[22/01/2009] Comunicati

Pachauri intervistato dal Wordlwatch: «Il prossimo rapporto Ipcc si concentrerà sugli effetti del Gw nelle specifiche località»

LIVORNO. Rajendra K. Pachauri, presidente del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici e co-destinatario del Premio Nobel per la Pace 2007, è diventata una delle più visibili e apprezzate voci al mondo sulla lotta contro il cambiamento climatico. A seguito di un intervento presso il Worldwatch institute durante il lancio di «State of the world 2009: In un mondo di riscaldamento», il dr. Pachauri ha avuto un colloquio approfondito con Ben Block, staff writer del Worldwatch.

Gli studiosi del clima hanno fatto nuove importanti scoperte nei 14 mesi passati da quando il quarto rapporto Ipcc è stato presentato nel 2007. Cosa pensa sia cambiato da quel rapporto?
«Non vedo alcuna modifica. Voglio dire, c´è sempre nuova letteratura che esce, e devi sempre guardare all´equilibrio di tutti gli elementi di prova che si ottengono. Certo, un anno o due non è molto, davvero, per avere una motivata, obiettiva e completa valutazione di ciò che sta succedendo. Non siamo nel business di previsione del tempo. Noi stiamo studiando il cambiamento climatico».

Sulla base delle lezioni apprese dal quarto rapporto e la valutazione degli eventi trascorsi da allora, come sarà la prossima relazione rispetto ai precedenti progetti?
«Una delle cose sulle quali ci stiamo sicuramente concentrando è sulle regioni che subiranno di gran lunga i maggiori [effetti], perché l´impatto dei cambiamenti climatici deve essere essenzialmente studiato nel rispetto di specifiche località e regioni. Se non lo facciamo, generalizziamo qualcosa
che non è supportato da dati di fatto».

Il quarto rapporto include esempi di possibili effetti in Asia, Africa, e in altre regioni. Come sarà il confronto con il quinto rapporto?
«Molto dipende dalla ricerca che verrà effettuata in queste località. Si auspica che, con tutto l´interesse che è stato generato in materia di cambiamento climatico, avremmo molto più materiale di ricerca in un certo numero di regioni del mondo che non sono state ‘coperte’ in precedenza».

La prossima relazione dovrebbe essere pubblicata nel 2014. Molti scienziati dicono che il cambiamento climatico è diventato più grave già rispetto al quarto rapporto del 2007, e con i negoziati internazionali sul clima che hanno preso il via a Copenhagen nel dicembre scorso, pensa che sia necessario un rapporto in tempi più brevi? Il 2014 appare un periodo lontano rispetto ad ora.
«Non c´è possibilità di ridurre a breve il processo. Abbiamo una procedura estremamente elaborata per un ottimo motivo. Non è facile passare attraverso decine di migliaia di pezzi di letteratura e riunire migliaia di scienziati per dare una ragionevole valutazione di ciò che sta accadendo e ciò che è probabile che accada. Tutto ciò che si fa solo in un anno o due è sospetto. Non può essere completo. E non credo che potrà avere la credibilità che hanno le comparazioni del rapporto dell´Ipcc».

Non ha un lavoro facile. C´è qualcuno in competizione per sostituirti?
«Se lo fa, è più che benvenuto».

L´Ipcc rende stime su come il cambiamento climatico potrebbe essere limitato a un aumento di 2 gradi Celsius. Che cosa pensa di questo limite: è troppo alto?
«In realtà deve essere visto in relazione a ciò che provocheranno 2 gradi in più nei diversi luoghi del mondo. Credo che l´Articolo 2 della [convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici], che in sostanza mette in evidenza la necessità di impedire pericolose interferenze di origine antropica con il sistema climatico, faccia vedere che i “rischi" devono essere valutati rispetto alle diverse situazioni e alle diverse regioni del mondo. Non è possibile avere una scienza del clima che considera in pericolo uniformemente il mondo intero. Se parli con persone in luoghi che sono molto a ‘rischio’, otterrai come risposta che probabilmente sono vicine a uno stato di pericolo, se non lo hanno addirittura già passato.

Quindi, l´intera questione dei 2 gradi rispetto a 1 grado o 1,5 è qualcosa che si basa su un giudizio di valore che si riferisce essenzialmente a ciò che è “a rischio”, una soglia che definisce quello che renderebbe la vita su questo pianeta impossibile per alcune persone in determinate località. Quindi è difficile dire se deve essere di 2 gradi o 1,5 o 1, questo è un problema che ha bisogno ancora di tante discussione e dibattiti. C´è poi un dibattito etico, che non dovrebbe essere ignorato, e che in realtà non è stato portato nei dibattiti (sul clima)».

Avete avuto la possibilità di parlare con il neopresidente Barack Obama?
«No. .. Spero che un giorno, in futuro, avrò l’occasione per parlare con lui».

Se Obama fosse di fronte a voi in questo momento, che cosa gli direbbe?
«Vorrei dirgli che ha l´unica possibilità di salvare gran parte della specie umana e molte altre speci, perché senza gli Stati Uniti che si assumono i loro compiti, ho paura che non avremo una adeguata risposta globale. In assenza di questo, ci sarà ovviamente il cambiamento climatico senza mitigazioni. E ci stiamo avvicinando a una fase in cui gli impatti iniziano ad essere molto gravi e molto negativi».

Tanto peso sulle spalle di un uomo solo…
«Beh, ha corso per la presidenza degli Stati Uniti, quindi deve assumersene la responsabilità»

Worldwatch Institute, Eye on earth, www.worldwatch.org

(Questa intervista è stata pubblicata sul sito del Worldwatch che ci ha concesso la ripubblicazione. La traduzione libera è di Alessandro Farulli)

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