’idea di processi globali di governo del sistema, anche per creare le alleanze necessarie.

Sul territorio nazionale e locale non possiamo non tener conto del valore positivo rappresentato dalla strategia europea così detta del 20 – 20 – 20 (riduzione delle emissioni di CO2 del 20%, aumento dell’efficienza e delle rinnovabili del 20%). Come Legambiente pensiamo che sia fondamentale in questa fase coniugare le azioni di contrasto ai cambiamenti climatici con le opportunità di valorizzare il ruolo di queste azioni come le vere misure antirecessive che possono portare benefici sociali e ambientali.

In questa prospettiva noi ci stiamo attivando con i sindacati per creare un movimento che metta al centro delle strategie antirecessive e di difesa dell’occupazione ambiti di intervento dagli innegabili risvolti sociali e che nulla hanno a che fare con il sostegno a banche e finanzieri che hanno speculato negli anni delle vacche grasse e che oggi sono sull’orlo del fallimento.
In una prospettiva antirecessiva, prima di tutto, ovviamente, si pone lo sviluppo delle energie rinnovabili, accompagnato da interventi di sviluppo massiccio del risparmio energetico e dell’efficienza energetica, che possono costruire un nuovo terreno di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, perché qui si radichino pratiche sociali ed economiche non impattanti per l’ambiente, ma non penalizzanti per le legittime aspirazioni di benessere di questi paesi.

Il secondo grande ambito di intervento è rappresentato dalla mobilità, che oggi assedia le città con milioni di automobili, a vantaggio dello sviluppo delle ferrovie.
Il terzo ambito è rappresentato dall’intervento sulle industrie inquinanti e sulla bonifica dei siti industriali abbandonati. Anche qui, infatti, sono le popolazioni più povere che subiscono i danni maggiori e che meno si possono difendere dall’inquinamento dell’aria o del suolo.

Infine il quarto ambito riguarda la messa in sicurezza del territorio, problema particolarmente grave in Italia. Qui infatti le improvvise e violente manifestazione atmosferiche provocano danni e vittime, che si potrebbero facilmente risparmiare con una attenta prevenzione.

In tutto ciò noi dovremo nel prossimo futuro fare una grande campagna per far capire alla gente quali sono le opere utili e quali quelle inutili, a cominciare, ad esempio, dalla costruzione delle centrali nucleari, demente progetto verso cui sembra che il governo italiano voglia marciare a tappe forzate.

Infine un ultimo punto ci interessa molto sottolineare.
Come movimento ambientalista fin dagli anni Novanta abbiamo fatto di tutto per far capire che la salvaguardia e la salubrità dell’ambiente sono questioni di interesse generale e che la vera difesa dei diritti al lavoro e alla qualità della vita passa attraverso la difesa dell’ambiente. Oggi la connessione tra ambientale e sociale sembra acquisita, dobbiamo però ancora fare molto sul versante delle alleanze con i soggetti sociali e culturali che sono nati intorno ad altre sensibilità. Questa è la vera sfida che abbiamo davanti. All’inizio del 2008 abbiamo dato vita in Italia alla più grande alleanza per il clima (In marcia per il clima): più di 50 associazioni di ambientalisti, agricoltori, consumatori, del mondo della cultura e del lavoro, di promozione sociale hanno dato vita ad un Comitato che ha promosso una grande manifestazione per il clima il 7 giugno e che ora sta organizzando una Conferenza Nazionale per l’energia. Sulla base di questo input pensiamo che la sfida dei prossimi mesi, nel percorso che ci porterà fino a Copenaghen, sarà proprio quella di creare un movimento allargato e nuove alleanze che si misurino con le proposte per contrastare i cambiamenti climatici, riducendo al contempo le disuguaglianze e le ingiustizie sia nei paesi sviluppati che tra nord e sud del mondo.

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