[26/01/2009] Aria

Edificare il mondo post crisi: dalle macerie di Davos ora si pianifica guardando al global warming

LIVORNO. In un clima da caduta degli dei, come ben ha spiegato oggi Rampini su Repubblica, da mercoledì 28 a domenica 1 febbraio torna l’appuntamento con il World economic forum di Davos. Titolo: “Shaping the post-crisis world” (Edificare il mondo post-crisi) e, nonostante tutto, è comunque un segnale che il Forum, i cui protagonisti di sempre sono stati travolti dai disastri finanziari che si sono abbattuti sull’economia reale, sostenga nella sua presentazione che l’evento «will be focused on managing the current crisis and shaping the entire post-crisis agenda, from economic reform to climate change», ovvero sarà incentrato sulla gestione della crisi attuale e sulla pianificazione dell’agenda del dopo-crisi, dalla riforma economica al cambiamento climatico.

Gli organizzatori del World economic forum annual meeting 2009 – che comunque negli ultimi anni si era dimostrato un po’ più attento al rapporto economia-ecologia - ritengono che questo sarà il più importante evento della storia della manifestazione. Si parla di 41 capi di stato e di governo, 16 ministri degli esteri, 17 ministri delle finanze, 20 ministri del commercio e 1400 amministratori delegati e alti dirigenti delle più grandi multinazionali mondiali.

In tutto 2500 rappresentanti del mondo politico, economico, accademico e della società civile. Da quanto si apprende dalle agenzie, a Davos ci sarà il primo ministro Gordon Brown, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il premier giapponese Taro Aso, quello cinese Wen Jiabao, il primo ministro russo Vladimir Putin, l´ex presidente Usa Bill Clinton e il suo ex vice Al Gore, mentre l´Italia sarà rappresentata dal ministro dell´economia Giulio Tremonti e dal governatore di Bankitalia Mario Draghi.

Il Forum sarà diviso in sei aree: la promozione della stabilità nel sistema finanziario e il riavvio della crescita economica globale, assicurare la governance sul lungo periodo, indirizzare le sfide per la sostenibilità e il cambiamento, costruire i valori e i principi di leadership nel mondo post-crisi, catalizzare le nuove ondate di crescita attraverso la tecnologia, l´innovazione e la scienza e, infine, la comprensione delle implicazioni suo modelli di business industriale. La novità di quest´anno è che sarà possibile per tutti partecipare attivamente a forum sia attraverso You tube (www.youtube.com/davos) sia attraverso il social network MySpace (www.myspace.com/myspacejournal). I migliori contributi che arriveranno da questi due siti saranno utilizzati nelle sessioni di lavoro di Davos.

Si dice che questo appuntamento ormai non interessi perché, per dirla alla Rampini, è un «modello (che) sembra aver esaurito le ultime energie». Questo nonostante in anni recenti – lo abbiamo sottolineato anche noi di greenreport – il Forum abbia affrontato anche il grande tema dei cambiamenti climatici ospitando pure Al Gore, dimostrando di aver intuito che qualcosa stava cambiando. Evidentemente i ‘cambiamnti’, scusate il gioco di parole, sono stati così repentini che hanno travolto tutti quelli che a Davos venivano convinti che bastasse esserci per aver in pugno le chiavi dell’economia finanziaria. Dice sempre bene Rampini che un dibattito come il “Codice etico dei banchieri” in programma quest’anno al Forum si presta più che altro al sarcasmo, ma è pur vero che Davos resta un momento di confronto. Almeno questo, dal quale possono arrivare dei segnali che ci possono aiutare a capire meglio che cosa sta accadendo nel mondo economico e che cosa accadrà.

Riportiamo per questo uno stralcio dell’intervista al direttore generale del Forum economico (Wef) André Schneider, pubblicata da swissinfo.com, che alla domanda “La crisi economica e finanziaria non rischia piuttosto di far passare in secondo piano gli altri problemi?”, risponde così: «È una sfida per tutti noi. Bisognerà parlare della crisi finanziaria e della crisi economica che ne consegue. Ma si tratterà anche di affrontare le altre sfide, come il cambiamento climatico, la crisi alimentare, la crisi energetica, l´acqua e altre ancora. Queste difficoltà non scompariranno da sole.

Se non troviamo una risposta alla crisi economica e finanziaria che integri anche queste sfide, dovremmo accettare il fatto di doverci confrontare con una nuova crisi tra cinque anni, e poi alla seguente, in una spirale sempre più negativa» (Intervista swissinfo, Pierre François Besson, Traduzione e adattamento, Stefania Summermatter).

Almeno nell’analisi ci pare che qualcosa, ancora una volta, stia cambiando anche se i tempi della crisi ambientale imporrebbero una velocità molto superiore di quella che invece sembrano avere gli stakeholder. Anche se almeno il mondo dell’industria, Obama a parte, sembra essere sempre più avanti della politica che invece latita a tutti i livelli e soprattutto a quelli in cui ci vorrebbe, ovvero a livello globale. Perché se ancora non lo si fosse capito, a crisi globale si risponde solo con una governace globale, altrimenti non c’è match.

Segnaliamo infine che il World economic forum che, nel suo ‘Global risk report 2009′, spiega che il primo tra tutti i rischi è la minaccia della Cina la cui economia, minata alle basi dalla recessione Usa, registrerà quest’anno una crescita del 6% , il livello più basso dal 1990, contro l’8% delle previsioni ufficiali. Un ‘hard landing’ che “stresserà il sistema finanziario e potrebbe generare tensioni sociali tra il paese asiatico” e altri stati dal momento che la Cina rappresenta uno dei maggiori produttori e creditori netti mondiali. Ma soprattutto il Forum sottolinea anche i rischi derivanti dall’ambiente: inquinamento, inondazioni, siccità e desertificazione. A questi si aggiungono le minacce pandemiche, della sicurezza alimentare e geopolitiche. «L’assenza o la mancanza - spiegano gli esperti - di una governance efficace e coinvolgente sui temi globali come la stabilità finanziaria, il commercio, il cambiamento climatico, la sicurezza e l’approvvigionamento idrico, resta fonte di rischio in se stessa».

«E’ tempo per i leader mondiali - ha detto nella prefazione al rapporto il presidente del Wef, Klaus Schwab - di guardare avanti. I rischi legati al cambiamento climatico, alle risorse mondiali e all’insorgere del protezionismo potrebbe portare a un confluire di questi fattori con costi sociali e economici significativi».

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