[30/01/2009] Comunicati

L´homo sapiens sostenibilis

LIVORNO. L’uomo del futuro. Solo scrivendo questa frase significa dare per scontato almeno due cose: che l’uomo continuerà ad essere; e che avrà un futuro. Questo perché siamo così attaccati alla vita (la nostra e quella della terra) che quando saremo sul punto di morire, per dirla alla Vecchioni, pianteremo un ulivo, convinti ancora di vederlo fiorire. Dunque l’uomo del futuro, i figli dei figli dei figli…

In tempo di crisi economica-finanziaria-ecologica il pensiero non può non correre verso di loro. Nei confronti dei quali lasceremo che cosa? E soprattutto come si evolverà la nostra specie? Thimoty Garton Ash ieri su Repubblica attaccava così il suo intervento affermando che «L’Uomo di Davos, “il mammifero più evoluto del pianeta”, farebbe bene a chiedere scusa per averci messo nei guai economicamente». Già, ma anche ecologicamente ci ha messo nei guai e anche di questo dovrebbe renderne conto. Nasce da qui l’immagine di quello che dovrà essere su questo pianeta l’evoluzione dell’uomo, se vogliamo che, appunto, abbia un futuro. Un’evoluzione che necessariamente dovrà avere, almeno in alcune sue forme, innanzitutto una velocità maggiore rispetto alle evoluzioni del passato (homo erectus – homo sapiens sapiens). Una questione non solo di “più intelligenza”, ma anche di maggiore capacità di adattamento alle mutate condizioni del pianeta.

Comunicazione e informazione, insomma, perché di questo si parla in quanto è questo che ci ha fatto evolvere come specie. Dunque, che sarà di noi? “Il mammifero più evoluto del pianeta” crediamo ancora che sarà l’uomo, ma non quello di Davos, almeno fino a quando il modello economico al quale farà riferimento sarà quello attuale e non quello incentrato sulla sostenibilità. L’uomo di Davos, ha ragione Ash, dovrebbe andare dietro la lavagna per essersi dimenticato (volutamente o no) che l´economia è sott’ordinata all´ecosistema. E non viceversa. L’economia è l’uso razionale delle risorse scarse, ma se le risorse le si ritengono illimitate, come quelli che pensano che si possa crescere all’infinito, si commette un errore tragico. Tragico perché quando il modello va in crisi – giorni nostri – nel bel mezzo della crisi ecologica, non si salva né capre (economia), né cavoli (ecosistema). E la casa (oikos) va in malora.

Guardando molto, molto avanti, è assai probabile che l’evoluzione prosegua nei prossimi millenni magari attraverso mutazioni quali capacità respiratorie, udito, vista. Chissà, può darsi che in un domani lontanissimo l’uomo sarà in grado di resistere meglio a un ambiente che, a causa dell’inquinamento, sarà assai più ostile. Anche Andy Knoll dell’università di Harvard (Repubblica di oggi parlando del nuovo numero di Le Scienze), alla luce dei cambiamenti climatici, si chiede «fino a che punto la capacità di adattamento permetterà all’uomo di sopravvivere in un ambiente stravolto». Tutto questo sempre che l’uomo non pregiudichi talmente la vita sulla terra da far sì che il problema non si ponga… Oppure niente evoluzioni fisiche-psichiche ma saprà solo difendersi meglio grazie alla sempre più forte interazione con le macchine. E colpisce in questo senso il progetto europeo di robotica che partirà ufficialmente il 2 febbraio con un meeting europeo a Monaco, Viactors (Variable Impedance ACTuation systems embodying advanced interaction behavOuRS), che ha un obiettivo davvero ambizioso: «non produrre automi che semplicemente replichino in toto la struttura fisica umana - spiega Antonio Bicchi, direttore del Centro ‘Enrico Piaggio’ dell´Università di Pisa che è partner del progetto - ma piuttosto quello di capire quali sono le parti di una struttura biologica che consentono all’organismo di svolgere determinate funzioni, per poi sviluppare nuovi componenti per i robot in grado di svolgere la stessa funzione. La rivoluzione è che questi componenti verranno inseriti direttamente nella struttura fisica del robot. Non ci sarà più un programma esterno che, caricato sull’automa come un software, darà istruzioni alla macchina, ma la capacità di svolgere una funzione sarà incorporata direttamente nel ‘fisico’ della macchina, così come avviene nel caso di alcune capacità umane, per esempio motorie».

Una macchina con capacità di svolgere una funzione incorporata direttamente nel fisico è un passo verso qualcosa la cui portata è difficilmente immaginabile. La cosa tra l’altro non genera in noi alcun desiderio luddistico, ma ci fa ulteriormente riflettere sullo sviluppo delle capacità umane che sempre più, invece di essere stimolate come si fa con un muscolo per non farlo atrofizzare, le si bypassano relegando ai pc e alle macchine in genere. Soprattutto le capacità mnemoniche e di calcolo che hanno permesso all’uomo di compiere passi da gigante nell’evoluzione. Invece ci pare che l’eccessiva specializzazione, le semplificazioni derivanti dal facile utilizzo delle ricerche in rete, la comunicazione ridotta all’osso sommersa, paradossalmente, da una quantità di informazioni mai viste nella storia dell’umanità, stiano portando l’uomo ad avere difficoltà a porsi davanti alla complessità della vita. Un’evoluzione quindi al contrario, come se la vita fosse un sistema binario uguale a quello delle macchine: 0,1,0,1. Sì, no. Bianco, nero.

Sono queste, crediamo, le basi per un caos. L’uomo del futuro, dal nostro punto di vista, per esserci in quel futuro ha una sola strada: la sostenibilità. Capirne l’essenza e praticarla. Riportare le dinamiche che regolano l’economia e i rapporti tra le persone ‘sulla terra’. L’economia ecologica dovrà essere un concetto esso stesso di passaggio per tornare ad essere semplicemente economia. La biologia della conservazione dovrà essere parte integrante di tutte le azioni di trasformazione di materia e di energia dell’uomo. Uomo che a sua volta dovrà aiutarsi con le macchine mantenendo il massimo della capacità critica. Insomma, la prossima evoluzione o sarà dall’Homo sapiens sapiens (aeconomicus) all’homo sapiens sostenibilis, o non sarà.

Ci ricorda sempre Repubblica di oggi nel pezzo su Le Scienze che tra i quesiti dell’evoluzione (la domanda se la pone Frans De Waal della Emory University) c’è quello del perché l’uomo ha bisogno di comunicare cose intime, in particolare sofferma la sua analisi sul diventare rossi per l’imbarazzo, caratteristica unica dell’uomo rispetto alle altre forme di vita sulla terra: «mostrare imbarazzo – dice - interferisce con la strategia di manipolare gli altri senza farsi troppi scrupoli. E’ come se gli uomini primitivi fossero sottoposti a una pressione evoluzionistica tesa a premiare l’onestà».

Volutamente non siamo entrati in questioni religiose per avere un approccio laico di fronte all’evoluzione dell’uomo, ma ci pare che, purtroppo, l’homo sapiens sapiens di oggi abbia quasi completamente dimenticato cosa significhi la parola vergogna…

Torna all'archivio